Straordinario apprezzamento e successo per “Tutto il bello della Solitudine”, scritto da Selene Carbonelli e andato in scena al Teatro Clitunno di Trevi nelle date dell’11 e 12 novembre scorsi. La regia della Piece è stata di Graziano Sirci, attore e regista trevano che collabora da 28 anni con l’Opera Mons. Bonilli di Trevi, l’istituzione delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto, da tempo trasferitesi a Trevi. Sirci infatti ha guidato con la consueta passione le ospiti dell’Istituto, che sono state le vere protagoniste dello spettacolo.
Quando si tratta di solitudine, spesso il bicchiere è mezzo vuoto. Di solitudine si soffre, non si gode. La solitudine è nera, ammantata di buio, mai vestita di luce e di solito la si fugge e anche quando la si desidera, anche quando viene ricercata con consapevolezza e accolta con favore, non sarà per sempre, ma solo per un po’, perché “passeggera” è condizione sine qua non.
In inglese ci sono due parole diverse per richiamare e distinguere le sfumature della solitudine: solitude e loneliness, rispettivamente quella voluta e quella subìta.
Nella lingua italiana, invece, non c’è spazio per il piacere della solitudine e i sinonimi, se possibile, sono anche peggio: isolamento, abbandono, segregazione non evocano niente di buono, sono parole tremende e pesanti.
Sarà meglio prenderla alla leggera, allora, e affrontare il tema della solitudine con un po’ d’umorismo, come fosse un gioco o uno scherzo, anziché farsi risucchiare nel suo buco nero.
Anche perché, a dare spessore e densità provvedono Soave, Maria, Virginia, Consiglia, Anna e le altre Fragili Attrici, che forse meglio di chiunque altro conoscono il malessere e il dolore che avanzano quando la condizione di transitorietà decade e la solitudine mette radici. Ma non è così. Da sensibili investigatrici dell’anima quali sono, hanno scandagliato a fondo questo sentimento, per poi fare affiorare dai suoi recessi riflessi positivi.
I loro pensieri sono il fulcro di questo spettacolo, le riflessioni che hanno scritto sono parte essenziale del testo che va in scena. Per dirla tutta, ne sono autrici, nonché interpreti.
Rispetto a loro, io non ho saputo fare altro che tracciare una linea verticale e dividere in due colonne: nella prima, ho messo tutto il negativo – depressione, angoscia, apatia, paura, emarginazione – nell’altra, il positivo – indipendenza, libertà, autonomia, scoperta, intimità. Poi, ho scarabocchiato una croce sulla prima colonna, d’istinto, e tirato un sospiro di sollievo: per una volta tanto, sarà tutto il bello della solitudine. (Selene Carbonelli-autrice)