Un fenomeno in continua espansione: in Italia si calcola che l’assunzione di badanti e collaboratrici domestiche sia sempre più frequente, anche nelle regioni del sud. Ad oggi una famiglia su dieci ne assume una, e si prevede che per il 2030 ce ne saranno 500mila in più. In percentuale, sono perlopiù le donne a svolgere questo lavoro, ma non mancano gli uomini che vi si cimentano. Inoltre, dai dati de Il Sole 24Ore, tre collaboratori su quattro non sono italiani, e la metà provengono dall’Est europa. L’età media non supera i 35 anni. I numeri ufficiali sono ben difficili da calcolare, anche per questo l’Inps ha già costituito da diversi anni iniziative come gli “sportelli badanti“, nati per far incontrare in maniera trasparente domanda e offerta di lavoro, e per evitare il dilagare del lavoro nero, nonostante molti aggirino la legge dichiarando un numero di ore lavorate inferiore alla realtà, o versando solo i contributi necessari per mettersi in regola.
Storie di badanti e badati
Un mondo molto variegato, che il più delle volte va onestamente e con successo a colmare un’esigenza crescente di assistenza familiare, ma che spesso suggerisce trame cinematografiche, tra cronaca nera e rosa che movimentano la geografia del fenomeno: truffe, risse e cuori spezzati sono solo alcuni dei canovacci delle storie più frequenti che hanno come protagoniste badanti e collaboratori domestici. E come racconta a Tuttoggi.info un noto consulente del lavoro di Perugia, sono ormai centinaia le storie di datori di lavoro e dipendenti che finiscono nelle aule di Tribunale, cercando nella legge una soluzione.
Il falso contratto “a nero”
Una storia curiosa quella finita appunto di fronte al Tribunale di Perugia, che vede un uomo residente nel capoluogo umbro letteralmente gabbato da una donna di origini rumene. L’uomo (che chiameremo signor Rossi) aveva assunto alle sue dipendenze una donna come collaboratrice domestica, la quale, durante la settimana abitava in casa con la famiglia Rossi, accudendo come badante la madre del datore di lavoro, e avendo invece libero il fine settimana. Durante il week end aveva invece trovato alloggio con una sua “collega”, anche lei rumena. A lei racconta tutto quello che aveva visto nella casa del signor Rossi: gli abiti, la disposizione delle stanze nella casa, il profumo indossato dal datore di lavoro, i gusti culinari. Dopo cinque mesi di servizio, la donna è però costretta a lasciare l’Italia per tornare dalla sua famiglia in Romania. E’ lì che scatta il piano diabolico dell’amica: la donna infatti sporge denuncia alla polizia, dichiarando di essere stata impiegata in nero presso il signor Rossi e chiedendo il dovuto risarcimento. Immediate le indagini dell’ispettorato del lavoro, che convocano il signor Rossi per interrogarlo: ogni racconto della falsa collaboratrice corrisponde a verità, dagli abiti, alle cene con gli amici. La storia finisce in Tribunale, e il signor Rossi va in fondo alla vicenda. Fino a quando, durante la deposizione della falsa collaboratrice domestica, l’avvocato della difesa non la prende in contropiede, chiedendole quale fosse la marca dell’aspirapolvere utilizzata dalla donna per le pulizie in casa. Ed è qui che “casca l’asino”: la donna non riesce infatti a rispondere alla domanda puntuale, uscendo dall’aula di Tribunale “sconfitta” e con la coda tra le gambe. Il signor Rossi è invece riuscito a dimostrare di essere nel giusto.
La rissa
Altrettanto particolare è la vicenda accaduta ad un altro uomo perugino, avvalsosi dell’aiuto in casa di Pedro (nome di fantasia), dominicano, transessuale. Il collaboratore diviene il protagonista, durante una cena in casa del datore di lavoro, di una rissa” con uno degli invitati. Pedro riferirà alla polizia, una volta recatosi in commissariato per sporgere denuncia, di aver ricevuto un pugno da uno dei commensali, che lo aveva prima insultato per le sue tendenze sessuali. Ma anche in questo caso la vicenda si rivela una truffa per ottenere un risarcimento: Pedro ha messo in scena tutta la storia per “spillare” dei soldi (aveva chiesto all’inizio diverse decine di migliaia di euro), spinto dalla sorella, anche lei in Italia, disoccupata e in cerca di denaro per vivere. A smascherare la truffa sarà il referto medico, che non rivelerà alcuna contusione sul corpo di Pedro.
Sedotto e abbandonato
E’ invece la storia di un cuore spezzato quella di un uomo di 86 anni, della provincia di Perugia, rimasto solo dopo la morte della moglie e innamoratosi della sua badante rumena. Un amore corrisposto solo nel primo periodo del servizio della donna, 60enne. Quest’ultima avrebbe provato a convincere l’uomo a seguirla in Romania, paese dove risiede tutto il resto della sua famiglia. Ma i figli dell’86enne perugino si sarebbero opposti, convinti che la donna stesse con lui solo per denaro, creando però una profonda frattura con il padre. La reticenza nel trasferimento in Romania dell’uomo condanna dunque la storia con la sua badante, che si licenzia e torna in Romania, forse, sulla base della denuncia presentata dai figli alle forze dell’ordine, con un bel malloppo. L’86enne, con il cuore spezzato non si dà però per vinto: a dargli una mano in casa e ad accudirlo ora c’è già un’altra badante.
Il vademecum
Per riuscire a districarsi in questo mondo insidioso di assunzioni a badanti e collaboratrici domestiche, in Italia adesso c’è un vademecum, predisposto dal Ministero del Lavoro e che riassume tutte le norme che regolamentano questo tipo di rapporto lavorativo, dal salario alle ferie. Ad esempio, i collaboratori hanno diritto a non lavorare nei giorni di: Natale e Santo Stefano, Capodanno, Epifania, Lunedì di Pasqua, festa della Liberazione, festa del Lavoro, festa della Repubblica, Ferragosto, Tutti i Santi e Immacolata Concezione, più il giorno del Santo Patrono del luogo dove si svolge il rapporto di lavoro. Inoltre, il contratto a tempo determinato stipulato con badanti e collaboratori domestici deve essere stipulato in forma scritta, mentre la legge tende a “premiare” i rapporti a tempo indeterminato, soprattutto da un punto di vista pensionistico, innalzando di un 1,4% i contributi per i contratti a termine. Infine, dato che le assunzioni riguardano sempre più spesso stranieri, il rinnovo del permesso di soggiorno va effettuato almeno 60 giorni prima della scadenza, sia che si tratti di tempo determinato che indeterminato. Il nuovo permesso avrà dunque una durata equivalente a quello scaduto.
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