“Sicuramente ho deciso di scrivere d'impulso, molto probabilmente ancora sotto gli effetti del vortice emotivo che mi ha scosso la giornata di domenica, ma ritengo sia troppo importante intervenire ora e non indugiare oltre, quando potrebbe essere ancora troppo tardi. Mi auguro anche che quanto segue venga compreso per quello che è e non scambiato per altro. Le mie uniche intenzioni sono esclusivamente quelle esplicitate nelle righe sottostanti e per ciò preannuncio sin d'ora di non poter accettare, almeno per il momento, alcuna eventuale richiesta di approfondimento di quanto accaduto (mi riferisco soprattutto agli organi di stampa perché non cerco alcun tipo di visibilità, e voglio evitare ogni possibile forma di strumentalizzazione).
La sofferenza degli eventi che ho ritenuto rappresentare ha il solo intento di comunicare con quale semplicità e facilità, in ogni momento e luogo, siamo tutti a rischio di gravi ed impensabili pericoli: forse è un ovvietà, ma molto spesso ce ne dimentichiamo. Mi scuso anticipatamente per qualche eccessiva lunghezza, o errore di esposizione, ma ribadisco ancora che l'argomento trattato debba essere oggetto di attenta e profonda riflessione, prima di essere archiviato o giudicato superficialmente eccessivo e poco interessante, se non addirittura ansioso, ma solo perché il fato ha avuto un lieto fine. Nel 1983 la casa dove abitavo da un anno circa con mia moglie, aveva l'uscio di casa che dava direttamente nella piazzetta antistante la trattoria La Mora. Da poche settimane avevamo con noi una piccola gattina, molto intelligente ed affettuosa, ma anche molto curiosa, rapida e intraprendente. Anche quella mattina di primavera esco di casa e salgo nella mia auto parcheggiata proprio li davanti, ma quella volta la portiera della vettura non si chiude. Giro lo sguardo in basso alla mia sinistra e vedo la nostra amata gattina, anzi il suo corpo inanimato, procedere a salti convulsi, come una marionetta impazzita. Disperato mi inginocchiai vicino a quel corpicino impazzito da spasmi infiniti, con le mani vanamente protese verso di lei senza sapere cosa fare, quasi volessi poter fermare il tempo e riportarlo indietro ed avere, questa volta, più attenzione nel compiere quel gesto quotidiano di chiudere la portiera dell'auto. Non so quanti secondi o minuti durò il tutto, ma lei, la gattina, era morta ancora prima che le convulsioni l'abbandonassero ed io ero ancora li inginocchiato e ricurvo su di lei singhiozzando come un bambino.
Sono trascorsi trent'anni, oggi è Domenica 23 Febbraio 2013, siamo al Palazzetto dello Sport di Via Di Vittorio, si sta giocando per il Campionato Nazionale di Calcio a Cinque Under 21 la gara CLT – OMNIA TERNI CALCIOACINQUE. Il capitano della squadra ospite cerca la linea di fondo per rimettere al centro dell'area una palla quando un difensore avversario lo contrasta (regolarmente). Nel tentativo di resistere all'azione difensiva avversaria il nostro capitano perde l'equilibrio e conclude la sua corsa contro il muro di lato alla porta di accesso al campo di gara. Nonostante i quasi due metri tra muro e linea di fondo campo, l'urto è molto violento tanto che rimbomba nel palazzetto mentre il ragazzo scivola inerme a terra.
Io ed il medico del CLT siamo i primi a raggiungere il ragazzo e vediamo una importante perdita di sangue scivolare da sotto la testa sul pavimento: la dottoressa chiama il 118, io allontano tutti i ragazzi delle due squadre.
Il mio ragazzo è a terra incosciente, con gli occhi aperti ma fissi nel vuoto, e poi, all'improvviso, tutto il suo corpo viene scosso da una serie importante di contrazioni muscolari (convulsioni), ed io, proprio come trent'anni prima, sono ancora una volta inginocchiato, ma questa volta al fianco di un mio atleta ad attendere il 118. Questa volta non piango, ancora, oggi sono preparato a gestire tali situazioni, e quando finalmente il mio capitano riprende lentamente coscienza mi trova lì al suo fianco a tranquillizzarlo, gli stringo le mani e gli parlo e lo faccio parlare, gli spiego cosa è accaduto e cosa stiamo facendo per lui, e poi lo faccio parlare anche con la sua ragazza.
Quando l'ambulanza del 118 parte, direzione ospedale, l'adrenalina cessa i suoi effetti, ed io, finalmente, posso dare libero sfogo, anche se solo per qualche secondo, al mio pianto liberatorio in un angolo solitario dello spogliatoio, poi una veloce lavata al viso con tanta acqua fresca, un grande sospiro e via di nuovo in campo dagli altri ragazzi per continuare la partita. Questo è quanto è accaduto ieri mattina durante una gara di calcio a cinque nel nostro palazzetto dello sport. In 14 anni di utilizzo e frequentazione dell'impianto non mi era mai accaduto assistere ad un infortunio del genere, anche se qualche volta, devo riconoscerlo, ci si era andati vicino. Oggi possiamo registrare solo un brutto infortunio che ha spaventato molto tutti noi, la squadra avversaria, i direttori di gara e tutte le persone presenti in tribuna, ma nulla più per fortuna.
