Politica

Teatro Verdi, architetti ed ingegneri di Terni scendono in campo

“Un popolo che non aiuta e non favorisce il suo teatro, se non è morto, sta morendo”: è partendo da questa frase di Federico García Lorca che un numeroso gruppo di progettisti (architetti ed ingegneri) di Terni si inseriscono nel dibattito sul Teatro Verdi. Una lettera aperta, la loro, che arriva all’indomani delle parole di Vittorio Sgarbi (“Il teatro Verdi va lasciato così come è, chiunque tocchi il teatro compie un atto nazista e va arrestato”), mentre in commissione consiliare si è tornati a parlare del progetto di restauro dopo la discussione avvenuta nel consiglio comunale straordinario di qualche settimana fa. E sul tema interviene anche il Movimento 5 stelle. Nodo del contendere, ancora una volta, la tipologia del restauro e la fattibilità o meno di tornare ad avere a Terni un ‘teatro all’italiana’, con platea e palchetti, come era nel progetto iniziale del Poletti.  Intanto prosegue la raccolta di firme indetta dal Comitato civico pro Teatro Verdi Terni, che ha superato le 500 sottoscrizioni: venerdì è in programma una nuova iniziativa per aderire alla petizione.

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La Lettera aperta di architetti e ingegneri ternani

“Da troppo tempo ormai Terni è senza il suo teatro. Il teatro di Terni è il Verdi e il Verdi deve riaprire le sue porte ai cittadini; in merito a questo tema sentiamo la necessità di manifestare la nostra posizione, culturale e professionale. La frase che abbiamo utilizzato come incipit di questa lettera aperta (quella di Garcìa Lorca, ndr) rafforza e al tempo stesso lancia un grido di allarme rispetto a questa nostra esigenza. Siamo un gruppo di progettisti, architetti e ingegneri, che operano in città, ma insieme all’essere tecnici siamo cittadini informati che partecipano alla vita della comunità ternana e che hanno a cuore il futuro della città e anche in questa veste vorremmo esprimere la nostra opinione, nella convinzione che il confronto delle idee non può che essere terreno fertile per la soluzione del problema. Ci rivolgiamo in primis, essendo il Verdi di proprietà del Comune di Terni, all’Amministrazione comunale, nelle sue espressioni politico-amministrative e dirigenziali, ma anche a tutti coloro, come Fondazioni, Enti e Associazioni , che a tali decisioni possono concorrere. Abbiamo sempre seguito, nel corso dei troppi anni già trascorsi fino ai giorni attuali, il dibattito che si è sviluppato in città in merito: ne abbiamo tratto la convinzione che portare a conclusione singoli stralci di interventi senza avere un progetto omogeneo ed unitario è un’operazione di corto respiro che rischia di pregiudicare l’obiettivo di avere un teatro di assoluta qualità che restituisca al Verdi il ruolo di contenitore privilegiato della cultura cittadina. 

Il Verdi, per l’importanza intrinseca dell’edificio, per il ruolo storico che ha rivestito nella cultura ternana, per il valore simbolico che in virtù di quel ruolo ha acquisito agli occhi della collettività, è patrimonio dell’intera città e dei suoi abitanti, motivo per il quale questi dovrebbero essere coinvolti nelle scelte che vengono fatte, e non solo con un Consiglio Comunale aperto.

Un patrimonio, come afferma anche l’architetto portoghese Eduardo Souto de Moura, è un titolo che può essere conferito solo se la costruzione viene vissuta ed usata, “perché solo la vita quotidiana la trasforma in qualcosa di naturale e le conferisce lo status di Patrimonio”. Per essere vissuto ed usato il Verdi, una volta finiti i lavori, dovrà poter ospitare al suo interno tutte le attività che si possono svolgere oggi in uno spazio teatrale di eccellenza, dalla musica alla prosa, dagli spettacoli classici a quelli di avanguardia o a quelli tecnologicamente innovativi, passando anche per conferenze e manifestazioni culturali di diverso tipo. Questi sono anche i motivi per i quali manifestiamo perplessità verso la corrente di pensiero che afferma di voler riproporre, oggi, in maniera automatica, la soluzione del Poletti, anche perché, a differenza di altre realtà come quella di Rimini o di Fano, lo stato nel quale si trova il Verdi è ben diverso ed è frutto delle pesanti modifiche del dopoguerra, al punto che le caratteristiche iniziali del modello “polettiano” sono difficilmente identificabili. 

