Qualche tempo fa (era il 2016) la ballerina e coreografa Marianna Kavallieratos, in occasione di un workshop con la presenza della famosa artista e performer Marina Abramovich, condivise con il pubblico presente alcuni estratti video di alcune sue precedenti opere di danza, sottolineando che il suo lavoro riguardava il movimento e la composizione: “I movimenti inclusi sono semplici e tutti legati ai piedi e richiedono molta preparazione mnemonica oltre alla memoria del corpo”.
Subito dopo la coreografa fece ascoltare una musica specifica chiedendo ai presenti di seguirla nei suoi passi di danza, con una divertita partecipazione del pubblico e della stessa Abramovich.
Ecco, lo spettacolo They, andato in scena ieri 12 luglio, al Piccolo Teatro del Complesso di San Nicolò, al suo atteso debutto per Spoleto61, aveva tutta l’aria di rappresentare lo stesso percorso illustrato dalla Kavallieratos al citato workshop.
Recita il programma di sala dello spettacolo per il Due Mondi: Con They esploriamo il concetto di transgender e l’identità sessuale della natura umana. Osservando il mondo di due creature che entrano nel loro universo di convivenza, trasformazione e infinito gioco di ruoli.
Due creature viaggiano attraverso i loro privati microcosmi e immaginari universi.
Loro talvolta coesistono e altre volte litigano tra loro; loro si incontrano e spariscono, ora esplorandosi, ora ignorandosi l’uno con l’altro.
Loro si trasformano costantemente e vacillano sull’orlo tra passione e odio, modificandosi e interrogandosi ogni volta nella fluidità del desiderio sessuale e della loro indefinita identità.
Definire l’identità di qualcuno, nel mondo contemporaneo, è diventato il modello per la liberazione. Al contrario la nostra preferenza sessuale non implica necessariamente una nostra identità di genere. Il nostro genere biologico non è strettamente connesso con il nostro genere sociale.
Ora, volendo abbandonare la parte più pruriginosa del problema, ovvero quella della identità sessuale, che forse è stata anche il motore di una certa attesa per questo debutto, quello che invece a nostro parere non va messo in secondo piano è lo straordinario lavoro fatto dalla Kavallieratos sul movimento e sulla memoria del movimento stesso, come una sorta di drammaturgia per una piece senza testo scritto e con suoni assenti o rarefatti.
Non dimentichiamo poi che la coreografia presentata al Due Mondi è frutto di un progetto sviluppato nell’ambito di The Watermill Summer Program diretto da Robert Wilson con il supporto economico del Ministero della Cultura Greco. E che alcuni riferimenti di questa genesi si sentono, eccome. Non ci sono i “tratti somatici” tradizionali dei lavori wilsoniani, ma in They si può trovare molto, ad esempio, del minimalismo di Lucinda Childs, tanto per citare un riferimento fresco ed attuale. La parte coreografica introduttiva, che sarà poi anche una sorta di canovaccio da riprendere in mano ogni qualvolta c’è un passo in avanti della trasformazione, ne è un esempio tangibile.
Nel programma di sala si parla di due creature in movimento nel loro infinito gioco di ruoli. E se invece di due si trattasse dello stesso soggetto in cerca di equilibrio tra due concetti opposti ma appartenenti entrambi al senso della vita?
I costumi indossati dai due bravissimi co-coreografi e performers Alexandros Vardaxogloy, e Alexis Fousekis hanno la grande capacità di confondere nelle intenzioni il pubblico. Qualcuno li scambia per sottane da seminarista, altri invece come richiami evidenti alle rendigote fuori misura del film Matrix. In ogni caso perfette per i movimenti coreografici in scena, dove il dettaglio più interessante è l’occhiata intermittente l’uno verso l’altro, in alcuni passi a due, per controllare se quei famosi movimenti di cui parlava Marianna Kavallieratos, viaggiano in sincronia verso un equilibrio virtuoso.
Poco più di 45 minuti per raccontare una transizione lieve e delicata dove di “fantasioso” c’è solo la celeberrima voce in falsetto di Sylvester che canta You make me feel (Mighty real), per evidenziare l’equilibrio raggiunto alla fine.
E sotto la veste misteriosa, ovviamente uno slip rosa e uno azzurro. Didascalica e liberatoria intenzione, ma efficace trovata per coinvolgere un pubblico che ha molto gradito.
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Foto: Festival dei Due Mondi (M.L. Antonelli)
(modificato ore 16,55)