Prc Terni
La sentenza del Consiglio di Stato sulla vertenza Meraklon che blocca la vendita delle due società è un atto di assoluta gravità, che si somma all'annullamento, nel maggio di quest'anno, del decreto di giudizio immediato nei confronti dell'ex proprietario, Giampaolo Fiorletta. Non siamo semplicemente di fronte ad un allungamento dei tempi, ma al rischio concreto che Meraklon S.p.A. e Meraklon Yarn tornino proprio nelle mani della persona che le ha condotte al tracollo.
Credevamo di esserci liberati di colui che nel 2007 acquistò da Basell per soli 4 euro gli impianti di Meraklon; che nel corso degli anni ha operato, secondo l'accusa, per appropriarsi indebitamente del capitale societario; che con pubbliche affissioni si vantava di dar lavoro a 300 persone (casomai è vero il contrario), salvo poi licenziarli in blocco poche settimane prima di essere arrestato.
In questi mesi di amministrazione giudiziaria della Meraklon non si è riusciti a porre rimedio al progressivo smembramento delle attività produttive, determinatosi da quindici anni, nel polo chimico ternano, che costituisce uno dei maggiori ostacoli alla realizzazione di un progetto complessivo di rilancio; le stesse scelte fatte in merito alla vendita dei reparti del fiocco e del filo, già in capo a Meraklon, rispettivamente alla francese Beaulieu e alla misteriosa “New Neophil”, non fanno altro che confermare ulteriormente la scomposizione vigente fra le società operanti nel sito, peraltro con livelli occupazionali di gran lunga inferiori a quelli precedenti.
Il tutto mentre la trattativa per l'acquisizione delle aree di Basell si trascina di rinvio in rinvio, allontanando progressivamente le prospettive di rilancio industriale ed occupazionale legate alla realizzazione a Terni del polo della chimica verde.
È ormai evidente che dalla crisi della chimica ternana non si può uscire sottomettendosi alle regole dei padroni, garantiti sempre e comunque nelle loro prerogative; occorre sciogliere i troppi nodi che si stringono intorno a questa vertenza, nodi che forse è interesse di qualcuno tirare fino al punto da decretare la fine di ogni attività e magari rendere l'area disponibile per l'ennesima speculazione immobiliare.
Come Rifondazione Comunista di Terni, fin dall'inizio della vertenza della chimica ternana, proponemmo il ricorso all'esproprio per pubblica utilità; un provvedimento previsto dalla nostra Costituzione e dalla normativa vigente e che, se adottato, potrebbe liberarci di colpo di tutte queste pastoie e restituire, alla nostra comunità ed ai lavoratori, la possibilità di decidere del futuro del nostro territorio.
Dopo oltre tre anni di trattative senza risultato, quella dell’esproprio diventa una scelta obbligata, oltre che dovuta.