Di fronte alle richieste della Lega di consentire la caccia anche fuori dal territorio comunale, nell’Umbria arancione nella fascia di rischio Covid individuata dall’ultimo Dpcm, le associazioni ambientaliste e animaliste regionali si sono incontrate.
Il Coordinamento Animali Territorio Ambiente Umbria, al termine del confronto, chiede “la immediata chiusura di ogni tipo di attività venatoria nella Regione, preso atto dell’altissimo indice di contagi e di morti per Covid19 in Regione con apertura addirittura di ospedali da campo e chiusura già avvenuta degli ospedali di Pantalla, Narni e Amelia, della età media dei cacciatori con prevalenza di anziani over 65. E della fortissima possibilità di diffusione del coronavirus sia per le attività che decine di persone svolgono assieme all’aperto e al chiuso, sia anche nel caso di cacciatori singoli con spostamenti continui ovunque sul territorio, tra comuni e anche tra province e regioni e senza alcuna possibilità effettiva di tracciamento, con grave rischio oggettivo di diffusione della malattia”.
Raccolta delle olive fuori dal comune,
arriva la risposta del Governo
Insomma, se la Lega e parte del mondo venatorio chiedono un’interpretazione estensiva dei divieti del Dpcm nelle zone arancioni per quanto riguarda la caccia, gli animalisti vogliono una stretta ancora più forte, con lo stop anche nei rispettivi comuni di residenza. E lo chiedono alla vigilia di una settimana in cui, soprattutto su impulso della Lega, si teme da parte del mondo animalista un allentamento dei divieti in Umbria.
“In questo momento in cui si stanno chiedendo sacrifici a tutti e addirittura si prevede di potersi riunire a Natale solo tra parenti di primo grado – si legge ancora nel documento a firma del Coordinamento Animali Territorio e Ambiente Umbria – è inaudito che possa proseguire la caccia: attività voluttuaria che non è socialmente necessaria. Poiché, diversamente da quanto dichiara la consigliera regionale Peppucci, gli abbattimenti dei selvatici per pubblica incolumità spettano per legge agli agenti di PG a ciò preposti. E che invece, avendo causato ben 27 morti e 68 feriti solo nell’ultima stagione venatoria, è fonte certa di pericolo per tutti i cittadini che volessero attuare una delle poche attività di benessere oggi possibili, quella di poter camminare da soli all’aperto nella natura”.
“Inoltre, in caso dei frequenti infortuni – proseguono gli ambientalisti – si vanno ad oberare ospedali e la macchina dei soccorsi: tanto che sono state vietate le attività C.A.I., ad alto rischio, ma non più di quelle venatorie”.
Gli ambientalisti denunciano che “si moltiplicherebbero con oggettiva certezza le modalità di contagio da Covid19” qualora la caccia rimanesse aperta nella Regione Umbria, zona per ora arancione “ad altissimo tasso di diffusione della pandemia”. Consentendo “addirittura spostamenti fuori Comune” come richiesto dal capogruppo regionale della Lega Pastorelli. “Cioè permettendo attività venatorie – prosegue la nota del Coordinamento – svolte spesso da soggetti a rischio per età e per le quali è oggettivamente impossibile, nel corso di una braccata, evitare assembramenti di gruppo, rispettare le distanze di sicurezza, indossare le mascherine, effettuare tamponi e tracciamenti”.
Consentire ancora la caccia ed anzi permettere gli spostamenti dei cacciatori fuori dal proprio comune, per il Coordinamento Animali Territorio Ambiente, porterebbe ad “ipotizzare il reato di cui all’Art. 452 C.P (epidemia colposa)”.
Richieste, quelle del Coordinamento Animali Territorio Ambiente, presentate formalmente con una lettera indirizzata ai prefetti di Perugia e Terni, ai vertici delle forze dell’ordine, della Regione Umbria e delle autorità sanitarie.