Un gruppo di senatori bipartisan si schiera contro la riforma e promuove la consultazione popolare: «Ma non chiamateci comitato del No». Una raccolta firme per raggiungere la quota di un quinto degli eletti, prescritta dalla Costituzione, e richiedere il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, approvato definitivamente martedì scorso alla Camera.
E’ l’iniziativa promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi, sostenuta e presentata a Palazzo Madama da un gruppo bipartisan di senatori, ai quali e’ delegato il compito di arrivare a quota 64 firme. “Non si tratta di un’iniziativa di partito – ha detto il senatore di Forza Italia Andrea Cangini – ma di un’iniziativa spontanea destinata ad allargarsi. Penso che le istituzioni siano una cosa seria, ma lo spettacolo cui abbiamo assistito alla Camera martedi’ lascia pensare altro: manomettere la Costituzione non per migliorare la funzionalità delle istituzioni, ma per dare un segnale politico nella speranza di guadagnare qualche consenso, e’ grave e intollerabile. Sono tanti ormai – ha proseguito – i segnali che ci lasciano credere che le istituzioni siano minacciate. Credo sia nostro dovere difendere la democrazia rappresentativa e far svolgere un referendum popolare ha questo obiettivo: trasferire un dibattito che nel Palazzo non c’e’ stato, che e’ stato soffocato, nel Paese coi tempi e coi toni giusti”.
Tra gli altri senatori presenti, dal centrosinistra il dem Tommaso Nannicini ha osservato che “oggi non nasce un Comitato per il no ma un’iniziativa affinche’ il referendum ci sia, poi ognuno votera’ in coscienza. Si puo’ ridurre il numero dei parlamentari – ha osservato – si possono snellire le istituzioni, ma come conseguenza di una riforma organica che rende le istituzioni e i cittadini piu’ forti. Questo non e’ stato fatto, prendiamo atto che c’e’ un impegno forte dei capigruppo della maggioranza, da parlamentare di maggioranza che ha votato due volte no al taglio dei parlamentari, spero di poter votare si’ al referendum se ci saranno i necessari contrappesi”.
Laura Garavini, eletta all’estero nella ripartizione europa, fa parte della maggioranza che sostiene il governo Conte bis, ma condivide le riserve dei suoi colleghi che rappresentano i connazionali nel mondo, che alla Camera hanno in maggioranza evitato di approvare il taglio, “particolarmente penalizzante – ha osservato l’ex senatrice dem, oggi con Renzi – per le comunità italiane all’estero”. Anche perché, ha aggiunto, “in questi anni il numero degli elettori all’estero è aumentato del 20%, quindi il taglio penalizza in modo più forte questi concittadini”.
Per Cangini quella votata martedì scorso “è stata una riforma nata solo per esigenze di parte”, e il referendum ha come obiettivo quello di “trasferire nel Paese un dibattito che nel Palazzo non c’è stato”.
De Falco, dal canto suo, si è richiamato ai principi della democrazia diretta, cavallo di battaglia storico dei suoi ex colleghi di gruppo, ai quali ha chiesto di firmare per il referendum: “Come su ogni scelta importante, anche su questa riforma i cittadini dovrebbero avere il diritto di pronunciarsi”.
Infine, Davide Giacalone, della Fondazione Luigi Einaudi, ha riassunto il senso dell’iniziativa: “Non abbiamo parlamentari – ha detto – quindi non vogliamo tutelarci personalmente. Il tema e’ quello dell’istituzione Parlamento: un Parlamento può funzionare bene anche con meno parlamentari ma con determinate condizioni, di cui spero si riuscirà a parlare in campagna referendaria. Per ora nessuna di queste condizioni e’ all’ordine del giorno”.
Alla conferenza hanno partecipato anche gli ‘azzurri’ Nazario Pagano e Giacomo Caliendo, e il dem Gianni Pittella.