Riteniamo quindi che riproporlo costituisca una sorta di falso storico che va anche contro i principi del restauro enunciati da Cesare Brandi. Inoltre, per ripristinare il teatro del Poletti si dovrebbe rimuovere una parte di storia del Verdi, quella che va dalla ricostruzione post-bellica ad oggi. Con questa lettera non vogliamo presentare un progetto. Tutt’altro. Vogliamo indicare un metodo e tracciare un percorso, al termine del quale la città di Terni possa utilizzare il miglior progetto per il teatro Verdi, un progetto che, partendo dalle condizioni ad oggi determinatesi, sia in grado di produrre un intervento di elevata qualità che guardi al futuro, immaginando un grande teatro in grado di ospitare le migliori produzioni artistiche in ogni campo.

Riteniamo che ciò sia ancora possibile e che per ottenere la migliore proposta progettuale l’unico strumento da utilizzare è quello del concorso di idee con procedura aperta, per mettere a confronto il meglio di quello che la cultura progettuale può offrire, in modo da poter scegliere la proposta migliore in termini di qualità e di fattibilità. Si definiscano in maniera chiara i limiti al contorno, fisici e operativi, si fissi l’obiettivo della capienza e le tipologie di utilizzo dello spazio e si bandisca il concorso di idee. Il concorso sarebbe per Terni una grande operazione culturale e costituirebbe il presupposto per affrontare anche il problema del reperimento delle risorse necessarie; siamo infatti convinti che solo con un progetto di alto profilo si possa lanciare una campagna in grado di mobilitare l’apporto economico di Fondazioni bancarie, di Enti, Associazioni Culturali, di privati cittadini attraverso la legge sull’Art bonus, della Regione Umbria, del Ministero dei Beni e Attività Culturali e della Comunità Europea. Perché siamo altresì consapevoli che occorrerà l’apporto di molteplici soggetti per un investimento economico comunque rilevante, tale da tradurre in opere un prodotto di alto profilo progettuale, in grado di incarnare in campo culturale quell’aspirazione alla modernità e alla qualità che deve continuare ad essere uno dei tratti identitari della comunità ternana. Un prodotto all’altezza delle ambizioni che la nostra città, nonostante tutto, vuole ancora ostinarsi a coltivare”.

arch. Alessandro Almadori
arch. Giuseppe Andreoli
arch. Sandro Anelli
Studio Baldi Margheriti Associati arch. Luciano Baldi e arch. Paola Margheriti
arch. Carlo Bientinesi
ing. Luca Calzuoli
arch. Pierpaolo Canini
arch. Alessandro Capati
arch. Andrea Della Sala
arch. Pier Francesco Duranti
arch. Alessandro Fancelli
arch. Carlo Giani
arch. Silvia Giani
arch. Michele Giorgini
arch. Silvano Gismondi
arch. Manuela Gualtieri
arch. Alberto Matticari
Officina8 Associati ing. Stefano Bufi e arch. Patrizia Campili
arch. Valentina Savarese
arch. Simone Lorenzoni
MRarchitect arch. Matteo Romanelli
ing. Simone Scaccetti

(Questa è una lettera aperta, chiunque volesse aderire, può aggiungere il suo nome al primo gruppo dei firmatari, contattando questo numero: 0744 427243)

Il Movimento 5 stelle: “Sarà l’ennesimo cantiere eterno”

Ad intervenire sul Verdi è anche il Movimento 5 stelle di Terni: “Non bastava un teatro chiuso da anni: ci mancava solo la presa per i fondelli di tutta la cittadinanza e le associazioni interessate al tema. A più di un anno di distanza dalla bocciatura da parte del PD del nostro atto di indirizzo che prevedeva la presa in carico da parte del Comune di un progetto per il Teatro Verdi che si richiamasse al Poletti, la maggioranza ha nuovamente mentito a tutti. C’è stato recentemente – ricordano i pentastellati – un consiglio comunale aperto voluto dalle opposizioni su questo tema: la città con i suoi ingegneri, architetti, con le sue associazioni ha parlato chiaro: l’appalto dei lavori deve essere modificato, questo perché una volta effettuate le opere così come decise unilateralmente dagli uffici e dai politici del PD non sarà poi più possibile riproporre l’impianto polettiano, ma neppure un teatro moderno all’italiana. Un colpo al cuore all’identità della nostra città, alle radici gloriose che furono e che qualcuno si diverte a smantellare, anno dopo anno, consiliatura dopo consiliatura”.

