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Terni, Udc “I cammelli entrano in città” e le barzellette da circo equestre

Enrico Melasecche (*)

Chiunque passa in Piazza della Repubblica rileva che, da anni, qualsiasi tipo di fiore venga messo nelle quattro aiuole romboidali in stile ridolfiano, come le begonie giganti rosse di questi giorni, viene in pochi giorni sommerso da una invasione di trifoglio infestante che, inizialmente, potrebbe anche apparire come un omaggio al rossoverde della ternanità, ma ben presto, quando il rosso viene coperto dalla invadenza del trifoglio, appare in tutta la sua povertà ed allora aumentano i dubbi.
Gira invero in città da tempo una barzelletta proveniente da ambienti ex socialisti: ad un incrocio si vede un cammello e il dubbio fa esclamare al passante che incontra l’amico: “E’ arrivato il circo equestre?” E l’amico:” No è il deserto che avanza!”
Al di là delle battute salaci che circolano su questa giunta e sulla tristissima situazione odierna, il giudizio sulla gestione del verde cittadino, da qualsiasi parte lo si giudichi, è drammatico:
trascuratezza generalizzata;
mancanza palese di professionalità;
interventi tardivi;
nel dubbio la motosega sugli esemplari adulti diventa la panacea di tutti i mali anche quando la cura, come avviene nelle principali città italiane e straniere, costituirebbe il rimedio più logico;
cambia il paesaggio cittadino: ai viali bellissimi di pini secolari (Roma ne è piena), dopo la cura alla Attila, ritroviamo quartieri spogli e smarriti;
non esiste un progetto organico ma si rincorrono interventi tampone a seconda delle proteste che salgono di volta in volta;
non si sostituiscono le albizie secche (Piazza Europa, Via Goldoni, ecc) ma si lasciano marcire;
Piazza Tacito da progetto razionalista di Ridolfi è diventata una selva oscura in cui le chiome dei lecci crescono a dismisura senza un disegno architettonico o comunque un contenimento razionale ed esteticamente comprensibile;
la Passeggiata, da antico parco storico, erano i “giardini del Vescovo”, bene tutelato da leggi nazionali, è diventato una sorta di luna park di periferia, lercio e trascurato, basta vedere i laghetti senza più zampilli da anni, con l’acqua putrida che solo ad avvicinarsi rischia di far prendere ai bambini la salmonellosi o qualche epatite;
il Comune, a cominciare dalla gestione del verde, è ormai in balia di assalti di chi prepotentemente vuole appropriarsi di appalti senza gara o con gare addomesticate con il sindaco che ha trovato la propria dimensione politica in queste “acque melmose” (non è mia l’espressione);
in sintesi manca completamente in questa politichetta del “tirare a campare”, dal verde a tutto il resto, un guizzo di orgoglio civico, un pizzico di buon gusto, d’amore per questa città che ha avuto nella sua storia ben altre fasi di rilancio, di progettualità, di forte speranza nel futuro.

Che dire?
Con il deserto che avanza, con i cammelli che entrano in città, vuoi vedere che il trifoglio è stato seminato apposta per far brucare in quel piccolo orto di guerra di Piazza Europa le non poche pecore che ci stanno amministrando e che invece di alzare la testa, tirare fuori quattro idee serie, difendere sul fronte della politica e dell’amministrazione almeno qualche posizione, preferiscono accomodarsi nelle retrovie e pascere in questo “terreno paludoso” (anche questa espressione è copiata) che sta diventando ogni giorno di più questa Conca?

(*) capogruppo regionale Udc