Teatro del Drago: "Li Romani in Russia" con Simone Cristicchi dopo il debutto a Mosca - Tuttoggi.info

Teatro del Drago: “Li Romani in Russia” con Simone Cristicchi dopo il debutto a Mosca

Redazione

Teatro del Drago: “Li Romani in Russia” con Simone Cristicchi dopo il debutto a Mosca

Gio, 02/08/2012 - 16:37

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Torna, dopo anni, il teatro in Piazza del Drago. La rassegna, curata da Cinzia Spogli, coniuga nomi noti del palcoscenico a spettacoli di alta qualità, e ha il merito di riportare in città una vera e propria stagione teatrale estiva. Venerdì 3 agosto ci sarà “Li Romani in Russia”, il racconto di una guerra con Simone Cristicchi, per la regia di Alessandro Benvenuti. Dalle 19 alle 21 e dopo la rappresentazione, ci si potrà intrattenere grazie al servizio bar della Libreria Kafè Trottamundo.
In caso di pioggia, gli spettacoli si terranno presso il Teatro B. Brecht di San Sisto.

Il grande cantautore romano incontra il teatro con un monologo dal forte impatto emotivo sulla scena la tragica epopea della ritirata di Russia raccontata con schiettezza ironica e stravagante umorismo per uno spettacolo evocativo di un pezzo della nostra storia.
“Li Romani in Russia”, che ha debuttato a Mosca il 31 ottobre 2010, nell'ambito di Solo, la rassegna internazionale del monologo che si è tenuta al Teatro Na Strastnom, è uno spettacolo di Simone Cristicchi, per la regia di Alessandro Benvenuti.
Già acclamato dal pubblico, “Li Romani in Russia” è un recital intenso in cui Simone Cristicchi non è soltanto narratore, ma attore naturale e credibile che racconta con passione e coinvolgimento la tragedia italiana della campagna in Russia.
Tratto dall'omonimo poema in versi di Elia Marcelli, il monologo racconta l'orrore della guerra attraverso la voce di chi l'ha vissuta in prima persona, come in un ideale incontro tra il mondo delle borgate di Pasolini e le opere di Rigoni Stern e Bedeschi.
Un teatro civile che si presenta nuovo soprattutto per la forma del testo, mediante l'utilizzo di due elementi: la metrica dell'ottava classica (quella dei grandi poemi epici) e il dialetto romanesco (la lingua del Belli) che rende la narrazione ancora più schietta e veritiera. Il risultato è un affresco epico che non omette particolari crudi e rimossi dalla storia ufficiale (il luogo comune degli italiani brava gente), e che diviene quanto mai attuale in un'epoca di bombe intelligenti e guerre umanitarie.
Il monologo corale di Cristicchi si può definire anche dialogo a più voci per Attore Solo. Le voci sono quelle di Gigi, Nino, Mimmo, Nicola, Peppe e Remo, uomini prima ancora di essere soldati. Il disegno luci elegante ed evocativo e la regia impeccabile di Alessandro Benvenuti, rendono questo spettacolo unico nel suo genere. Cristicchi fa sorridere e commuovere, riesce ad accompagnare gli spettatori tra la risata, amara e disillusa, fino al coinvolgimento emotivo più forte e intenso.
La trama – Lo spettacolo narra le disavventure di Giggi, Mimmo, Peppe, Nino, Nicola, Remo: un gruppo di giovanissimi soldati della Divisione Torino, spediti a morire da Mussolini nella famigerata campagna di Russia (1941-1943), l'episodio più drammatico vissuto dall'esercito italiano nella seconda guerra mondiale. Dopo la partenza dalla caserma della Cecchignola, tra le false promesse sull'esito positivo delle operazioni, i treni del regime portano via una generazione sorridente, giovane, sicura di tornare, perché la propaganda fascista inganna sulla realtà della spedizione. E la passeggiata si trasforma presto in tragedia: armi, abbigliamento e viveri insufficienti, inadeguati e ridicoli. Un esercito di straccioni e sbandati a cui rimangono solo fame, freddo, paura e il sapore della disfatta: partono 220.000 ragazzi; sulla strada del ritorno dalla Russia ne resteranno circa 90.000. Elia Marcelli è tra i pochi reduci che riportano a casa il dolore, la rabbia e il dovere di testimoniare la sua scomoda verità, raccontando passo passo la spedizione: la retorica religiosa della guerra giusta, l'addio a Roma, il lungo viaggio a piedi, i combattimenti, l'arrivo del Generale Inverno, il nemico; la solidarietà del popolo russo e l'egoismo assoluto dei soldati che rende l'uomo simile alla bestia; il rispetto del proprio dovere, la ritirata, la disfatta; la morte. Tra un capitolo e l'altro, ecco irrompere la voce stentorea e fiera dei proclami trionfalistici, tipica dei bollettini della radio di regime e simbolo di una disinformazione sulla quale anche all'epoca di fondava il consenso delle masse. L'appassionante avventura questi ragazzi poco più che ventenni è raccontata con uno stile cinematografico, rispettando in maniera assoluta la verità della storia, alternando i registri stilistici, dal grottesco al lirico, dal narrativo al tragico, mantenendo costantemente la narrazione sul livello d'una immediata leggibilità.

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