Troppi processi finiscono in prescrizione, senza cioè un colpevole. Lo rileva il procuratore generale reggente Claudio Chicchella nel suo intervento per l’inaugurazione dell’anno accademico.
Un anno, quello appena concluso, segnato dal Covid, pandemia che ancora condiziona lo svolgimento della giustizia. Dal dicembre 2020 la trattazione in presenza dei processi fissati dinanzi alla Corte di Appello si è notevolmente ridotta ed oscilla tra il 20 ed il 30 per cento ad udienza. Una media su cui influisce il lockdwn quasi totale da marzo a giugno.
La riforma della prescrizione
Al momento, rileva il procuratore generale, non sembra aver avuto conseguenze sulla fissazione delle udienze la riforma, che prevede l’imprescrittibilità dei reati commessi dopo il 1.1.2020 nell’ipotesi di condanna pronunciata in primo grado.
Ma troppi processi finiscono comunque in prescrizione. Con notevoli differenze tra i vari tribunali umbri. Mentre i tribunali di Perugia e Spoleto, tra il monocratico ed il collegiale, hanno percentuali che si attestano intorno al 30 per cento (32,4 % Perugia 34,1 % Spoleto) il Tribunale di Terni ha una percentuale decisamente inferiore, pari al 4 per cento.
In Corte di Appello la percentuale dei processi esauriti con sentenze di non doversi procedere per prescrizione è pari al 19,7 per cento sul totale dei processi definiti.
“I prospetti statistici – rileva ancora il procuratore generale – evidenziano una percentuale troppo bassa, rispetto a quella auspicabile, di processi definiti con l’applicazione di pena su richiesta o con le forme del rito abbreviato”.
Anche in questo caso con percentuali disomogenee tra gli uffici giudiziari del distretto. Se dinanzi al Tribunale di Perugia e Terni in composizione monocratica, la percentuale si attesta intorno al 20 per cento sul totale dei processi trattati (Spoleto ha una percentuale più elevata ma il dato è conseguente al rapporto con un numero di sentenze definite con il rito ordinario, in proporzione, decisamente basso se confrontato con quello degli altri due uffici) negli uffici GUP la percentuale dei processi definiti con i riti speciali rispetto ai decreti che dispongono il giudizio oscilla tra il 39,6% di Perugia, il 55,6 % di Spoleto ed il 66,2 % di Terni.
“Il dato sembrerebbe positivo – spiega Chiicchella – ma va purgato dall’alta percentuale di patteggiamenti che ha ad oggetto processi introdotti a seguito Procura Generale 5 di opposizione a decreto penale, riguardanti il reato di guida in stato di ebbrezza per i quali la pena patteggiata è generalmente sostituita con il lavoro di pubblica utilità”.
Riti abbreviati e patteggiamenti spesso non sono vantaggiosi: le pene comminate dai giudici all’esito dei processi celebrati con il rito ordinario troppo spesso non sono più elevate. “Difetta un reale vantaggio – rileva il procuratore generale – in termini di sconto di pena per chi opta per i riti speciali”.
E soprattutto, le pene sono disomogenee da tribunale a tribunale. Specialmente in relazione a reati concernenti il traffico di sostanze stupefacenti. Più miti le condanne pronunciate nel tribunale di Perugia rispetto a quelle pronunciate dagli altri due tribunali.
Il procuratore Chicchella parla di sottovalutazione, in Umbria, del fenomeno criminale relativo ai cosiddetti “colletti bianchi”. Cioè classe dirigente e impiegatizia che distrae denaro attraverso bancarotte, truffe ed altri raggiri.