Se non vogliamo fare dell'Umbria un territorio di 'beneficiati a metà' è necessario pretendere dal Governo, da subito in Finanziaria, più stanziamenti per la ricostruzione delle zone terremotate, come hanno chiesto perfino le Conferenze episcopali di Marche ed Umbria. Lo sostiene il consigliere regionale di Forza Italia Ada Urbani, aggiungendo: Occorre inoltre che la questione 'busta pesante', venga risolta con la restituzione del 10 per cento dell'importo e non con lo sconto previsto del 40 per cento che fa torto all'Umbria e colpisce i più deboli gli indebitati per ricostruire: un intervento che va ricercato con forza dagli amministratori regionali che tanto domandarono al precedente esecutivo.Ora che l'eco delle 'autocelebrazioni' si è spenta spiega Urbani – voglio tornare sulla ricostruzione perchè ci sono cose da puntualizzare e soprattutto per dare voce alla gente che nessuno ha fatto parlare. Se da un lato c'è gratitudine e sollievo, per altro verso molti ancora patiscono e troppi non riconoscono la bontà, l'imparzialità, la pari dignità dell'intervento della Regione nel ripartire le immense risorse messe a disposizione dallo Stato. A dieci anni dal terremoto la nostra Umbria si è certamente 'abbellita' grazie ai fondi per la ricostruzione, dotandosi di un importante patrimonio immobiliare privato, pubblico e di beni culturali, malgrado alcune situazioni limite, che anche inchieste giornalistiche hanno evidenziato, insieme a dolorosi ritardi che costringono ancora in 'alloggi alternativi' parte della popolazione. E' indubbio, per, che da parte di chi sta aspettano da dieci anni il proprio turno per ricevere aiuti, laconsapevolezza che, salvo novità, siamo di fronte all'ultimo riparto di risorse, fa crescere il malumore e il mormorio comincia a trasformarsi in protesta.Il consigliere regionale traccia un bilancio a dieci anni dal terremoto, una 'contabilità' a più facce, ovviamente, positive e negative. Anzitutto di fronte all'impatto devastante, ai morti di quei giorni, emerge il positivo di una solidarietà ricevuta e che ha creato rapporti umani che sono ancora solidi. Senza fare 'l'amarcord' delle difficoltà iniziali, i ritardi, le lentezze che pesarono fino alla svolta del 2002, occorre riconoscere il positivo dialogo con i vari Governi nazionali che ha fatto ottenere ingenti finanziamenti: più di 5 miliardi di euro pubblici a cui si sono aggiunti circa 2 miliardi di euro di partecipazione dei privati. Investimenti che hanno sorretto per 10 anni il PIL dell'intera regione. Quello che non sta realmente funzionando la ripresa produttiva delle zone terremotate, nella consapevolezza che non si potrà vivere indefinitamente con la mera ricostruzione degli edifici. Il quadro sociale del dopo sisma e dell'avanzata ricostruzione mostra troppe località della montagna folignate o della Flaminia svuotate di popolazione soprattutto giovanile, pur essendosi riempite di abitazioni nuove o rinnovate. Le occasioni di lavoro e di sviluppo che sorreggevano l'economia di quelle zone non ci sono pi e mancano politiche per un reale reinsediamento della popolazione terremotata, in specie dei giovani. Il tessuto connettivo della economia rurale ed artigiana di troppe località non ripartito e, malgrado le strutture siano state da tempo ricostruite, la vita dei borghi non c'è più. Quando le imprese di costruzione (che sono in gran parte di altre regioni) avranno terminato i lavori e via via se ne andranno, poco resterà a sorreggere le economie locali. L'Umbria sarà danneggiata per aver perduto questa grande, vitale, sfida con il terremoto attraverso la ricostruzione che, per esempio nel Friuli, ha portato benessere a tutta la regione. Se alla nuova 'faccia' dell'Umbria non seguirà una politica regionale di sviluppo, il beneficio collettivo della ricostruzione non avrà nessuna consistenza.Questi conclude Urbani – sono gli interrogativi a cui occorre oggi dare riscontro con progetti che, purtroppo, non ci sono, coinvolgendo tutte le forze locali con una volontà che non si intravede.