Dopo il decreto con cui il Tar dell’Umbria ha di fatto bloccato l’apertura della caccia, accogliendo la sospensiva per molte specie richiesta nel ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste, la materia venatoria diventa argomento di scontro politico.
Già alcune associazioni venatorie aveva guardato con sospetto al fatto che i ricorsi degli ambientalisti fossero stati presentati, anche se non in modo esclusivo, in diverse Regioni governate dal centrodestra (interessano Marche, Emilia Romagna, Umbria, Liguria, Lombardia, Sicilia). D’altro canto, in Umbria il mondo ambientalista aveva già lamentato la concessione della preapertura per la caccia alla tortora, pur con molte limitazioni, da parte dell’assessore Morroni, candidato alle elezioni politiche.
Un sospetto, quello su presunti “favori” per avere il voto dei cacciatori, che il Wwf ha ribadito, commentando l’accoglimento della sospensiva da parte del Tar: “La fauna selvatica non può essere materia di scambio elettorale“.
Se effettivamente si è trattato di un tentativo di aggraziarsi il voto dei cacciatori, questo è riuscito male, dato che molte associazioni venatorie sono pronte a chiedere la testa dell’assessore Morroni a due settimane dalle elezioni politiche che lo vedono candidato nella lista di Forza Italia.
Da Terni Arci Caccia chiama in causa “le divisioni politiche interne alla maggioranza di governo della Regione Umbria“. Ma anche le altre associazioni che, trovando sponda nella politica, hanno “fatto slittare l’approvazione del Calendario venatorio al 5 agosto“. Difende l’operato di dirigenti e funzionari regionali, chiamati invece in causa, insieme alla politica, da altre associazioni venatorie, da cui Arci Caccia prende ancora di più la distanza.
Federcaccia Umbria, come da mandato al suo presidente nazionale, Massimo Buconi, ha presentato un controricorso, con cui si chiede di annullare la sospensiva o, in subordine, di limitarla ad alcune specie. E soprattutto di anticipare la data fissata per il giudizio di merito sul ricorso ambientalista, prevista per il 4 ottobre. “Annata terribile questa per la caccia in Umbria – scrive la Federcaccia regionale – sta succedendo di tutto, come in un thriller i nostri interventi di dirigenti venatori si incrociano a quelli degli enti e degli anticaccia. Con una tempistica forse anticipata perché ci dà il tempo per controbattere le solite
associazioni che ostinatamente ed in ogni modo cercano di colpire il mondo venatorio, arriva
un ricorso che inaspettatamente viene parzialmente accolto in tempi rapidissimi. Il 4 settembre viene firmato il ricorso, il 5 gli enti in indirizzo protocollano la notifica , la regione clamorosamente non lo traccia e niente popò di meno che il 7 mattina il giudice monocratico si pronuncia e anticipa la sospensione di molte specie e di una generica piccola selvaggina fino alla sentenza del 4 ottobre“.
Federcaccia, pur con i tempi così ristretti, è riuscita in un solo giorno a scrivere le controdeduzioni ed a presentare un ricorso contro il provvedimento del presidente del Tar. “Federcaccia che in queste settimane lavora intensamente per i suoi tesserati – scrive l’associazione regionale – ancora una volta si trova pronta davanti alle avversità dello Stato, potere giudiziario compreso. Ora ci aspettiamo che chi ci ha portato a questo punto si impegni seriamente a trovare una soluzione, a partire dalla Regione Umbria“.
Attaccano la Regione, ma dal versante opposto, i Radicali di Perugia, che nella determinazione del Tar vedono confermati i timori manifestati in estate per la fauna selvatica. Parlano di “politica miope della Giunta regionale“, che ha approvato il Calendario venatorio contro il parere dell’Ispra.
Un “politica maldestra della Giunta Tesei“, proseguono, che si è vista anche in occasione della pre apertura della tortora con il sistema di conteggio dei capi abbattuti attraverso un sistema digitale “che, dopo due ore è stato bloccato per il raggiungimento del limite del carniere. Un’app il cui funzionamento è durato pochissimo. Sarà interessante sapere quanto questa preapertura è costata al contribuente“.
Di danni economici parlano però anche i cacciatori umbri. Che ricordano quanto versato ogni anno per le licenze (circa 4,5 milioni di tasse di concessione governative e 2,2 milioni alla Regione). E l’indotto generato dalla caccia, stimato in Umbria in quasi 120 milioni di euro.
Si chiedono chi risarcirà i cacciatori umbri i consiglieri regionali della Lega, Manuela Puletti e Valerio Mancini. Che punta l’indice contro i ricorsi “strumentali” presentati dagli ambientalisti contro le amministrazioni regionali di centrodestra. Ed esprimono in Umbria “dubbi e perplessità sul lavoro burocratico portato avanti da alcuni attori coinvolti”. I due esponenti leghisti evidenziano il danno economico prodotto a tutto il comparto. E, “se c’è un responsabile”, aggiungono, che “possa pagare per questa ennesima ingiustizia fatta nei confronti dei cacciatori”.
Auspicando che per il prossimo Calendario venatorio si inizi a lavorare dall’inizio dell’anno.
Dai tribunali, alla politica, all’economia: la caccia, in Umbria, diventa uno dei principali terreni discontro.
(ultimo aggiornamento ore 13.58)