Il fatto non sussiste o non costituisce reato. Con questa del Gup Luca Semeraro oggi sono state assolte e prosciolte le quattro persone che a vario titolo erano state indagate e quindi rinviate a giudizio a seguito della morte, per mano del poi suicida Andrea Zampi, delle due dipendenti della Regione Umbria Margherita Peccati e Daniela Crispolti, in quella che a tutti è nota come la “strage del Broletto”.
Era il 6 marzo del 2013, quando le due dipendenti della Regione, Margherita Peccati e Daniela Crispolti hanno perso la vita sotto i colpi esplosi dalla pistola di Andrea Zampi. L’uomo, armato di una pistola Beretta 9 per 21 entrò negli uffici del Broletto e fece fuoco contro Margherita di 61 anni e Daniela di 46 anni. Seminando il terrore al quarto piano del palazzo, quell’uomo, affetto da disturbi mentali, ha lasciato dietro di se una strage che l’Umbria non potrà mai dimenticare. Due donne che stavano svolgendo il loro lavoro, hanno perso la vita per il gesto di un uomo con pregressi problemi psichici che ha poi usato quella stessa pistola per togliersi la vita. A muovere la furia dissennata di Zampi, la rabbia per i mancati finanziamenti alla sua azienda.
Erano imputati in quattro (di un quinto indagato la posizione era già stata archiviata) difesi dagli avvocati Franco Libori, Rita Urbani, Francesco Falcinelli e Marco Angelini. Il sostituto procuratore titolare delle indagini Massimo Casucci aveva chiesto una condanna per il medico che rilasciò il certificato utile a Zampi per richiedere il porto d’armi ad uso sportivo con il quale acquistò l’arma del delitto e per la dirigente della questura di Perugia ( che avevano chiesto il rito abbreviato) a 14 mesi e 20 giorni di reclusione per il primo e ad 8 mesi per la seconda. Per gli altri indagati invece, il pm Casucci ha chiesto il rinvio a giudizio. Perchè secondo il pm però quella strage forse si sarebbe potuta evitare non fosse stato per alcune presunte condotte colpose che hanno permesso a Zampi di comprare una pistola nonostante i Tso (trattamenti sanitari obbligatori) che aveva alle spalle ed una storia clinica fatta di trattamenti volti a curare disturbi del comportamento (elettroshock). Il medico in particolare era accusato di aver falsamente attestato l’assenza di disturbi mentali pur sapendo che lo Zampi fosse seguito per disturbi mentali e avendogli più volte lui stesso prescritto sostanze psicotrope. Rispetto ai funzionari della questura che rilasciarono il porto d’armi i capi di imputazione facevano riferimento ad imprudenza, negligenza e imperizia per non aver verificato e accertato nella banca dati la presenza di un decreto di divieto assoluto di possedere armi diretto dalla Prefettura allo stesso Zampi. Oggi il giudice ha dato ragione alla difese.
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