Tenaci, soddisfatti, scontenti e disagiati: sono le quattro categorie in cui si possono dividere gli anziani nella provincia di Terni, secondo i risultati della ricerca “Reggere nelle difficoltà” curata dal sociologo Ugo Carlone, per lo Spi di Terni e presentata oggi nel corso della prima giornata del Congresso provinciale dello stesso sindacato pensionati della Cgil.
La ricerca, basata su 720 questionari, somministrati ad iscritti e iscritte allo Spi Cgil di Terni (di età inferiore agli 80 anni ed estratti a sorte) ha preso in esame numerosi aspetti della vita delle persone anziane. Il risultato finale è molto variegato e delinea appunto l’esistenza di almeno 4 categorie in cui il campione può essere suddiviso: i tenaci, che hanno scarse risorse materiali, ma buone risorse sociali (supporto familiare, relazioni, etc) e rappresentano un 19% della popolazione; i soddisfatti, la categoria più numerosa (30%), che possono vantare buone risorse materiali e sociali; i disagiati, ben il 26% del campione, che al contrario hanno scarse risorse materiali e sociali; ed infine gli scontenti (24%), che pur avendo buone risorse materiali scontano isolamento sociale.
Entrando più nel dettaglio, tra i risultati più eclatanti della ricerca c’è un diffusissimo malcontento delle persone anziane intervistate per la sanità pubblica: il 50% del campione si dice “non soddisfatta” dei servizi, mentre l’altra metà è solo “mediamente soddisfatta”. Per quanto riguarda la casa, quasi sempre di proprietà, più della metà degli intervistati segnala che l’abitazione in cui vive necessiterebbe di interventi di ristrutturazione o manutenzione, ma il 55% di costoro non sarebbe in grado di sostenerne le spese. Sul piano economico, più di un terzo del campione si dice in difficoltà, eppure quattro intervistati su 10 dichiarano di aver dato ai figli un aiuto economico nei 12 mesi precedenti l’intervista; lo hanno ricevuto, sempre dai figli, il 6%.
“Questa ricerca ci consegna uno spaccato molto interessante dei nostri iscritti e più in generale della popolazione anziana ternana, una popolazione che affronta gravi difficoltà, ma lo fa con tenacia e spirito di resistenza – commenta Attilio Romanelli, segretario generale della Cgil di Terni – Ovviamente, risalta, ma non sorprende, il dato sull’insoddisfazione rispetto alla sanità pubblica e il crescente ricorso a quella privata; da tempo – rimarca Romanelli – denunciamo il progressivo affossamento del diritto alla salute sul nostro territorio, denunciamo gli intollerabili ritardi, le mancate assunzioni, le liste d’attesa infinite. Purtroppo la politica regionale sembra sorda rispetto a questo evidente disagio della popolazione, soprattutto la più fragile”.
I lavori del congresso dello Spi Cgil di Terni, presso l’hotel La Rocca di Narni (via Flaminia ternana 508), proseguiranno nella giornata di domani e si concluderanno con il rinnovo degli organismi sindacali.
L’obiettivo della ricerca è conoscere la condizione degli anziani nella provincia di Terni, attraverso un questionario anonimo somministrato tra ottobre 2021 e gennaio 2022 ad un campione di 720 individui estratti a sorte tra gli iscritti dello SPI CGIL. Nel campione sono più presenti gli uomini rispetto alle donne. Il 35% ha un’età inferiore ai 70 anni, il 31% tra i 70 e i 75 e il 34% più di 75. Più di 2 intervistati su 3 sono sposati o convivono, i celibi o le nubili sono pochi, così come i separati o divorziati; numerosi sono invece i vedovi e le vedove (uno su 5). Hanno figli 8 intervistati su 10. Tre su 4 non abitano con nessuno e la maggioranza vive in periferia. I titoli di studio prevalenti sono abbastanza bassi (è diplomato o laureato uno su 5), quasi tutti lavoravano prima della pensione (in prevalenza nel privato) e 6 su 10 erano operai.
Otto intervistati su 10 vivono in abitazioni di proprietà, il 13% in affitto. Più della metà segnala che l’abitazione in cui vive necessiterebbe di interventi di ristrutturazione o manutenzione, ma il 55% di costoro non sarebbe in grado di sostenerne le spese. Quattro intervistati su 10 denunciano la presenza di barriere architettoniche.
L’attività motoria è svolta spesso dal 26% del campione e di tanto in tanto dal 40%. Fa la spesa spesso il 61% degli intervistati e le faccende domestiche il 51% (il 29% di tanto in tanto). Non frequenta mai i centri sociali e i luoghi di aggregazione il 64% degli intervistati, mentre lo fa di tanto in tanto il 20% e spesso solo il 5% (il 12% non li frequenta, ma vorrebbe farlo). Non va al cinema o a teatro ben il 56% del campione. Leggono spesso (giornali o libri) circa 3 anziani su 10. L’indice complessivo relativo al livello di attività è molto più alto tra chi usa gli strumenti tecnologici, ha un titolo di studio alto ed è in buono stato di salute.
