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Tasse, la classifica dei Comuni umbri

Le tasse locali? Un vero e proprio “bollettino di guerra” per le famiglie e soprattutto le imprese umbre. E’ quanto denuncia Cna Umbria, visti i numeri emersi dall’indagine condotta dall’associazione in collaborazione con il centro studi Sintesisull’andamento dei tributi versati da cittadini e imprese nelle casse di venti Comuni della regione dal 2011 ad oggi. In otto anni, infatti, le imposte sono letteralmente schizzate: +43% l’addizionale Irpef, +112% l’Imu/Tasi sui laboratori artigiani, +94% l’Imu/Tasi sugli opifici e +36% la Tari.

Provate voi a far sopravvivere un’impresa con aumenti della tassazione fino a tre cifre e un calo drastico degli introiti dovuto alla peggior crisi economica dal secondo dopoguerra – afferma Roberto Giannangeli, direttore di Cna Umbria -. La maggior parte di queste imprese si rivolge al mercato locale e quindi ha scontato la pesante contrazione dei consumi. Sul fronte delle uscite, invece, la crisi ha giocato al contrario, facendole lievitare. Infatti – prosegue Giannangeli – i Comuni hanno reagito alla riduzione dei trasferimenti statali, che in otto anni è stata del 57%, agendo sull’aumento dei tributi locali. Noi siamo consapevoli che i Comuni si sono trovati a dover coprire poste di bilancio improvvisamente scoperte, ma contestiamo che l’unica soluzione trovata sia stata quella di agire sulle imposte, soprattutto verso le imprese. Non c’è un solo Comune dove si sia intervenuti davvero sulla razionalizzazione della spesa, sulla riorganizzazione degli uffici e del personale, sul taglio degli sprechi. Prendiamo i cosiddetti Suape, gli sportelli unici per le attività produttive: a distanza di dieci anni dalla loro introduzione normativa, i Comuni dove funzionano sono pochissimi. Le pratiche e i tempi di risposta continuano a procedere come avveniva negli anni ’90. Anche dove ci sono stati tentativi di digitalizzazione di alcune procedure è aumentato l’utilizzo della carta, risolvendosi in una duplicazione di adempimenti e nell’allungamento dei tempi di risposta. Se le imprese avessero fatto come le amministrazioni pubbliche – incalza Giannangeli – non sarebbero sopravvissute al primo anno di crisi. Loro sì che hanno razionalizzato, risparmiato, ridotto i margini di guadagno, innovato processi e prodotti, cercato altri mercati!”.

Comuni umbri a confronto

La ricerca ha preso in esame le aliquote dei principali tributi comunali applicate nei principali venti Comuni dell’Umbria: Amelia, Assisi, Bastia Umbria, Castiglione del Lago, Città della Pieve, Città di Castello, Deruta, Fabro, Foligno, Gualdo Tadino, Gubbio, Magione, Marsciano, Narni, Orvieto, Perugia, Spoleto, Terni, Todi, Umbertide. Per l’addizionale Irpef, sono ben 14 i Comuni dove l’aliquota è quella massima consentita (0,8%), 4 quelli dove l’aliquota è modulata, mentre Assisi è l’unico Comune che non applica l’addizionale Irpef.

Per l’Imu/Tasi, l’indagine Cna ha preso in esame un laboratorio artigiano e un opificio. Sul primo grava una tassazione media di 610 euro l’anno, con Marsciano che si aggiudica il primato del Comune più caro (659 euro) e Deruta quello del meno esigente (506 euro). Sul secondo, invece, il tributo medio corrisponde a 2.942 euro, che sale a 3.153 euro a Narni e si ferma a 2.537 euro a Foligno.

Quanto agli introiti della Tari, che per legge devono coprire integralmente il costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nei venti Comuni presi in esame ammonta complessivamente a 146milioni di euro, pari a un gettito medio per abitante di 221 euro (dai 131€ di Gubbio, ai 287€ di Perugia), con un aumento del 7% negli ultimi 4 anni, ma del al 36% a partire dal 2011.

Tariffe rifiuti

Anche sui rifiuti solidi urbani – continua il direttore di Cna Umbria – i diritti delle imprese vengono spesso negati. Infatti quasi ovunque sono costrette a pagare la Tari anche sulle superfici dove vengono prodotti rifiuti speciali che le imprese già smaltiscono separatamente e a caro prezzo, con il risultato di pagare doppiamente. Basterebbe scorporare queste superfici da quelle su cui applicare la Tari, invece si costringono le imprese a chiedere il rimborso delle cifre non dovute e, laddove ci riescono, devono aspettare anni. Insomma, dovremmo smetterla di parlare sempre e solo di competitività e di produttività delle imprese, puntiamo piuttosto sulla competitività dei territori e quindi su una pubblica amministrazione efficiente, su una tassazione equa verso le imprese quali soggetti che producono lavoro e ricchezza per l’intero territorio, sulla chiusura del ciclo dei rifiuti, su una rete di infrastrutture materiali e immateriali che ci salvi da un isolamento storico, sulla tutela e la valorizzazione delle eccellenze“.

La spada di Damocle del Governo

Su un quadro generale già così pesante, oggi incombe la decisione del Governo di togliere il blocco all’aumento dei tributi locali che negli ultimi quattro anni aveva imposto ai Comuni di non superare i limiti imposti.

Il rischio concreto è che, non appena passata la tornata delle elezioni amministrative, i Comuni corrano a ritoccare al rialzo tutte le aliquote, a cominciare dalla Tari, visto che in Umbria non esiste un piano che preveda la conclusione del ciclo di smaltimento dei rifiuti nella regione. E portare i rifiuti fuori come facciamo adesso – conclude Giannangeli – costa molto caro“.