Togliere la tortora africana dal Calendario venatorio rappresenta “un vero abuso, un oltraggio a una delle cacce più tradizionali del mondo venatorio italiano”. Questa la posizione del presidente di Nata Libera Perugia Claudio Tortoioli, Francesco Ravacchioli Club Le Torri, il ricercatore Mario Bartoccini in merito al Calendario venatorio adottato in Umbria, di cui da più parti si chiede una modifica.
“Nel corso degli anni – ricordano – questa pratica ha subito forti limitazioni temporali. Dalla metà di agosto, il prelievo è stato portato alla prima settimana di settembre, con un carniere limitatissimo”.
L’ Italia viene definita da autorevoli studi “scrigno d’ Europa”, per quantità di specie e numero di animali selvatici. Ma in questi dati, proseguono, emerge ancora una volta, il danno provocato “dal protezionismo scellerato animalista”. Che ha compromesso biodiversità, ha portato al proliferare di animali pericolosi per la sicurezza dei cittadini, dannosi per le coltivazioni agricole, e forte predazione su tantissimi piccoli animali di selvaggina nobile. Problemi di fronte ai quali “le misure messe in campo sono ancora nettamente inadeguate e sbagliate”. Da parte dell’apparato burocratico messo in campo, a partire dall’Ispra, definito “inadeguato, inutile e costosissimo”.
Per Tortoioli, Ravacchioli e Bartoccini dietro la questione tortora si nascondono “interessi economici speculativi, che favoriscono i paesi mediorientali e penalizzano le nazioni molto più attente verso ambiente e fauna, con effetti devastanti sulla specie tortora e non solo”.
Perché mentre il prelievo controllato, di poche ore, viene proibito in Italia, dal primo agosto in Marocco, Egitto, Tunisia si assiste a stragi di milioni di capi. E lo stesso avviene in Serbia, Montenegro, Macedonia. Insomma, mentre si dice di voler tutelare la tortora, si assiste al massacro altrove di questa specie.
Un problema su cui i tre chiamano le associazioni venatorie, a tutela dei loro tesserati.
“I cacciatori italiani che amano cacciare la tortora, per qualche ora il primo settembre – scrivono ancora – vogliono anche la sua tutela, di un patrimonio da preservare e lasciare alle generazioni di cacciatori che verranno”.
Perché gli uccelli migratori si tutelano soltanto con una visione internazionale di concreta cooperazione: “Il mondo venatorio italiano – ricordano – ha fatto da anni la sua parte, con limitazioni che non esistono altrove, dagli Urali, ai Pirenei, dal Sahara ai Fiordi norvegesi”.
E la politica italiana, secondo questa visione, ancora una volta esce perdente rispetto alla tutela della fauna selvatica e delle tradizioni venatorie e sociali. Ed anche per l’economia del Paese.
Fallimenti, quelli denunciati da Tortoioli, Ravacchioli e Bartoccini, a cui partecipano gli enti ai vari lidelli, dall’emanazione della direttiva Ispra, all’applicazione finale delle Regioni attraverso l’imposizione dei dirigenti.
E poi viene sottolineato come già dalla prima decade di agosto, con la diminuzione della luce giornaliera, già contingenti di riproduttori riprendono le vie migratorie verso i paesi mediorientali. Insieme alla tortora, altre specie, come il rigogolo, il gruccione, l’upupa ed altri uccelli.
Quindi l’impatto della caccia a settembre è veramente minimale.
Togliere la tortora dal Calendario venatorio umbro è il nodo per il quale si chiede una risposta all’assessore Morroni: “Il richiamo, non vincolante, dell’Unione Europa – evidenziano – chiedeva semplicemente attenzione al periodo posto nunziale del 10 settembre. E infatti il Tar del Molise, in modo accorto, prevede ulteriori pronunce per l’8 settembre”.
“Alcuni sembra abbiano capito il danno – affermano ancora – apprezziamo ovviamente tutto ciò che potrà invertire la situazione e concedere la regolare preapertura a tortora e colombaccio, come avviene in tante regioni”.
Anche perché sul colombaccio non esiste nessun impedimento burocratico, se non un’interruzione tecnica di 15 giorni, per consentire il prelievo di fine gennaio, che tra l’altro avverrebbe in periodo prenunziale. Salvo – aggiungono – il vergognoso fenomeno di alcuni oppositori che vorrebbero il colombaccio in esclusiva. Ma ancora una volta la politica che si piega al ricatto non va certo lontana”.
Per la caccia viene auspicata l’unione responsabile di più forze politiche, che guardino alle tradizioni rurali e venatorie, anche se l’Unione europea senza orientata verso un’altra direzione. “E’ del tutto inutile avere amici in un livello istituzionale – concludono Tortoioli, Ravacchioli e Bartoccini – se poi in altre sedi, altri fanno dispetti e ostacolano senza motivo l’operato diretto che impatta con la pratica dell’attività dei cacciatori.