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SVELATO IL PROGETTO BIOMASSE A MADONNA DI LUGO, 3 IMPIANTI BRUCERANNO OLII VEGETALI

di Francesco de Augustinis

Non uno, ma tre impianti “pirogassificatori”, biomasse a combustione alimentate ad olio, sono al centro dell'ennesimo progetto ormai in via di attuazione, stavolta targato Coricelli e che sorgerà nell'area di Madonna di Lugo. Del progetto si parlava da tempo, più precisamente dallo scorso ottobre, quando la richiesta di un parere “ai soli fini idraulici” veniva avanzata da una società “sollevando un po' di polvere” e richiamando l'attenzione del consigliere comunale Carlo Petrini, che ne chiese conto in un'interrogazione alla maggioranza (leggi).

I primi approfondimenti sulla vicenda permisero di scoprire che le richieste di valutazione erano non una ma tre, afferenti a tre società diverse, tutte riconducibili, a quanto è dato sapere, all'azienda olearia spoletina: la Pietro Coricelli Spa, la Le Prata Green Power e la Il Barbarossa Green Power. Solo oggi, riuscendo ad esaminare le carte progettuali di quella richiesta, dopo un lunghissimo – e costoso – iter burocratico presso l'ufficio tecnico del comune di Spoleto, il circolo locale di Legambiente ha potuto svelare la verità sull'impianto in questione.

TRE IMPIANTI – Il primo mistero svelato è stato dunque quello delle tre società che chiedevano lo stesso parere all'Arpa quasi simultaneamente: i pareri, infatti, erano destinati a tre diversi impianti, tutti da realizzarsi nello stesso sito di Madonna di Lugo, dove l'azienda olearia ha la sua sede.

Il motivo del triplice impianto è spiegato a chiare lettere dall'associazione ambientalista, che più volte a livello nazionale ha fronteggiato questo modo di aggirare le normative attualmente vigenti. Per un impianto energetico di 1000 kilowatt o superiore, infatti, la legge nazionale prevede che i progetti passino al vaglio della Valutazione di impatto ambientale (Via), un iter burocratico molto dettagliato, che richiede la partecipazione di diverse istituzioni. Restando invece al di sotto di questo limite, i progetti possono usufruire di un iter abbreviato, pensato per degli impianti di servizio per le aziende agricole, basato in sostanza su un autocertificazione di compatibiltià ambientale, corredato da diversi pareri, come quello citato redatto dall'Arpa, che si limita valutare l'impatto idrogeologico. Oltre a un normale processo partecipativo, dunque, questi piccoli impianti possono evitare una valutazione complessiva riguardo l'impatto ambientale del progetto nel suo complesso, come avvenuto ad esempio -restando a Spoleto- nel caso dell'inceneritore a pollina di Novelli. Ecco dunque l'escamotage di proporre tre impianti, ciascuno della potenza di 950 kilowatt, evitando le difficoltà che invece incontrerebbe un impianto da 3 megawatt, una vera e propria centrale.

BIOMASSE SPORCHE E PULITE – Altro nodo svelato da Legambiente riguarda il tipo di impianto in questione. In Italia oggi il termine biomasse indica un calderone di sistemi produttivi dell'energia, che vanno dai pirogassificatori ai biodigestori. Sebbene tutti siano premiati dagli incentivi per le energie rinnovabili -come accadrà per l'impianto a pollina di Novelli e per quello in questione di Madonna di Lugo – l'impatto ambientale degli impianti varia moltissimo a seconda del sistema di produzione adottato. Legambiente, analizzando il progetto, spiega come il nuovo progetto sia un impianto di cogenerazione -ovvero che produce energia e calore insieme – funzionante tramite la “pirogassificazione” – ovvero bruciando degli olii vegetali.

“Bruceranno olii di diverso tipo: jatropha, olio di palma, girasole, colza e soia”, scrive Legambiente in una lettera aperta al sindaco di Spoleto. “Non se ne conosce la provenienza ma sicuramente non sarà locale, dal momento che per alimentarli occorrerebbero circa 4.500 ettari di terreno per avere colture sufficienti per la produzione degli olii vegetali da bruciare”. Secondo l'associazione ambientalista, essendoci al momento un vuoto normativo, sarà a discrezione dell'azienda decidere come approvvigionarsi dell'olio. “L'olio probabilmente arriverà da colture intensive in Romania”, spiega Stefano Petruccioli a TuttOggi.info. “Perché è quello più a buon mercato tra quelli che godono degli incentivi comunitari proveniendo da paesi appartenenti alla Cee”.

IL VUOTO NORMATIVO – Come anticipato alcuni mesi fa (leggi), la regione ha da gennaio in cantiere una normativa che regola la costruzione degli impianti a biomasse, settore in cui a livello nazionale persistono significativi vuoti normativi. “Con le nuove linee guida l'impianto sarebbbe stato bocciato”, dice ancora Petruccioli. “Le linee guida (non ancora approvate, ndr), indicano infatti che gli impianti a biomasse devono utilizzare materiale organico proveniente da una distanza massima di 30 km. Inoltre prevedono un sistema per evitare questo spacchettamento degli impianti in altri più piccoli”.

Legambiente scrive nella lettera aperta come l'energia rinnovabile da biomasse perda senso in questo modo: “se si importa la materia prima, il trasporto a lunga distanza può determinare l'insostenibilità dell'intera filiera (ossia il suo bilancio energetico e ambientale)”, senza contare i metodi di coltivaizione intensivi, che finiscono per danneggiare l'ambiente oltre ad aggravare ulteriormente il bilancio ambientale.

L'ACCUSA ALL'AMMINISTRAZIONE – L'associazione ambientalista si scaglia contro l'amministrazione comunale, rea di non aver reso partecipe la popolazione, come nel caso dell'impianto poi tramontato di Santo Chiodo e quello in fase di ultimazione di Novelli. “Ma l'amministrazione si ricorda che tra i suoi principali compiti c'è quello di garantire l'interesse pubblico e della collettività e che spesso questo non coincide con quello privato?”, si chiede retoricamente l'associazione. Il vicesindaco Stafano Lisci, da poco delegato assessore all'ambiente del comune, non ha saputo dare informazioni in merito all'impianto, su cui ha detto di esserne solo al corrente, non conoscendone però i dettagli.

“Crediamo che non si possano prendere decisioni così rilevanti per una comunità senza coinvolgere i cittadini, soprattutto per quanto riguarda la salute, l'ambiente in cui viviamo, la qualità della vita”, rincara Legambiente, che ha detto di stare valutando “attentamente con il nostro centro di azione giuridica la possibilità di ricorrere al Tar”. L'associazione ha invitato l'amministrazione ad avviare urgentemente un proceso di informazione al pubblico su quanto sta accadendo.

LO STATO DELL'OPERA – Non è ancora chiaro a che punto sia l'impianto. Secondo Petruccioli, le “tre ditte” Coricelli “hanno già in tasca tutti i permessi necessari, per cui è del tutto verosimile che i lavori siano addirittura già partiti”. Secondo le prime stime di Legambiente, che farà ora studiare il progetto ai suoi esperti, grazie agli incentivi l'impianto frutterà alle aziende “non meno di 0,28 cent/kWh se l'olio proviene da filiera certificata secondo le regole della Ue o di 0,18 cent/kWh se l'olio proviene da paesi non UE. L'impianto può rendere approssivativamente, al netto dei costi di investimento, dai 3 ai 4 milioni di euro in 15 anni”.

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