Nella concattedrale di Narni il vescovo Giuseppe Piemontese ha presieduto la solenne celebrazione della Pasqua di Risurrezione, concelebrata dal parroco don Sergio Rossini e animata dalla corale della concattedrale. All’inizio della celebrazione con il rito dell’aspersione con l’acqua lustrale, benedetta nella veglia pasquale, è stata fatta memoria del Battesimo, per mezzo del quale i cristiani sono stati immersi nella morte redentrice del Signore per risorgere con lui alla vita nuova.
L’omelia del vescovo Piemontese:
“E’ una grande giornata questa e ci siamo ritrovati numerosi in questa cattedrale. Siamo la comunità dei discepoli del Signore, abbiamo assistito agli eventi del venerdì santo: l’arresto, la condanna, la passione, la morte di Gesù, la sua sepoltura. Gli eventi narrati dal Vangelo possono suscitare interesse, ma la distanza temporale può raffreddare la partecipazione e la comprensione, il sentimento.
Il mistero pasquale riguarda Gesù, ma anche la vita di ciascuno, è il punto fondamentale della nostra fede. Tutta la natura, l’evolversi delle stagioni, la storia, le vicende di ognuno riproducono il mistero pasquale, il passaggio dalla morte alla vita, dalla sofferenza alla guarigione, dal pianto alla gioia, dalla tristezza alla consolazione. Anche nella nostra vita di battezzati, attraversando vicende tristi, di sofferenza, umiliazione, specie quando quella sensazione di sconfitta indugia e sembra non passare o abbandonarci, siamo assaliti dal dubbio: lo stesso degli apostoli, dei discepoli di Emmaus: ma dov’è Cristo? Ormai è nel sepolcro, una vicenda affascinante, ma che ci ha deluso e che si è conclusa in una maniera qualunque, comune, nella morte e sepoltura. Noi speravamo, ci eravamo illusi che cambiasse la nostra vita, iniziasse un senso nuovo per la nostra gente, per il popolo. Dove sono la giustizia e la pace predicata e promessa? Il benessere assaporato nel miracolo dei pani e dei pesci? La guarigione sperimentata in tante persone, nella folla?
Il mondo è pieno di ingiustizie, che pesano anche sulla nostra pelle, sulle nostre famiglie. La povertà e la miseria affligge tante popolazioni del mondo e tanta gente, anche a noi vicina. La violenza e la guerra sono focolai accessi in tante parti del globo. La menzogna si diffonde in maniera sempre più veloce e avvelena i rapporti umani. E noi, che pure abbiamo raccolto la testimonianza che Gesù è risorto, restiamo dubbiosi, incerti, sfiduciati.
Oggi, giorno di Pasqua, anche noi siamo venuti al sepolcro. Abbiamo varcato l’ingresso per cercare il corpo di Gesù, per ravvivare la nostra speranza. Ma il corpo di Gesù non c’è. C’è chi entra nel sepolcro come Pietro e resta un po’ confuso, perché il corpo di Gesù non c’è più, ma al tempo stesso non può essere stato rubato, perché i ladri non sistemano in modo ordinato i teli e il sudario prima di fuggire con un cadavere; c’è chi, come il discepolo amato, entra, vede, ricorda e crede. Il discepolo amato ricorda la Scrittura e la parola ascoltata dal Maestro e per questo motivo comprende e crede. C’è chi, come Maria di Magdala, non può accettare che tutto finisca con la morte delle persone che ci hanno amato e che abbiamo amato.
Anche noi in questo luogo incontriamo il Signore Risorto nei segni e nelle parole che ci ha detto e che oggi assumono il significato di prova della nostra fede. Troviamo una comunità di discepoli, ognuno dei quali ci racconta di aver incontrato il Signore Risorto, e ora è qui per narrarlo e vederlo ancora con gli occhi della fede. Persone in carne e ossa, santi e beati, che proprio qui, in questo luogo hanno vissuto e dato testimonianza del loro incontro con Gesù, donando anch’essi a vita per amore, per la salvezza dei fratelli. Sono i nostri santi: Giovenale, Cassio, la beata Lucia, Francesco, Domenico, Chiara, Valentino, Fermina, Giunio Tinarelli, i nostri nonni e tanti amici che ci hanno trasmesso il segreto della loro vita felice: Gesù è risorto e vive in mezzo a noi e con noi. Troviamo qui la Parola, che Gesù ci ha annunciato e che a noi, tardi a credere, come ai discepoli di Emmaus, spiega il disegno di Dio e il suo modo di vincere l’odio, la violenza e la morte.
Siamo invitati a sederci attorno alla mensa eucaristica, dove Gesù spezza il pane e si dona a noi come cibo di vita eterna e bevanda di salvezza. Lo aveva detto: “ogni volta che mangiate di questo pane io sono con voi”. E ognuno di noi, nella sua riflessione, nel suo intimo può verificare la verità della parole di Gesù. La nostra vita ha un senso se attraversiamo gli eventi dell’esistenza, scopriamo la risurrezione di Cristo. La nostra risurrezione. La risurrezione di Gesù è l’evento che dona significato a tutta la nostra esistenza, perché dice la nostra chiamata alla vita eterna.
E oggi Gesù, come agli apostoli rinchiusi nel cenacolo per paura, si presenta e dona la sua Pace nella preghiera, nel canto, nell’Eucarestia, nell’amore fraterno.
Sorretti dalla testimonianza di Pietro, accogliamo l’invito di Paolo a fissare lo sguardo sulle cose di lassù, perché ormai la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio! La forza dello Spirito santo e la presenza di Cristo risorto e l’amore dei credenti abbatteranno i segni di morte e ridoneranno speranza a questo nostro mondo, amato dal Signore”.