Nove intervistati su 10 possono far affidamento su qualcuno in caso di bisogno. Si sente solo sempre o spesso circa il 15% del campione e a volte circa un quarto del totale. Nel complesso, è definibile molto solo un intervistato su 5, con più probabilità tra i vedovi, chi è in cattive condizioni di salute e chi ha difficoltà economiche.
Sei anziani su 10 dichiarano di non usare mai il computer, più di 6 su 10 possiedono uno smartphone, quasi 4 su 10 utilizzano spesso o molto spesso Whatsapp; assai meno utilizzati i social network. Gli strumenti tecnologici sono più diffusi tra i meno anziani e i più istruiti; molto meno tra chi era operaio. Il 36% è in possesso dello SPID (di più gli uomini, i più giovani, chi lavorava nel settore pubblico, chi usa la tecnologia, chi è attivo e soprattutto chi ha titoli di studio più alti).
“Dà una mano” per i nipoti quasi la metà del campione, in pari misura uomini e donne, soprattutto se si tratta di nonni più giovani, che stanno meglio in salute, che sono meno soli e più attivi socialmente. Forniscono aiuto ad un altro parente quasi 3 intervistati su 10 e ad un’altra persona circa il 7% del campione. Quattro intervistati su 10 hanno dato ai figli un aiuto economico nei 12 mesi precedenti l’intervista; lo hanno ricevuto, sempre dai figli, il 6%.
La metà del campione non è soddisfatta della sanità pubblica; un’altra metà è solo mediamente soddisfatta. I più insoddisfatti sono coloro che avrebbero più bisogno, cioè chi ha redditi bassi e peggiori condizioni di salute. Le farmacie riscuotono invece più successo. Sono soddisfatti dei servizi comunali 6 anziani su 10. Il trasporto per disabili è utilizzato dal 20% del campione; tra questi, più della metà è soddisfatto, ma quasi un terzo non lo è. Riscuotono molta soddisfazione (per 9 anziani su 10) i servizi del patronato e del sindacato.
Quasi la metà degli intervistati non ha rapporti con gli stranieri, o perché non sono presenti nella zona dove vivono o perché non ci sono occasioni per avere relazioni. Tra chi le ha, prevalgono nettamente coloro che hanno buoni rapporti.
Più di un terzo del campione valuta scarsa o insufficiente la propria situazione economica; per il 40% è sufficiente. Il disagio economico è più diffuso tra i molto soli e i più preoccupati, seguiti da chi è in cattive condizioni sanitarie, chi ha giudicato il lockdown difficile da affrontare e chi ha un titolo di studio basso. Stanno un po’ peggio le donne rispetto agli uomini, i più anziani, i separati o divorziati ed anche chi risiede nel ternano e in periferia; molto peggio i vedovi. Un anziano su 5 arriva a fine mese con difficoltà e 2 su 5 con qualche difficoltà. La situazione economica è peggiorata, rispetto a cinque anni fa, per 7 anziani su 10, più spesso per i più soli e i più preoccupati, per chi ha già una situazione economica scarsa o insufficiente e un po’ più per le donne e per chi è in cattive condizioni di salute. Per il resto, il peggioramento è trasversale.
Sei intervistati su 10 giudicano discrete le proprie condizioni di salute; le valutano non buone o pessime il 24%; sono buone o ottime per meno del 20%. Non ci sono grandi differenze tra uomini e donne e tra territori. Coloro che denunciano con più frequenza cattive condizioni di salute sono i più anziani, chi presenta un basso livello di attività e chi valuta negativamente le proprie condizioni di vita. Nell’anno precedente l’intervista, ben il 65% degli intervistati ha usufruito di visite e controlli di salute a pagamento con servizi privati perché l’attesa in quelli pubblici era troppo lunga. Più di un intervistato su 10 si occupa di una persona non autosufficiente con cui vive. Ben sette su 10 giudicano abbastanza positiva la propria condizione di vita complessiva.
Consuma (anche occasionalmente) antidepressivi o ansiolitici un intervistato su 5; lo fanno di più soprattutto coloro che sono soli e hanno un cattivo stato di salute, seguiti da chi ha subìto di più gli effetti della pandemia, i vedovi e i separati o divorziati, e chi ha un indice di attività basso e uno di preoccupazione alto.
