Con la delibera di Giunta numero 302 del 26 settembre, il Comune di Terni ha approvato una modifica al Regolamento di polizia urbana, che introduce l’obbligo per i rider di dotarsi di un tesserino identificativo comunale per poter effettuare consegne a domicilio.
Ogni rider dovrà presentare una domanda al Comune, allegando documenti personali, contratto con la piattaforma e prova della registrazione sanitaria (Osa), versare 20 euro per il rilascio del tesserino ed esporlo durante le consegne. La sanzione pecuniaria va dagli 80 ai 480 euro. Gli esercenti potranno anche rifiutare le consegne da parte di chi ne è sprovvisto.
“Si tratta di un provvedimento iniquo e punitivo, che dietro l’apparente intento di garantire sicurezza e legalità, scarica sui lavoratori autonomi più poveri la responsabilità di un sistema in cui le piattaforme continuano a eludere gli obblighi contrattuali, previdenziali e di sicurezza. Invece di intervenire sulle aziende del food delivery, si colpiscono i singoli rider, imponendo loro nuovi costi e adempimenti burocratici” ha dichiarato la segretaria generale di Nidil Cgil di Terni, Barbara Silvestrini. “Questo tesserino che rappresenta a tutti gli effetti una nuova gabella sui lavoratori poveri, rischia di aggravare la condizione di chi già vive in una situazione di precarietà estrema, alimentando discriminazioni e irregolarità. Mentre l’Unione Europea, con la direttiva 2024/2831, si muove per riconoscere diritti e tutele ai lavoratori delle piattaforme, Terni introduce un regolamento che va nella direzione opposta, burocratizzando il lavoro e criminalizzando la povertà, anziché intervenire sui modelli di business elusivi delle piattaforme” prosegue.
Nidil Cgil ha dunque chiesto al Comune di Terni di ritirare o sospendere l’attuazione della delibera e di aprire un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali per garantire la sicurezza alimentare e la tracciabilità attraverso il controllo sulle piattaforme, non sui lavoratori; promuovere l’applicazione del decreto legislativo 81/2008 in materia di salute e sicurezza; favorire il riconoscimento dei rider come lavoratori etero-organizzati, con i diritti e le tutele dei subordinati; promuovere la creazione di uno spazio condiviso, in centro città, per garantire possibilità di ristoro, di utilizzare servizi igienici, riparare i propri mezzi di lavoro e avere adeguata assistenza sindacale per questi lavoratori. “La legalità non si costruisce con nuove tasse sui lavoratori poveri ma con regole chiare per chi trae profitto dal loro lavoro. Serve una politica che guardi alle cause dello sfruttamento digitale, non ai suoi effetti” conclude Barbara Silvestrini.