Ha registrato grande interesse di pubblico e partecipazione, con vivace dibattito a conclusione del pomeriggio, la conferenza organizzata dal Kiwanis Club Foligno sullo scottante quanto attuale tema dell'immigrazione con particolare riferimento ai minorenni che arrivano nel nostro Paese senza genitori o senza familiari. Sono quelli che la legge, in vero molto complessa, definisce in Italia “minori non accompagnati”.
Ne hanno parlato la dottoressa Giovanna Totero, presidente del Tribunale per i minori di Perugia; l'avvocato Serenella Mosconi, presidente eletto del Kiwanis Club Foligno ed esperta in materia di tutela dei minori; l'assessore alle politiche per l'istruzione e la formazione Rita Zampolini, la dottoressa Maria Sandra Minciarelli, dirigente scolastico del II Circolo didattico di Foligno: tra i numerosi interventi anche quelli dell'assessore all'infanzia Maria Frigeri e del dottor Giuseppe Lio dell'associazione “Aiutiamoli a vivere”. Ha introdotto i lavori il presidente del Kiwanis Club Foligno. Francesco Paci. Le relazioni sono state incentrate sulle esperienze dirette degli stessi relatori: dalle esperienze nella scuola di Santa Caterina, dove si porta avanti – anche con il sostegno dell'amministrazione comunale – un programma di integrazione dei bambini stranieri con il coinvolgimento delle mamme; alle attività istituzionali degli enti pubblici in Umbria ed in particolare del Comune di Foligno, fino al quadro meno idilliaco dei casi che approdano in tribunale. La dottoressa Totaro ha fornito un quadro dettagliato e pratico della situazione, riferendosi genericamente anche ad alcuni casi verificatisi proprio a Foligno, uno dei quali ha visto un minore immigrato diventare nel tempo l'omicida di un folignate.
Quel minorenne era stato accolto in Umbria e a Foligno come effetto della Missione Arcobaleno del nostro Paese in Albania, con la Regione Umbria che all'epoca stanziò diciannove milioni di vecchie lire per garantirgli assistenza ed istruzione. Il dibattito, che è stato moderato dal giornalista Giovanni Bosi, si è particolarmente appassionato sul ricorso alle impronte digitali per consentire l'identificazione degli immigrati sprovvisti di documenti o comunque di cui non è certa l'identità, non solo come strumento di repressione ma come opportunità nel tempo per garantirne la tutela sanitaria ed il ricongiungimento familiare.