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Tragedia Campello: le accuse del pm a Del Papa, le richieste risarcitorie delle parti civili. I familiari sul libro di La Spina “è uno schifo”

Jacopo Brugalossi

Carlo Ceraso
Ha parlato per oltre 3 ore il Pubblico Ministero Federica Albano, concedendosi solo delle brevissime pause per bere un sorso d’acqua e riprendere fiato. E’ stata una requisitoria lunga a dettagliata quella che oggi ha segnato di fatto il count down verso la sentenza nei confronti di Giorgio Del Papa, unico imputato per la strage dellla Umbria Olii, per il quale la Procura di Spoleto ha chiesto 12 anni di carcere. La Albano ha ripercorso i terribili istanti della tragedia con l’intento di smontare pezzo a pezzo la versione dei fatti fornita dalla difesa e dai suoi periti. L’atteggiamento dell’imputato, Giorgio Del Papa, apparentemente rilassato all’inizio della requisitoria, è andato via via mutando, fino ad arrivare ad una fin troppo visibile preoccupazione al momento della richiesta di condanna formulata dal Procuratore Gianfranco Riggio che oggi ha voluto affiancare quella che è uno dei magistrati di punta della procura (la Albano appunto). Il discorso che ha introdotto la richiesta di condanna deve aver convinto anche l’imputato che gli inquirenti non sarebbero stati affatto teneri. Così è stato. Riggio ha chiesto che vengano negate anche le attenuanti generiche, visto i “precedenti penali” già presenti sulla fedina penale di Del Papa. “Basta vedere il casellario giudiziale” ha detto con voce ferma rivolto al giudice.
La ricostruzione della strage – Partendo dalla testimonianza dell’unico sopravvissuto, il pm Albano ha ripercorso i tragici eventi del 25 novembre di 5 anni fa. Anche con una certa crudezza, a volte, come quando è stato mostrata la foto del corpo carbonizzato di una delle vittime. Il pubblico ministero ha cercato di mettere a nudo tutte le contraddizioni in cui a suo dire è caduta la difesa e le inesattezze delle valutazioni dei suoi consulenti. A cominciare dalla ricostruzione dell’evento presentata dall’ingegner Bardazza, perito di Del Papa, secondo cui l’esplosione fu causata da un’erronea manovra del gruista che agganciò il serbatoio contenente l’olio di sansa grezzo strappandolo via dal terreno. Per la Albano non solo non vi era la possibilità che uno dei cavi della gru si agganciasse al serbatoio, in quanto non c’era nessun cavo sporgente, ma le più elementari leggi della fisica avrebbero impedito ad una gru con una portata di circa 1,5 tonnellate (considerato l’angolo di inclinazione che aveva in quel momento) di strappare da terra un serbatoio che di tonnellate ne pesa 13. La causa dell’esplosione, dunque, va ricercata nel surriscaldamento delle pareti del serbatoio, indotto dalle operazioni di saldatura delle passerella ai lati di quest’ultimo, e a ciò che vi era contenuto. Anche le videocamere di sorveglianza hanno evidenziato – ha proseguito l’accusa – questa dinamica dei fatti, con il sollevamento del tetto del serbatoio 95 e il conseguente cedimento della base del serbatoio, da cui fuoriuscì il materiale infiammabile che causò l’effetto domino nei serbatoi 93 e 94. “Tutto questo sta a testimoniare anche l’approssimazione con la quale erano costruiti i serbatoi” ha detto la Albano.
“Si doveva saldare per forza” – la requisitoria è proseguita puntando a smascherare le presunte contraddizioni della difesa: per il pm era impossibile installare le passerelle sulle quali stava lavorando la ditta Manili esclusivamente mediante imbullonatura, come invece sostenuto dal collegio difensivo di Del Papa. “Nel plastico portato in aula qualche tempo fa – ha detto – non veniva rappresentata la passerella che collegava i serbatoi 103 e 104, che era stata costruita qualche tempo prima e le cui staffe di aggancio al serbatoio, come la stessa difesa ha ammesso, erano state saldate”. “Giorgio Del Papa – ha proseguito la Albano – era ben consapevole dei rischi connessi al lavoro degli operai della ditta Manili, e d’altra parte era noto a tutti che le operazioni di saldatura andavano avanti da giorni”. Poi ha messo in evidenza la contraddittorietà delle testimonianze di Alberto Stovali, definito il “braccio destro” di Del Papa, che in un primo momento ammise di aver osservato attività di saldatura e più avanti negò il fatto.
Prevenzioni incendi – Tra le accuse rivolte a Del Papa e alla sua azienda spicca quella sulla mancanza del certificato di prevenzione degli incendi. L’istruttoria dibattimentale ha infatti accertato che all’epoca della tragedia l’Umbria Olii era sprovvista di un certificato di prevenzione incendi. O meglio, ne aveva uno scaduto due anni prima. Ma al problema della scadenza, secondo il pm, si aggiunge anche quello della diversità dell’impianto descritto nel precedente certificato. Il certificato scaduto era infatti datato 1997: al momento della tragedia (novembre 2006) il parco esterno della ditta si presentava molto diverso da com’era al momento del rilascio, sia a livello strutturale, sia come destinazione d’uso dei serbatoi. Non sarebbe bastato dunque, per essere in regola, un semplice rinnovo, ma ci sarebbe stato bisogno di un certificato completamento nuovo. Riguardo al materiale stoccato nei serbatoi, inoltre, è stata contestata all’imputato la consapevolezza della presenza di solventi infiammabili quali l’esano. “Nonostante l’Umbria Olii non abbia mai dato atto di stoccare olio di sansa grezzo nei suoi serbatoi – ha detto la Albano – tutti ne erano a conoscenza, compreso il titolare, che lo ammise in fase di esame. La differenza è che la concentrazione di esano era tutt’altro che trascurabile, come dimostra un rapporto del novembre 2006”. E’ quindi macroscopica, secondo il magistrato inquirente, la divergenza tra quanto dichiarato e quanto accertato dall’istruttoria dibattimentale.
