Perché ciò che accade è “necessario” e non vero? Perché la vita è conformata sulla necessità e non sulla verità? È questo che Kafka sembra domandarsi costantemente. Kafka vuole cancellare la Legge di un mondo necessario e sovvertirlo con una nuova legge che sia congrua all’anima dell’estraneo che non sa muoversi nelle vie dell’esistente. E la nuova legge non può che avvenire se non tramite la scrittura, il mezzo con il quale si è sempre “regolarizzata” l’esistenza. Kafka si accinse a fare ciò quasi da subito; voleva che la sua fosse una nuova scrittura, che potesse restaurare almeno una verità. «Ammettiamo che per Kafka scrivere non sia un problema d’estetica, che non miri alla creazione di un’opera letterariamente valida, ma alla propria salvezza, all’adempimento della missione a cui è destinata la propria vita», queste le parole di Maurice Blanchot in Da Kafka a Kafka, che ci danno un quadro esatto della condizione del nostro, di come sentisse lui la scrittura. Kafka vorrà scrivere la legge per cui l’estraneo possa vivere nel mondo, non debba più essere l’escluso.
“La Legge si maschera come vuole, la Legge indossa le sue maschere
per sviarti, per non farti capire dove ti trovi. La recita che vivi, che
sembra una commedia, in realtà maschera la più profonda tragedia.
Puoi considerare che tutto è assurdo, ma ciò non ti salva; la Legge
non può essere smascherata.”
http://www.edizionigalassiaarte.it/opere/kafka-e-la-scrittura-di-una-nuova-legge.html
Marco Stentella, 44 anni, laureato in filosofia estetica, ha pubblicato La storia inventata, Edizioni del Leone, 2004, e successivamente Il Santo che frequentava i bordelli, Midgard Editrice. Si è laureato all’università di Perugia con una tesi su Franz Kafka. Attualmente vive a Terni.