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Terni, lo scontrino era un optional. La finanza sigilla 15 attività – VIDEO GdF

Sono in tutto 15 gli esercizi commerciali finiti sotto la mano pesante della guardia di finanza di Terni per la mancata emissione di scontrini fiscali. Una vera e porpria “pulizia” quella della Gdf che, come prevede la legge, dopo 4 segnalazioni per irregolarità nell'emissione del documento fiscale, ha proceduto con la chiusura obbligatoria per un periodo da 3 a 6 giorni, di numerose attività. Sui 15 accertati ben nove sono gestiti da stranieri di nazionalità cinese. Oltre la chiusura il gestore dell'esercizio che non emette regolare scontrino deve anche pagare una multa pari al 100% dell'importo non battuto.

Chiusi 15 negozi. Nonostante ciò, nei primi giorni del 2013, nella sola città di Terni, i finanzieri della compagnia della guardia di finanza hanno notificato a ben 15 attività un provvedimento di chiusura, per un periodo da 3 a 6 giorni. Ad essere sanzionati titolari di bar (1), ristoranti (4), parrucchieri (2), negozi di abbigliamento (5), empori (2) e minimarket (1). Tutti esercizi commerciali operanti in città. Alcuni di questi sono ubicati nelle vie più rinomate del centro cittadino.

I gestori per la maggior parte cinesi. A rendere significativo il dato é il fatto che 9 di questi esercizi sono controllati da cittadini stranieri, per la maggior parte di nazionalità cinese. Non emettere lo scontrino significa, per questi soggetti, pagare meno tasse in Italia, comportamento spesso legato anche al mancato pagamento delle sanzioni. Inoltre, le difficoltà di riscossione sono di sovente aggravate dalla diffusa pratica per la quale l’esercizio commerciale cambia rapidamente titolare o denominazione. A volte chiude completamente per riaprire in altro luogo.

L'appello della Finanza. In Italia girava, fino a poco tempo fa, una pubblicità il cui slogan recitava: “chi evade danneggia anche te”, spiegano in una nota le fiamme gialle, “Era uno degli slogan più veritieri. Qualsiasi cittadino che acquista un bene o un servizio, oltre al prezzo del corrispettivo “presta”, letteralmente, al titolare dell’attività, una somma del proprio denaro, oggi pari al 21%, affinché venga corrisposta allo Stato a titolo di Iva. Ogni qualvolta lo scontrino non viene emesso quel cittadino viene, di fatto, derubato. Le tasse non vengono pagate e l’esercente si arricchisce a danno del contribuente onesto che, invece, garantisce con le proprie imposte l’erogazione dei servizi pubblici (si pensi alla sanità) anche agli evasori”.