“Un teatro – viene ricordato – chiuso ormai dal 2011. Un atto di commissione nel 2015 che come al solito veniva approvato da una maggioranza tesa ad allungare i tempi e silenziare la vivace attenzione sul tema con promesse ed impegni mai mantenuti. Avrebbero dovuto fermarsi e ragionare su una soluzione anziché andare avanti con la folle idea di un cinema-teatro per accontentare non si sa chi, di certo non la città. Ci mancavano le dichiarazioni di un dirigente comunale che si scorda di essere un tecnico e non un politico e che afferma che il Poletti non si può fare, che è un’idea anacronistica… bene, abbia il coraggio l’assessore Bucari, il sindaco Leopoldo di Girolamo e il capogruppop PD Cavicchioli di supportare le pazze argomentazioni del tecnico-politico e se la smettano di prendere in giro fior fior di professionisti, associazioni e cittadini che nella possibilità di un teatro moderno all’italiana ci credono.

Si è proceduto ad appaltare i lavori strutturali del primo lotto relativi al primo stralcio (demolizione e ricostruzione della torre scenica – recupero della copertura della sala – rifacimento murature sommitali) lavori finalizzati ad una veloce messa in sicurezza dell’impianto teatrale non supportati da una progettazione architettonica ampia e condivisa  che non lasceranno più spazio a soluzioni architettoniche svariate, diverse dal teatro attuale del dopoguerra, compresa l’eventuale scelta del teatro all’italiana tanto voluto dalla cittadinanza; lavori che vincoleranno ormai la riqualificazione del teatro come cinema-teatro  e niente di più. Abbiamo appreso in commissione che a detta dell’assessore Bucari non è possibile fermare i lavori né stralciarne una parte né proporre una variante  in quanto già appaltati. Ma noi crediamo che una variazione sia sempre possibile, se solo la si vuole fare. Il problema è politico, non certo tecnico, e il Partito Democratico deve assumersi la responsabilità delle loro scelte calate dall’alto.

Il progetto di “restauro adeguamento funzionale ed impiantistico del Teatro comunale Verdi primo stralcio funzionale” comprende svariate opere strutturali per un costo complessivo di circa 12 milioni di euro; a maggio partirà il primo lotto già appaltato per un totale di 2 milioni 900mila euro. Lavori che allo stato attuale non potranno quindi essere conclusi per mancanza di soldi: il Verdi sarà l’ennesimo cantiere eterno, il più grande nella delusione apportata ad un’intera città. Ha ragione Sgarbi a ricordarvi che smantellare un teatro come il Verdi non considerando l’opzione di ricostruzione polettiana è da folli, o semplicemente ignoranti, da persone prive di cultura e di buon senso”.

Crescimbeni: “La Giunta rispetti il volere dei cittadini”

A chiedere di rispettare il volere dei cittadini è anche il consigliere comunale di opposizione Paolo Crescimbeni. “Chi sono e cosa sono questi nani della cultura che si permettono di affermare che il Teatro Verdi non può essere riportato alle forme ottocentesche dei suoi esordi?” si chiede. “Chi vorrebbe, e perché, – aggiunge – un cinema-teatro che non piace e non serve a nessuno? Chi si permette di andare contro la volontà fermamente espressa dai cittadini e dalle associazioni culturali? Il Sindaco, l’Assessore alla Cultura e la Giunta la smettano con questo balletto, utile solo ad adottare alla fine scelte ‘necessitate’, e diano corso da subito alla modifica dell’appalto in consonanza con la necessità del teatro Poletti, aggiornato alla odierna tecnologia di posa e di ripresa, che solo potrà dare lustro alla nostra città”.

(aggiornato alle ore 18)