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Thyssenkrupp. terremoto Ast Terni / Sindacati “Renzi venga a Terni, basta passerelle in Europa” / “Andiamo a Essen”

La tensione è alta, alla fine degli interventi sul palco di Piazza Del Popolo, Leopoldo Di Girolamo è costretto ad allontanarsi con una scorta di vigili urbani per l’intervento ‘scomposto’ di alcuni operai che rischiano di perdere il posto di lavoro. Comprensibile il loro stato d’animo, soprattutto perché i tedeschi non sembrano minimamente intenzionati a ritirare il piano industriale che hanno presentato per il polo siderurgico ternano.
Ma andiamo con ordine.
Questa mattina, intorno alle 9.00, è partito dagli stabilimenti di Viale Brin la manifestazione di protesta degli operai, con adesione al 100% delle unità lavorative, contro Thyssen che prevede circa 600 esuberi, cioè licenziamenti. Viale Brin è stata bloccata al traffico, poi il corteo ha raggiunto Piazza Del Popolo con in testa tutte le istituzioni e i rappresentanti sindacali. Qui è stato allestito il palco dei comizi, dove sono saliti tutti i rappresentanti delle sigle sindacali.
Particolarmente incisivi gli interventi di di Gianni Venturi, Fiom e Marco Bentivogli della Cisl che hanno ricordato come la vertenza Ast sia in realtà un problema che varca i confini cittadini, regionali e nazionali.
Il dito è puntato sul Governo, accusato di lasciare ‘sola’ la città in un momento delicato come questo. “La determinazione e la consapevolezza della piazza è una prima grande risposta – ha detto Venturi – dove i lavorati di Terni hanno reagito a un destino che il piano industriale indica: un destino inaccettabile e irricevibile”.
“Lo abbiamo detto immediatamente – seguita Venturi – che un piano industriale è una cosa diversa da quella presentata ieri, noi siamo di fronte a una semplice vertenza aziendale come tante altre.
Non si può partire da un ridimensionamento produttivo dell’area fusoria e immaginare di convincere sulla prospettiva che sarà possibile avere un forno che può produrre un milione di tonnellate su base annuale. A cosa può servire se tagliamo la metà i volumi sull’area a caldo?”.
“Il governo deve dire – conclude Venturi – se questo deve restare un paese industriale o vigliamo rassegnarci a un destino che viene deciso in Europa o sottobanco dalle multinazionali. Se la situazione lo richiederà, istituzioni, sindacati e operai devono tutti insieme andare ad Essen”.

Anche Marco Bentivogli ha richiamato l’attenzione del Governo, in particolare quella di Matteo Renzi, invitato a venire a Terni, per difendere le acciaierie: “Non possiamo non dobbiamo e non vogliamo dimenticare il pasticcio che ha combinato la Commissione Europea con Outokumpu: ha pesato sul bilancino le quantità di acciaio, come se i principali competitor nella produzione di acciaio fossero in Eruopa, dimenticando il resto del mondo.
È un momento in cui è necessaria la massima coesione tra lavoratori, sindacati e istituzioni, ma è anche il momento di dire basta al protagonismo del Presidente Del Consiglio in Europa. Vogliamo che il prot non sia solo nelle sfilate, ma per la difesa del patrimonio industriale d’Italia”.
“Il vertice di ThyssenKrupp si scordi di discutere con il sindacato italiano – conclude Bentivogli – dei soli dettagli del piano e di non modificare l’unica certezza dell’attuale piano: ovvero il taglio di 550 posti di lavoro. Oggi i lavoratori, Terni e la sua gente hanno dimostrato che il cuore della città vogliono che resti di acciaio inossidabile e con la lotta e la contrattazione resterà tale.
Chiediamo che il confronto con il vertice aziendale rimanga in sede ministeriale e costringa l’azienda a fare un passo in avanti e ascolti il cuore pulsante dell’azienda: lavoratori”.

Le reazioni del mondo politico
M5S – “Il piano industriale per le acciaierie ternane presentato ieri dalla ThyssenKrupp alle istituzioni italiane e ai sindacati mette una chiara ipoteca sul destino del polo siderurgico ternano nei prossimi anni.
ThyssenKrupp deve fare marcia indietro. Il Governo deve assumersi delle precise responsabilità ed esigere che venga redatto un nuovo piano affinché la ristrutturazione dell’azienda non passi attraverso il depotenziamento del sito e la perdita di posti di lavoro.

