Il terremoto del 30 ottobre 2016 delle 7:40:17 (ora italiana), di 6.5 gradi di magnitudo, è stato l’evento italiano più forte avvenuto in Italia dopo quello 6.9 MW del 1980 dell’Irpinia. E sebbene si parla da settimane del confronto con il devastante terremoto del 1703 in centro Italia, le due crisi sismiche non possono essere paragonate. A dirlo è l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che ha pubblicato il rapporto di sintesi dopo il terremoto del 30 ottobre, seguito ai due report su quello del 24 agosto.
Il documento di 49 pagine (consultabile integralmente qui) del gruppo di lavoro Ingv sul terremoto in centro Italia (2016) – rapporto di sintesi sul terremoto in centro Italia Mw 6.5 del 30 ottobre 2016, doi: 10.5281/zenodo.166019 – contiene le analisi dei dati sismologici, con mappe e sezioni verticali attraverso la zona epicentrale; i modelli di faglia basati sui dati sismometrici e accelerometrici, sui dati geodetici (GPS e da SAR – interferometria radar da satellite) con le prime indicazioni della distribuzione del movimento di dettaglio delle varie faglie; l’impatto del terremoto sul territorio, “visto” dai dati sismici e stimato in base alle Shake maps e alle analisi sul terreno; la fagliazione, osservata in superficie in tutta l’area interessata dai terremoti più forti dal 24 agosto al 30 ottobre; e, infine, una stima delle probabilità di accadimento delle future repliche (aftershocks).
Attivata vasta superficie, faglia può generare terremoti fino a 7 gradi
La magnitudo della scossa (registrata a 9 km di profondità) calcolata nella sala di monitoraggio Ingv è 6.1 ML e 6.5 MW (qui la spiegazione della differenza tra magnitudo Richter e magnitudo momento). Il terremoto ha interessato le province di Perugia, Macerata e Rieti ed è stato fortemente risentito in tutto il centro Italia; l’epicentro è ubicato a 5 km da Norcia, 7 da Castelsantangelo sul Nera e Preci, 10 da Visso. L’istituto ricorda che in caso di un terremoto di magnitudo 6.5 la faglia attivata ha una superficie di qualche centinaio di chilometri quadrati e quindi l’intera zona sopra e attorno alla faglia viene interessata da forte scuotimento. Fino a questo momento il terremoto del 30 ottobre risulta l’evento più forte della sequenza iniziata con il terremoto del 24 agosto di magnitudo 6.0 che conta anche una scossa di magnitudo 5.9 MW del 26 Ottobre.
L’area colpita dalla sequenza sismica è caratterizzata da sistemi di faglia attivi, già descritti nella letteratura geologica pubblicata a partire dagli anni ‘90 del XX secolo. In particolare, il settore appenninico compreso tra l’area di Campotosto a sud e Colfiorito a nord è interessato da sistemi di faglie con direzione da nord ovest – sud est a nord-nord ovest – sud-sud est, con espressioni superficiali di lunghezza complessiva nell’ordine di 20-30 km, costituiti da segmenti minori di lunghezza pari a 5-10 km. Si ritiene che queste faglie normali – evidenzia il gruppo di lavoro – costituiscano l’espressione superficiale di sorgenti sismogenetiche potenzialmente in grado di generare terremoti con magnitudo compresa tra 5.5 e 7.0.
Area sismica, ma nessun sisma storico paragonabile
Gli eventi principali della sequenza ancora in corso, fra i Monti della Laga e la Valnerina, hanno interessato un territorio che storicamente è caratterizzato da numerosi terremoti molto forti, alcuni dei quali sono avvenuti all’interno di sequenze complesse. Nessuna delle sequenze sismiche storiche presenta però somiglianze con quella in corso. Nel suo complesso la storia sismica dell’area è relativamente ben conosciuta ma i livelli di completezza delle conoscenze variano molto nei diversi settori dell’area e le caratteristiche della sismicità in ciascun settore sono sensibilmente diverse.
Il settore di Amatrice – dove si sono verificati gli effetti maggiori del terremoto del 24 agosto 2016 – ha come caratteristica principale la presenza di un cluster di quattro terremoti, verificatisi rispettivamente nel luglio 1627 (Accumoli, intensità epicentrale – Io – 7-8 grado scala Mercalli MCS, Mw 5.3); il 7 ottobre 1639 (Amatrice, intensità 9-10 MCS, Mw 6.2) – terremoto che devastò il centro urbano di Amatrice e diverse località circostanti; nel 1646 (Monti della Laga, Io 9 MCS, Mw 5.9) e nel 1672 (Amatrice, Io 7-8 MCS, Mw 5.3).
Nella Valnerina i terremoti storici del 1 dicembre 1328 (Valnerina, Io 10 MCS, Mw 6.5); del 27 giugno 1719 (Valnerina, Io 8 MCS, Mw 5.6); del 12 maggio 1730 (Valnerina, Io 9 MCS, Mw 6) e del 22 agosto 1859 (Valnerina, Io 8-9 MCS, Mw 5.7) hanno localizzazioni prossime a quella dell’evento principale del 30 ottobre.
Nell’area di Visso, Ussita e Castelsantangelo sul Nera le intensità raggiunte dalle scosse del 26 ottobre, ancorché in fase di valutazione, potrebbero rappresentare i massimi storici per questi comuni, almeno allo stato attuale delle conoscenze.
La sequenza in corso non è confrontabile con la lunga e complessa sequenza del 1703 (14 gennaio, Valnerina, intensità epicentrale 11 gradi Mercalli, magnitudo momento 6.9; 2 febbraio, Aquilano, intensità 10, magnitudo 6.7) il cui impatto sul territorio fu sensibilmente più grave di quello che sta emergendo per la sequenza attuale.