Consapevoli che quanto accaduto poteva avere esiti totalmente differenti e molto più gravi, è ora necessario acquisire una tale esperienza con spirito costruttivo al fine di ridurre, o meglio eliminare, ogni altro possibile rischio del genere. Ecco quindi il motivo di questa mia notizia la cui esclusiva finalità è quella di rendere noto a chi di dovere dell'esistenza in molti impianti sportivi, anche palazzetti, di una forte criticità di alto rischio, affinché, quanto prima, si provveda a sanarla a garanzia di una migliore e maggiore tutela dell'incolumità degli atleti.
Ritengo che di tale finalità (interventi per aumentare la sicurezza di gara nei palazzetti) se ne debbano occupare principalmente i soggetti proprietari degli impianti sportivi, ma anche la Divisione Nazionale di Calcio a Cinque, magari integrando lo specifico regolamento degli impianti di gara con ulteriori vincoli o indicazioni meglio particolareggiate sulle protezioni da adottare e da installare a bordo campo a favore della sicurezza dei calciatori (in questo caso, ad esempio, pannelli paracolpi da applicare ai muri al fine di attutire i possibili urti), ma non solo.
Concludo questa mia nota tornando su alcuni particolari dell'infortunio. Un attacco epilettico a seguito di un importante (grave) trauma cranico è coerente con la tipologia dell'infortunio, come lo stato d'incoscienza (svenimento), anche se comunque l'infortunato deve essere immediatamente soccorso e trasportato in ospedale da personale professionista (118) per i necessari accertamenti clinici e diagnostici e le eventuale cure del caso. È un buon segno se lo stato d'incoscienza è di breve durata e se l'infortunato, da trauma cranico, non lamenta nausea e vomito.
L'infortunato deve rimanere assolutamente sdraiato e, se cosciente, deve essere stimolato a parlare (nome cognome, indirizzo, ecc. ecc.) per verificare sia le sue condizioni neurologiche, sia quelle dei sensi (udito, linguaggio, vista, comprensione). È opportuno che vicino all'infortunato stazionino solo due o tre persone al massimo, mentre tutte le altre devono essere allontanate. Per disporre di tale informazioni non è necessario essere laureati in medicina o infermieristica, ma è sufficiente aver partecipato a corsi di primo soccorso ed esercitarsi periodicamente.
Durante la mia lunga carriera sportiva ricordo solo quattro episodi particolarmente gravi in cui è stato necessario l'intervento del 118, negli ultimi due più recenti in particolare, accaduti a nostri tesserati, ho avuto la fortuna di avere al mio fianco due professionisti abilitati del soccorso: nel primo caso era il nostro massaggiatore che di professione è infermiere in ospedale, e ieri la dottoressa la cui presenza è obbligatoria nella gare casalinghe dei campionati nazionali. La FIGC (C.R. Umbria), anche in ossequio ad una recente direttiva legislativa, ha già iniziato da mesi un percorso di formazione culturale e pratica (sensibilizzazione e corsi per primo soccorso e l'abilitazione all'uso dei defibrillatori) che nel volgere di qualche anno, presumo, renderà obbligatoria la presenza di una qualche tipo di struttura di soccorso in ogni impianto sportivo durante lo svolgimento delle gare.
Purtroppo tali vincoli non sono sempre ben accetti dalle Società Sportive, specie se piccole e dalle modeste risorse economiche a propria disposizione, perché le vivono come un ulteriore elemento di difficoltà. Io ritengo invece, e non solo da oggi, che tale assenza di cultura della sicurezza è originata dal paradosso di non aver mai vissuto direttamente simili gravi eventi, un fattore questo che evidentemente inganna e nasconde l'immenso valore del poter disporre di personale specializzato, specie in quei momenti in cui un tuo ragazzo è in terra sofferente, o peggio inerme, in attesa dei soccorsi professionistici che sembrano non arrivare mai.
Piuttosto che attendere inconsapevoli cosa voglia significare vivere tali eventi, consiglio, invito, sollecito le federazioni sportive ad intensificare e sostenere la promozione delle attività di formazione di primo soccorso dedicata a più soggetti di ciascuna società (tecnici, dirigenti, atleti), e le società sportive a dotarsi di soluzioni efficaci di primo pronto soccorso sempre ed ovunque, senza attendere obblighi di normative federali o altro.
I prossimi bilanci di spesa delle piccole e medie società sportive devono prevedere anche queste tipologie di costi, anche se per ciò si deve rinunciare ad altre spese che, seppur ritenute più vantaggiose, non lo saranno più quando dovessero accadere eventi del genere.
Le federazioni sportive potrebbero svolgere anche un ruolo di mediazione per ottenere un accordo economico favorevole con le categorie professionali di medici o delle strutture professionistiche di pronto soccorso al fine di calmierarne i relativi costi, anche in proporzione alle categorie e livelli agonistici, aggiungendo uno strumento concreto ed efficace che favorisca la cultura della sicurezza sportiva.
Ed infine, per la cronaca, gli accertamenti del pronto soccorso al nostro atleta non hanno rilevato alcuna tipologia di danni neurologici, ma solo una piccola ferita lacero contusa al cuoio capelluto, suturata con due punti, ed una lieve infrazione al radio destro. Dopo una notte abbastanza tranquilla, in doverosa e precauzionale osservazione in ospedale, quest'oggi il nostro atleta è stato dimesso, ed ora sta riposando a casa.
Nulla in confronto a quant'altro sarebbe potuto accadere se solo la dinamica, già importante, dell'incidente fosse stata diversa e maggiormente grave”.