L’Associazione “per Perugia e oltre”, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e alle Politiche Sociali del Comune di Perugia, ha organizzato oggi presso il Teatro Pavone un incontro dal titolo “Il Giappone, il terremoto globale, esperienze e risposte”, in compagnia di Shigeru Satoh, del Prof. Paolo Ceccarelli e del Prof. Fabio Maria Ciuffini. Si è parlato così di tsunami e di terremoto globale, di cui gli aspetti sismici sono solo le cause primarie. Ciò che va realmente considerato sono gli effetti economici, politici e sociali, nonché quelli sulla popolazione, che i terremoti producono. Il Professor Satoh ha portato come esempio la città di Kanazawa, la quale, pur non essendo stata colpita dal sisma, sta affrontando un fenomeno migratorio dalle aree interessate dal disastro. Quest’incontro ha concesso la possibilità di fare un confronto molto significativo tra il modo di gestire ed affrontare emergenze come la distruzione del terremoto in Italia e in Giappone. Il Professor Shigeru Satoh ha tracciato il percorso giapponese, affrontando le tematiche della storia moderna dell’urbanistica del suo paese, delle caratteristiche del disastro, dei problemi legati alla ricostruzione e dei metodi e delle pratiche generali per ricostruire dopo il disastro. Una memoria storica e popolare, quella giapponese, che ha imparato dalle tristi esperienze dei sismi di Tokyo del 1923 e di Kobe del 1995, a seguito dei quali il Giappone si è impegnato in un grande piano di ricostruzione urbana. Quelle giapponesi sono città che hanno sempre incluso la natura nella loro struttura urbanistica, attraverso una simbiosi naturale che coinvolge giardini, montagne, fiumi e villaggi. Ma i giapponesi conoscono bene i pericoli che proprio la natura tiene in serbo, la quale può manifestarsi in tutta la sua violenza. L’insegnamento che viene dal passato al Giappone, è l’instaurazione di una struttura statale verticale: il governo centrale di Tokyo ha da sempre avuto la responsabilità di ricostruire le città, mediante forti politiche sociali. Una delle più grandi preoccupazioni a seguito del terremoto dell’11 marzo 2011, che ha causato la morte di 15000 persone, mentre 8000 sono ancora disperse, sta nella debolezza economica delle aree colpite. Ma con il metodo Machizukuri, un metodo di ricostruzione già collaudato nei precedenti terremoti che hanno colpito il paese, ci si aspetta un’inversione di tendenza. Una ricostruzione basata sulla cultura giapponese e sul rispetto della terra e dei vincoli paesaggistici. Elemento lodevole il fatto che la costruzione di alloggi temporanei (temporary house) dove gli sfollati vivono per 4 o 5 anni, comporta l’utilizzo di materiali e persone del luogo. Intervengono nel progetto di ricostruzione anche studenti volontari, che presentano il progetto e lavorano al fianco di personale esperto. Da contraltare la situazione in Italia, dove sono stati spesi, fino al 1997, 135 miliardi di euro per risanare le ferite del terremoto (da questa stima è escluso il terremoto dell’Aquila). Nella fattispecie, il sisma della valle del Belice ha comportato una spesa di 8.375 milioni di euro dal 1968 al 2008; per l’Irpinia i costi ammontano a 47,469 milioni, mentre per il Friuli, regione che ha introdotto l’esperienza della Protezione Civile con Zamberletti, l’investimento per la ricostruzione ha comportato una spesa di 16,916 milioni. Un approccio diverso alla gestione complessiva del territorio, dunque, che si affianca a quello che, come ha definito il Professor Ciuffini, è il fenomeno di “bradisismo ambientale”, cioè il cambiamento del tessuto urbano nazionale, che avviene a seguito dei fenomeni migratori interni al territorio italiano, che dunque conduce all’espansione a volte speculativa delle città, ma anche alla rivoluzione dei consumi e degli standard di vita.
(AC)