Ha lasciato Todi quando era ancora una bambina: aveva sette anni e suo padre scelse Roma per provare a darle una opportunità in più. Nella Capitale vide il suo primo film: “I dieci comandamenti”, kolossal del 1965 diretto da Cecil B. DeMille con Charlton Heston. Quella storia imponente, quelle scenografie maestose e quella musica solenne misero nel suo cuore il sogno. Da allora, Ivana Massetti decise che la sua strada sarebbe stata quella del cinema.
Regista di lungometraggi (il suo film più noto è “Domino” del 1988 con Brigitte Nielsen) e videoclip musicali, adesso sta concentrando i suoi sforzi sul tema dei diritti. Negli Stati Uniti ha realizzato una serie tv intitolata “One Day in America”, mentre per la Francia e l’Italia ha creato una serie di cortometraggi intitolati “Cinema Against Violence”. “Giustizia e ingiustizia sono i miei temi come regista e come essere umano – ha dichiarato in una intervista al sito inglese The new current – Sono il motore delle emozioni che guidano la mia narrazione. Ho bisogno di rompere il silenzio. È sempre stato così per me. Fa parte della mia storia”.
All’impegno sul grande e piccolo schermo, Massetti accompagna un forte attivismo che si è concretizzato nella fondazione di Woman Occupy Hollywood, un “movimento per tutte le donne del settore”. “Vogliamo le stesse opportunità degli uomini – dice Massetti – per sostenere noi e le nostre famiglie”. Di WOH si è parlato anche nell’ultima puntata del programma tv “Presa diretta” di Rai Tre e si parla in particolare in questo momento in cui lo scandalo sessuale esploso con le denunce di abusi contro il produttore Harvey Weinstein hanno riportato in primissimo piano il tema del rapporto tra uomini e donne.
La sfida di Massetti e del movimento da lei creato si concentra, in modo particolare, nel settore artistico e cinematografico: “Ciò che vogliamo veramente è occupare il posto che ci spetta di diritto attualmente in questo settore. Siamo il 52% della popolazione – ripete la regista di origini tuderte nelle sue interviste – Dobbiamo raccontare le nostre storie con le nostre parole e la nostra immaginazione. Al momento, gli uomini bianchi fanno cultura e le donne ne sono in gran parte escluse. Questo non è solo ingiusto, ma sta danneggiando tutti noi, e specialmente le giovani generazioni”.