Il lockdown è stato facile da affrontare per un intervistato su 10, difficile per il 47% e né facile, né difficile per il 43%. La pandemia ha peggiorato lo stato di benessere emotivo e mentale di più della metà del campione e ha fatto diminuire le relazioni sociali di quasi la metà degli intervistati (soprattutto delle donne, dei più soli, di chi ha un basso livello di attività, di chi sta peggio economicamente e come stato di salute e di chi ha un indice di preoccupazione più alto).
Preoccupazioni di vario tipo sono diffuse nel campione. Hanno paura di una possibile ripresa della pandemia e del futuro dei familiari più stretti quasi 9 anziani su 10; 8 su 10 che possano peggiorare le proprie condizioni di salute o quelle economiche; 6 su 10 che, in futuro, si possano avere meno relazioni sociali e che si possa subire un reato. La zona in cui si vive è definita insicura da circa 4 intervistati su 10.
I tre quarti del campione sono abbastanza o molto d’accordo con l’affermazione “Una coppia omosessuale deve avere gli stessi diritti di una eterosessuale” e un quarto con “È meglio che l’uomo si dedichi più al lavoro e la donna più alla casa”; meno della metà con “Gli immigrati aggravano i problemi legati alla criminalità” e meno di uno su 5 con “L’Italia è degli italiani e non c’è posto per gli immigrati”; la metà con “Le forze dell’ordine dovrebbero usare le maniere forti contro i delinquenti”, meno di uno su 10 con “Dovrebbe essere più facile poter possedere armi” e “In politica, sarebbe meglio ci fosse una persona che decide per tutti”; la metà con “Un dirigente di impresa non deve guadagnare molto di più di un dipendente”, il 6% con “È giusto privatizzare i servizi pubblici” e il 12% con “È giusto evadere le tasse se i servizi pubblici non funzionano bene”; 3 su 10 con “È meglio vivere giorno per giorno che pensare al futuro”. Combinando le risposte sui diritti delle coppie omosessuali, sulla parità di genere e sul rapporto con gli stranieri, emerge che sono più progressisti soprattutto coloro che hanno un titolo di studio più alto; in misura minore, chi ha una situazione economica migliore, i più giovani, i non operai, i meno preoccupati e chi va a votare.
Si informa della politica ben il 60% del campione, dichiara di essere di sinistra o di centrosinistra quasi il 70% e né di destra, né di sinistra il 21%. È più spesso di sinistra chi presenta un indice di progressismo alto, usa molto la tecnologia, è parecchio attivo e in buono stato di salute; poi, chi ha un indice di preoccupazione basso, è più istruito ed ha un reddito migliore. Coloro che si definiscono né di destra, né di sinistra sono di più, oltre che tra chi non sa cosa votare o non andrebbe alle urne, tra chi valuta negativamente le proprie condizioni di vita, ha un reddito peggiore, è più solo, meno attivo, ha uno stato di salute compromesso, usa meno la tecnologia, ha bassi livelli di istruzione ed è più preoccupato. Il 15% non andrebbe a votare e il 14% non saprebbe chi votare. Prevalgono nettamente le preferenze per il PD o per una lista a sinistra del PD.
Lo svantaggio femminile emerge con nettezza: le donne sono penalizzate in quasi tutti gli indicatori utilizzati, soprattutto per quanto riguarda il livello di istruzione (e si definiscono più spesso né di destra né di sinistra). Anche chi era operaio, rispetto agli impiegati, ai lavoratori autonomi e ai quadri, ha condizioni di vita peggiori, specialmente dal punto di vista economico (e presenta anche un tasso di progressismo molto più basso). Nell’indagine non appare il fenomeno degli operai che votano a destra. Per quanto riguarda le risorse economiche e la qualità dell’ambiente urbano, chi vive in periferia è svantaggiato rispetto a chi vive in centro o semi-centro, ma non ci sono differenze sostanziali per moltissime altre variabili.
Dalla combinazione dell’indice di risorse materiali (comprendente il giudizio sulla situazione economica e quello sullo stato di salute) e dell’indice di risorse sociali (comprendente il livello di solitudine e le attività svolte), emerge che i Disagiati (scarse risorse materiali e scarse risorse sociali) sono il 26%, gli Scontenti (buone risorse materiali e scarse risorse sociali) il 24%, i Soddisfatti (buone risorse materiali e buone risorse sociali) il 31% e i Tenaci (scarse risorse materiali e buone risorse sociali) il 19%. La quota di anziani in condizioni di disagio, perciò, non è affatto da trascurare. Numerosa è la proporzione di anziani che invece combinano buone condizioni materiali, ma basse risorse sociali; significativa è la presenza di individui le cui condizioni economiche e di salute non sono buone, ma le risorse sociali sono invece soddisfacenti; maggioritaria è la quota di anziani che, tutto sommato, stanno bene.