Il 15 maggio 2012 alle ore 21.00 presso il Teatro Secci di Terni con il patrocinio del Comune di Terni, l'Associazione Cinciallegro di San Gemini porta in scena “La Buona Novella” di Fabrizio De Andrè, con un arrangiamento musicale originale e un allestimento teatrale dell’opera. Il lavoro d’insieme qui presentato è il frutto di due percorsi integrati, uno musicale ed uno teatrale. Il laboratorio musicale si è fondato inizialmente su un lavoro di profonda analisi dell’opera originale, un attento studio sui piccoli particolari che la rendono unica, assolutamente da salvaguardare in qualsiasi rilettura o reinterpretazione. Se infatti si può trovare qualche anacronismo stilistico in certe scelte dell’arrangiatore (tutto sommato forse troppo legate alla cultura beat dell’epoca), è altresì innegabile l’assoluta genialità nella scelta delle parti corali, nell’utilizzo di melodie che spesso guardano verso il Mediterraneo ed il Medio Oriente, nell’uso di strumenti etnici. Nel rispetto di questi elementi è stato realizzato un nuovo impianto esecutivo, scegliendo una formazione composta di soli strumenti acustici, 4 voci (2 maschili e 2 femminili) ed una voce solista. L’organico, posizionato direttamente sul palco e parte integrante della messa in scena, esegue fedelmente tutti i brani dell’opera, rielaborando tuttavia nei vari momenti il materiale sonoro, ricostruendolo nella forma di “vocabolario” di temi ricorrenti, ritrattati e riproposti per imitazione o in contrappunto, ed infine affidando alcune parti all’improvvisazione. Il laboratorio teatrale, condotto nell’arco di due anni, ha inteso ricercare immagini tra le righe scritte e cantate, trarre pulsioni dalla partitura musicale. Ha voluto restituire dimensione, in forma caleidoscopica e sostanza carnale, a quelle figure simboliche e a quegli eventi “mitici” che sono ben presenti nel nostro vocabolario culturale, ma ancora forse poco compresi nel loro potenziale estraniante, spesso ostile alla prassi della vita, della relazione e complessità umana, che invece lo stesso De Andrè, raccontandoli con una straordinaria capacità critica, lucida e poetica, ha voluto indagare a fondo nella sua opera. Si è imposta così, nella ri-scrittura scenica, una visione dialettica tra mito e verità, legge e volontà, simbolo e natura. Si è resa necessaria un’azione di opposizione, di rifiuto alla potenza del “Logos” (in greco: λόγος) nel suo significato di parola, frase, discorso, ragionamento, ragione, ma soprattutto nell’accezione di imprinting culturale che, dal mondo greco fino ad oggi, dalla rappresentazione filosofica della natura a quella religiosa, ha ucciso il femminile per renderlo relativo al maschile. Questa lettura, imprescindibilmente, implica un atto preciso, un contenuto esplicito: il rifiuto della ragione, dell’ordine, del verbo senza conoscenza, delle idee senza immagine, delle icone piatte, del pensiero senza esperienza diretta, e sessuata, della realtà. Il movimento e le azioni degli attori diventano così carne che esprime un concetto, rappresenta un pensiero, crea un’immagine femminile che interpreta un rapporto con la vita, commenta un evento, fino ad arrivare a fondersi nel rumore del mare, nella sua visione, nella sua materia, nel movimento vivo che trasforma, che riporta alle origini non verbali una possibile conoscenza ed esperienza umana.