Un impegno concreto del Governo è l’unica strada per rimettere in discussione tutto questo. Dopo l’esperienza fallimentare del patto di territorio, la sfida con cui siamo chiamati a misurarci è quella di sviluppare soluzioni che permettano alla nostra città di essere competitiva, per la creazione di un terreno favorevole alla nascita e alla sopravvivenza di tutte le imprese, non solo dell’AST.Rimuovere gli ostacoli infrastrutturali, il costo dell’energia ma anche la mala politica che impedisce lo sviluppo, indirizzando però il percorso verso un nuovo paradigma che non può non tener conto dei costi sociali e ambientali.

Nei prossimi mesi ci troveremo a dover affrontare un momento che non ha precedenti nella storia recente: un’onda devastante ha ferito la nostra città colpendo ogni settore economico e produttivo, con un’innumerevole quantità di crisi aperte, dalle piccole e medie imprese fino ad arrivare al cuore industriale della città. Non possiamo però combattere questa battaglia  guardando solo a noi stessi: se lo faremo avremo perso prima di iniziare. Ogni ternano è un lavoratore dell’AST, ogni ternano è un lavoratore del polo chimico, ogni ternano è un artigiano o un commerciante che si vede costretto a chiudere la sua impresa costruita con tanti sacrifici.  Ogni ternano vive su di sé l’angoscia di quelle centinaia di famiglie che da ieri rischiano di vedere interrotto un progetto di vita, una speranza di futuro. Dobbiamo essere compatti e difendere la nostra città con ogni mezzo democratico e non violento. E’ una lotta impari che – di fronte ad una multinazionale che appare lontana e distante  – ci vede quasi inermi e privi della nostra sovranità ormai svenduta. Tutto questo però non deve lasciare spazio alla rassegnazione. Se è vero che le nostre acciaierie sono state il fulcro dello sviluppo della storia recente, è anche vero che quella fabbrica ha un debito nei confronti di tutti i ternani. Ecco perché dobbiamo lottare per difendere ciò che ci appartiene”.

Udc – “Il licenziamento di Pucci, pochi giorni dopo la sua riconferma, il piano di disinvestimenti industriali comunicato, anticamera di un’agonia progettata altrove, il tentativo pervicace di non far partecipare al tavolo nazionale i sindacati, la logica strisciante di una riduzione sistematica di posti di lavoro, dai 350 persi con il trasferimento del magnetico ad oggi, impongono una determinazione ed una lucidità uniche.
Occorre organizzare una cabina di regia Sindacati/Istituzioni/ Associazioni di categoria che strutturi tutta una serie di azioni e manifestazioni a cominciare dalla convocazione di un consiglio comunale straordinario all’interno delle acciaierie, ovviamente coordinato con i sindacati e le RSU perchè fin dalle prime battute il Governo e la Tyssen Krupp sappiano che la vertenza Terni costituisce una delle principali vertenze nazionali, non solo umbre, non solo cittadine.
Non bastano più solo gli scioperi, che andranno supportati da un fondo cui è giusto che tutti volontariamente contribuiscano, non bastano le manifestazioni in piazza, occorre pensare a tecniche articolate ma altrettanto e forse più incisive affinchè da un progetto di smantellamento si passi ad un vero e serio piano industriale di rilancio dell’azienda. Non esistono alternative al futuro della città perché è vero che occorre diversificare, attrarre
investimenti, far crescere stare up per dare lavoro alle migliaia di giovani e meno giovani disoccupato o sottoccupati (e su questo forse non è stato fatto molto), soggetti che mai le acciaierei potranno più assumere, ma la difesa ad oltranza di quella che non era e non è ancora solo una “fabbrica”, come qualcuno inopportunamente continua a definirla, ma un’azienda complessa e completa, decide il presente ed il futuro di Terni, dell’Umbria, di uno dei settori più importanti del manifatturiero del Paese”.

Gli assessori regionali Paparelli e Vinti – “L’assessore regionale Fabio Paparelli, presente oggi al corteo indetto dalle forze sindacali della Tk-Ast di Terni, ha sottolineato che “le uniche sedi nella quali sviluppare un confronto serio, costruttivo e responsabile in merito alle decisioni assunte dall’azienda tedesca rimangono, come già ribadito dalla Presidente Marini, quelle del Governo nazionale e della Commissione europea, tanto più in questo semestre italiano di presidenza UE. Ciò perché la prospettiva industriale delle Acciaierie di Terni ed il futuro occupazionale rappresentano una vicenda di rilevante interesse nazionale ed europeo, oltre che dell’Umbria e di Terni. Questo piano industriale, ha proseguito Paparelli, mortifica la storia e il futuro dell’intera siderurgia italiana e per questo non può essere accettato. Da Terni si sta alzando, ad una sola voce, la richiesta di rivedere nelle sedi opportune questa decisione scellerata fatta di tagli alla produzione e ai posti di lavoro e, in assenza di una strategia di sviluppo credibile, tutte le istituzioni locali e nazionali oltre che le forze sindacali continueranno a lavorare al fianco dei lavoratori perché venga riconosciuto il valore e il ruolo di primordine del sito ternano nel comparto europeo dell’acciaio”.

