Nel 1988, in ospedale, una donna umbra fu sottoposta a trasfusioni di sangue che poi si rivelò infetto da Epatite C. Dopo 30 anni il ministero della Salute è stato condannato ad un maxi risarcimento di oltre 305mila euro, ma non paga e così la donna è stata costretta a ricorrere al Tar per chiedere l’ottemperanza della sentenza del Tribunale di Perugia divenuta esecutiva un anno e mezzo fa.
La vicenda era iniziata appunto 31 anni fa, con la donna che aveva subito delle trasfusioni di sangue infetto. Dopo anni di contenziosi legali, alla fine del 2016 era arrivata la sentenza del giudice civile di Perugia con cui il ministero della Salute era stato condannato “al pagamento in favore della parte attrice della somma di €. 305.428,84, a titolo di risarcimento del danno da emotrasfusioni avvenute nel 1988 con sangue infetto da epatite C, oltre interessi legali dalla pronuncia della sentenza al soddisfo, oltre al rimborso delle spese di lite che liquidate in €. 1734,60 per spese, €. 9.000,00 per onorari professionali oltre accessori di legge e ponendo definitivamente a carico di parte convenuta le spese di CTU”.
Sebbene la sentenza era divenuta esecutiva nel luglio 2017, però, il maxi risarcimento non era mai avvenuto. E così per chiedere l’ottemperanza del pagamento, la donna, difesa dagli avvocati Cinzia Calvanese e Succhiarelli Doriana, si è rivolta al Tar dell’Umbria. Che con una sentenza emessa nelle ultime ore ha accolto il ricorso della umbra, disponendo “che il Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, provveda entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, al pagamento delle somme dovute in favore di parte ricorrente. Per il caso di persistente inadempienza, è nominato quale commissario ad acta il direttore della Direzione Generale del Personale, dell’Organizzazione e del Bilancio del Ministero della Salute, o suo delegato, il quale, decorso il suddetto termine, provvederà all’integrale esecuzione della menzionata sentenza in luogo e vece dell’amministrazione inadempiente, entro l’ulteriore termine di 30 giorni, avvalendosi degli uffici e dei funzionari dell’amministrazione intimata”.