Nuova inchiesta su una cooperativa di trasporto in ambulanza attiva in varie parti d’Italia, compresa l’Umbria. Nell’ambito dell’operazione della guardia di finanza “First Aid” sono stati apposti i sigilli su beni per un totale di oltre 10 milioni di euro. Si tratta di automezzi, terreni e fabbricati di una cooperativa operante nel settore dei trasporti sanitari. Congelate anche le disponibilità finanziarie degli indagati per circa 200.000 euro.
L’attività, condotta dalle Fiamme gialle di Pescara da nord a sud Italia (Umbra compresa), è stata effettuata in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale del capoluogo adriatico su richiesta della locale Procura della Repubblica. I sequestri arrivano all’esito delle investigazioni eseguite da un altro reparto della Guardia di Finanza. Un’articolata attività di indagine, sviluppata attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti, osservazioni ed intelligence. E che fa seguito ad un’altra inchiesta simile, sulla stessa cooperativa, che anche in passato aveva coinvolto l’Umbria, relativamente al periodo del Covid.
Dalle indagini è emerso che diverse gare d’appalto per l’affidamento dei servizi di trasporto in ambulanza svolti in Abruzzo, Lombardia, Marche, Umbria, Campania, Lazio e Sicilia, sarebbero state turbate dalla cooperativa tramite fraudolenti ed anomali ribassi di prezzi, garantiti non solo dallo sfruttamento di lavoratori costretti a turni massacranti, senza ferie né contributi e straordinari, retribuiti sotto i minimi previsti dai contratto collettivo nazionale del lavoro, ma anche dal mancato rispetto delle condizioni di contratto stipulato con la stazione appaltante. Il servizio di soccorso sarebbe stato fornito, infatti, con un numero di ambulanze inferiore a quanto contrattualmente previsto, ovvero con pochi mezzi tra l’altro mai sanificati dopo il loro utilizzo durante la pandemia, per l’assenza e la mancata previsione di sedi idonee.
Per poter partecipare ai bandi la cooperativa, che opera sul territorio nazionale con undici unità locali, avrebbe fatto ricorso a colui che è ritenuto un prestanome, in modo da occultare l’effettiva gestione e direzione aziendale di uno degli indagati, già condannato in via definitiva nel 2017 per turbativa d’asta, ed evitando così l’esclusione dalle gare. Un modus operandi già contestato in passato in un’altra inchiesta, che vede ancora alcune persone a processo, mentre altre inizialmente indagate sono state nel frattempo prosciolte dalle accuse.
Tra i reati contestati in questa nuova inchiesta, anche l’associazione a delinquere. Gli indagati, infatti, – ritengono gli inquirenti – avrebbero escogitato l’architettura criminale accordandosi, preventivamente, anche sulle piazze da spartirsi e sui ruoli da ricoprire.
L’attività svolta dalla cooperativa non verrà comunque interrotta. Il gip del Tribunale di Pescara, per evitare ingiusti licenziamenti, ha incaricato un amministratore giudiziario per la gestione e la continuazione del servizio sanitario, a tutela dell’economia legale e della salute pubblica.