“Piena e convinta adesione” alla manifestazione che questa mattina si è svolta a Terni, indetta dalla Rsu e appoggiata da tutti i sindacati, è stata espressa dall’assessore regionale Stefano Vinti, all’indomani della presentazione del nuovo Piano industriale che la Thyssen Krupp ha elaborato per le acciaierie di Terni. “Concordo pienamente con quanto già dichiarato dalla Presidente Marini e dai rappresentanti della Provincia e del Comune di Terni. Il Piano presentato è irricevibile ed indica la chiara volontà della Thyssen di distruggere il sito delle acciaierie ternane. A questo punto, ha aggiunto l’assessore, il Governo nazionale (che ha già bocciato il Piano) dovrà chiaramente indicare se ritiene strategica per l’Italia la produzione dell’acciaio, così come avviene negli altri Paesi europei che vogliono avere un ruolo nel mercato industriale. E se lo ritiene strategico, dovrà mettere in campo tutte le azioni, anche in Europa, per giungere ad una soluzione con Thyssen che dia slancio e sviluppo al settore ed al comparto ternano. Non credo , conclude Vinti, che si possa ripetere l’esperienza già vissuta dal comparto del magnetico a Terni. E tutto ciò anche prendendo in considerazione, se necessario, l’ipotesi di una nuova nazionalizzazione delle acciaierie ternane, procedendo dunque al riacquisto degli stabilimenti e delle attività da parte dello Stato stesso”.

Pd – “Il Partito Democratico di Terni non può assolutamente ricevere il piano industriale presentato oggi dal gruppo Thyssen per l’AST, semplicemente perché NON è un piano industriale.
Oltre ad un dato occupazionale insostenibile per la nostra città, è infatti evidente un cambio di connotazione per il sito, con la volontà di declassarlo da luogo di produzione di qualità ad un mero centro di servizi.
La posizione del PD di Terni è un rifiuto definitivo verso la mancanza totale ed ingiustificata di una strategia di sviluppo credibile, verso una scelta che pesa irresponsabilmente sui lavoratori, che non lascia spazio a possibilità di ricollocamento e che non dà nessuna garanzia per la tenuta del tessuto economico e sociale di un territorio da cui l’azienda ha sempre ricevuto attenzione e massima apertura al confronto.
Confronto che ci auspichiamo riparta invece a valle di questo nostro rifiuto, con l’unico obiettivo di costruire una linea che sia condivisa con tutte le parti coinvolte e che rispetti la qualità del sito, la dignità dei lavoratori ed il futuro del territorio ternano”.

Il Cammello – “Le prime notizie che arrivano dal piano industriale della ThyssenKrupp per l’Acciaieria di Terni non fanno altro che confermare i pessimi sentori dei giorni scorsi. Il sito industriale ternano è un polo d’eccellenza, vale la pena di ricordarlo, non solo in Italia ma anche in Europa. Per questo gli attuali asset produttivi e i livelli occupazionali vanno difesi a oltranza e senza esitazione alcuna. La prospettiva di due anni “e poi si vedrà” non è in linea con l’alta qualità della produzione siderurgica che l’Ast ha sempre saputo garantire. Naturalmente soltanto un piano industriale che preveda riqualificazione manageriale, volumi adeguati ed autonomia della rete commerciale può garantire la sopravvivenza dell’azienda ternana. Ogni riduzione ulteriore della produzione, oltre a provocare una fuoriuscita delle centinaia di maestranze previste, non servirebbe ad efficientare l’Ast, ma avrebbe un effetto domino fino a relegare l’azienda ad un ruolo subalterno sul mercato, sia italiano che europeo. Occorre pertanto che il governo prenda coscienza che senza una politica industriale seria e determinata, da far valere a livello di Commissione Europea, Terni e l’Italia perderanno ancora una volta un asset strategico fondamentale per l’economia del paese”.