Reti sismiche temporanee, una anche a Campello sul Clitunno
Per analizzare meglio la situazione, dopo il terremoto del 24 agosto, l’Ingv, insieme ad altri organismi, ha potenziato la sua rete sismica, aggiungendo delle stazioni temporanee. A fine settembre, spiega il gruppo di lavoro, la rete sismica temporanea era costituita da 19 stazioni di cui 15 erano acquisite in tempo reale al centro operativo dell’Ingv di Roma. Dopo le due forti scosse nella zona a nord della sequenza al confine tra Marche e Umbria del 26 ottobre, è stata densificata la rete sismica verso nord con l’installazione di 3 stazioni temporanee “di cui una (T1256) in trasmissione dati in tempo reale è anche stata inserita nel sistema di sorveglianza sismica, ed altre due (T1219 e T1220) in locale. Il 30 ottobre, dopo il terremoto di 6.5 gradi, la valutazione dell’evoluzione della sequenza e del funzionamento della rete sismica sul territorio, si è predisposto una ulteriore installazione nella zona ad ovest della sequenza, nei pressi di Campello del Clitunno in provincia di Perugia. La stazione è in tempo reale; inoltre è stata equipaggiata con un router UMTS anche una delle stazioni (T1220) installate il 27 settembre”. Tra Campello e Spoleto, infatti, nelle ultime settimane si sta avendo uno sciame sismico che ha visto nella serata dell’8 novembre una scossa di terremoto di 3.3 gradi, al momento la più alta nella zona.
Registrate nuove fratture nel suolo, il territorio si è spostato
A seguito degli eventi del 26 ottobre, sono state installate altre stazioni GPS su alcuni punti della rete IGM già ri-occupati a seguito della sequenza sismica Umbro-Marchigiana del 1997 (Anzidei et al., 2008).
Grazie ai dati delle stazioni Gps appositamente installate nella zona è stato possibile registrare le deformazioni del suolo avvenute dopo il 26 ed il 30 ottobre. “Per l’evento del 26 ottobre – dice l’Ingv – gli spostamenti co-sismici orizzontali massimi sono stati misurati alle stazioni FIAB (3.1 cm verso nord-est) e CAMP (2.7 cm verso sud-ovest), mentre la stazione SLLI ha mostrato il movimento verticale massimo, con un abbassamento di circa 1.7 cm. Per quanto riguarda l’evento del 30 ottobre, gli spostamento co-sismici orizzontali massimi sono stati osservati alle stazioni VETT (Monte Vettore) e MSAN, con uno spostamento di 38.3 cm verso nord-est e di 26 cm verso sud-ovest, rispettivamente, mentre gli spostamenti verticali massimi sono stati osservati per le stazioni ARQT, RIFP e MSAN, con un abbassamento di 44.6, 26.1 e 17.1 cm. La stazione sul Monte Vettore (VETT), invece, ha registrato un sollevamento di 5.5. cm”.
ll piano di rottura del terremoto di M 6.5 del 30 ottobre 2016 si è propagato verso la superficie ed ha prodotto una vistosa fagliazione sul terreno lungo il Sistema di faglia Vettore-Bove. Il giorno successivo all’evento il gruppo di lavoro ha potuto effettuare un sorvolo con elicottero del Corpo Forestale dello Stato che ha permesso una ricognizione speditiva dell’area epicentrale e delle deformazioni cosismiche principali. Su questa base si è potuta mappare una rottura in superficie che si estende con continuità per un minimo di 15 km tra Castelluccio di Norcia e Ussita. In alcuni casi sono presenti “rigetti” (ossia scalini) che raggiungono in qualche punto i 2 metri. La rottura cosismica si è prodotta su più piani di faglia del sistema tettonico, ad esempio lungo il settore del monte Vettore è stata riconosciuta l’attivazione di tre faglie sintetiche e di due strutture tettoniche antitetiche.
Report settimanali sulle possibili nuove scosse
Qualcosa, secondo quanto si apprende dal rapporto di sintesi del gruppo di lavoro Ingv sul terremoto del 30 ottobre, si muove anche sul fronte della previsione di possibili scosse, i cosiddetti forecast. A seguito del terremoto di magnitudo 6 di Amatrice del 24 agosto 2016, il Centro di Pericolosità Sismica (CPS) fornisce in fase sperimentale forecast settimanali per un’area di 50 km di raggio intorno all’epicentro. Dal 26 ottobre il raggio è stato aumentato a 70 km, e dal 30 ottobre – si legge nel documento – si è usata un’area compresa tra le coordinate 42.4N-43.4N, 12.5E- 13.9E. “In sintesi il modello è basato su un ensemble di 3 diversi modelli di earhquake clustering che sono risultati tra i più affidabili dalle prime valutazioni effettuate negli esperimenti condotti dalla rete internazionale Collaboratory for the Study of Earthquake Predictability in diverse aree della Terra“. I forecast (cioè le previsioni appunto) sono aggiornati settimanalmente, oppure dopo un terremoto di magnitudo 4.5 o superiore. “Il terremoto del 24 agosto – spiega l’Ingv – non è stato anticipato da nessun incremento di probabilità (la probabilità settimanale di background è 0.0005), mentre la probabilità settimanale prima dell’evento di magnitudo 6.5 era circa 0.03″. Proprio pochi giorni prima del terremoto del 30 ottobre, la Commissione grandi rischi aveva allertato rispetto all’ipotesi di nuovi forti terremoti.