Il Procuratore – Ha colpito tutti i presenti l’intervento del procuratore Riggio il quale, prima di pronunciare la richiesta di condanna, ha voluto riconsegnare dignità alle 4 vite spezzate quel giorno, scandendo i nomi delle vittime e la loro età: Giuseppe Coletti 43 anni, Maurizio Manili 43 anni, Tullio Mottini 46 anni, e Vladimir Todhe 44 anni. Ha chiesto compassione umana per loro, “perché in questo processo ne hanno avuta ben poca”, chiaro riferimento alla richiesta di 35milioni di euro di danni pretesa a suo tempo da Del Papa nei confronti dei familiari, poi respinta dal Tribunale. Ma il procuratore ha voluto stigmatizzare anche il comportamento del collegio difensivo. Il processo, ha detto, deve avere una sua logica: tesi, antitesi e sintesi. Le querele e le citazioni esercitano violenza sul dibattimento processuale, riducendolo ad una barbarie. “Non può essere una colpa fare il proprio dovere – ha concluso Riggio – da questo punto di vista la piccola Procura di Spoleto ha dato grande prova di sé”. Poi le parole di elogio al lavoro della Albano che ha lavorato sodo alla ricerca della verità.
I familiari delle vittime – Presenti in aula, come quasi sempre è avvenuto durante il processo, alcuni familiari delle vittime e l’unico superstite della tragedia, il gruista Klaudio Demiri, che hanno mantenuto un atteggiamento calmo e composto durante tutta la requisitoria. La precisa ricostruzione della Albano e le dure parole di Riggio hanno quasi avuto il potere di confortare i parenti dei quattro operai. Una sorta di liberazione. Una prima liberazione, per loro che chiedono giustizia, in attesa di quella definitiva: la sentenza di primo grado. Nei momenti antecedenti la requisitoria e in quelli che hanno segnato il passaggio del microfono dal Procuratore alle parti civili, l’argomento di tutti era la notizia, anticipata da Tuttoggi.info, del libro scritto dall’avvocato La Spina “Non ho colpa”. Un testo che fra l’altro rivela, secondo quanto affermato da Del Papa nel libro, che almeno uno dei parenti avrebbe compreso che l’industriale oleario non ha colpe per queste quattro morti. Le vedove di Coletti e Manili hanno appreso del contenuto del libro con incredulità e rabbia “è uno schifo, non è vero, nessuno si è ravveduto”, ci hanno dichiarato senza mezzi termini. Anche i difensori degli altri familiari smentiscono ogni ‘ravvedimento’ dei loro clienti. “Sono cinque anni che chiedono giustizia, un desiderio che è aumenta di giorno i giorno” commenta uno di loro. Diciamolo chiaramente: il libro, o meglio i contenuti, non è piaciuto affatto, almeno far quelli che oggi (ieri) erano in Tribunale. Specie le frasi in cui La Spina si definisce “figlio prediletto del Signore”, concetto ripreso anche per il suo cliente, l’imputato Giorgio Del Papa. Lungo i corridoi c’era oggi chi ci scherzava malignamente: “piacere, sono l’unto del Signore”, “piacere mio, sono un altro figlio prediletto”.
Richieste milionarie – Dopo una breve pausa è stata la volta delle parti civili che si sono tutte associate alla requisitoria della Procura. Le richieste di risarcimento vanno dai 70mila euro per la suocera di Mottini fino a 1,7 milioni avanzati dagli avvocati Sandro e Dino Parroni che tengono conto del danno inflitto ai familiari di Maurizio Manili e alla stessa azienda dell’imprenditore di Narni. Il professor Cerquetti ha chiesto 290.000€ per il fratello di Coletti (200mila di provvisionale) e 190.000€ per il nipote (100.000€ di provvisionale), quello di Demiri, l’unico sopravvissuto all’esplosione, 186.000 di cui 75.000 di provvisionale. L’avvocato Romani ha avanzato una richiesta di 300.000 euro (150mila di provvisionale) per il padre di Manili. Poi è stata la volta dei legali che rappresentavano le Istituzioni che si erano costituite parti civile: Comune di Campello, Regione dell’Umbria, Ministero dell’Ambiente e Inail. L’avvocato Massimo Marcucci ha chiesto una provvisionale di 700mila euro per il piccolo Comune umbro, riservandosi di quantificare la cifra esatta solo in sede civile, come pure il collega che rappresentava gli interessi della Regione ha presentato una provvisionale di 500mila.
Parola alla difesa – il processo è stato quindi aggiornato a domani (mercoledì) quando la parola passerà alla difesa per l’arringa finale che sarà affidata all’avvocato La Spina.

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