Nell’ambito della 57a edizione del Festival dei 2Mondi, la Rocca Albornoziana diventa spazio espositivo per le Mostre del Festival Sconfinamenti #2, a cura di Achille Bonito Oliva.
Dopo una prima edizione che ha esplorato alcune forme del crossover multimediale che si affida a tecnologie sofisticate dell’immagine, la nuova edizione Sconfinamenti #2, che sarà inaugurata sabato 28 giugno, indaga in modo particolare la relazione tra arti visive, musica e danza. In controtendenza rispetto al trend invasivo delle tecnologie high-tech, la selezione degli artisti e dei lavori in mostra negli spazi della Rocca Albornoz di Spoleto è influenzata dalla ricerca di una dimensione poetica che ricorre al linguaggio del corpo e all’uso di una tecnologia low-tech, a volte ingenua e disarmante, sicuramente sorprendente per le giovani generazioni ipertecnologizzate.
“Spoleto e l’Arte hanno in comune una lunga storia. Una storia legata alle caratteristiche innate di questa città, alla nascita del Festival, alla grande mostra del 1962 ‘Sculture nella città’ allestita durante una delle prime edizioni, e poi, negli anni, alla presenza di artisti da tutto il mondo. Una storia – dichiara Giorgio Ferrara, Direttore Artistico del Festival dei 2Mondi – che abbiamo riportato in auge e arricchito, in questi ultimi anni, così come è stato per le arti sceniche. È stato infatti, quello delle arti visive, con uno sguardo attento soprattutto all’arte contemporanea, un percorso parallelo, ma non meno impegnativo e non meno di successo. In particolare, dalla scorsa edizione, con le Mostre del Festival curate da un critico d’arte innovativo e della levatura di Achille Bonito Oliva, il nostro percorso artistico ha preso la strada giusta che ancor di più si addice allo spirito proprio del Festival dei 2Mondi, per tradizione aperto alla sperimentazione e al dialogo tra i diversi linguaggi e capace di essere artefice di nuove scoperte e, appunto, di “sconfinamenti”. Gli spazi della splendida Rocca Albornoziana – conclude il Direttore Artistico Ferrara – si trasformeranno quest’anno per tutta la durata del Festival in un laboratorio creativo permanente con artisti internazionali della più giovane generazione. Il Festival racchiude nondimeno nel suo programma le Mostre di Palazzo Collicola Arti Visive curate da Gianluca Marziani che si compongono di diversi e interessanti progetti espositivi.”
Con Sconfinamenti #2 gli spazi della Rocca si animeranno a rotazione con performance dal vivo di attori, musicisti e danzatori.
Nel cortile e negli spazi delle scuderie al piano terra il Gruppo di Ricerca Artistica “Opera” con la sua performance “Ma/mains tenant le vide” ispirata al bronzo di Alberto Giacometti del 1934 tanto amato da André Breton in cui una figura femminile stilizzata tende le mani come a reggere un oggetto invisibile. Con un linguaggio astratto e minimale, linee, geometrie , volumi ed ambiente architettonico entrano in relazione con la macchineria teatrale e il suono live.
Salendo verso il piano alto della Rocca le immagini in bianco e nero del malese H.H. Lim, come frammenti di un film muto, raccontano il ripetitivo ed estenuante hula-hoop che mette a dura prova la capacità di resistenza fisica dello stesso artista. Egli non esita a mettersi in gioco personalmente davanti ai visitatori fino al limite estremo delle sue energie, lasciando poi le sue tele come silenziosi testimoni della ineffabile e incolmabile distanza tra mente e corpo, irrevocabile statuto della condizione umana.
Nel maestoso Salone d’Onore si incrociano i percorsi di due artisti i cui sconfinamenti prendono le forme di effettiva contaminazione culturale. Roberto Paci Dalò, noto anche nelle sue installazioni con il nome Giardini Pensili, propone il suo intervento di cinema architettonico e musica live, frutto del suo personale incontro con la città di Shanghai, con le testimonianze della storia più recente, senza escludere le ferite fisiche e morali inferte dalle vicende della seconda Guerra mondiale, tra occupanti giapponesi e rifugiati ebrei.
Maïmouna Guerresi con “Akhfa” si ispira invece ad un testo iraniano che risale al secolo XI per narrare le vite dimenticate di donne sufi che sono vissute oltre dieci secoli fa. L’artista intende far riflettere il pubblico sulla condizione delle donne in un mondo religioso che anche oggi in modo evidente e drammatico è segnato dal predominio delle figure maschili. La sua azione rituale tende a far cadere i veli che realmente e metaforicamente oscurano il ruolo delle donne nella religione islamica, ma anche nella realtà sociale contemporanea, senza distinzione di cultura e di area sia politica che geografica.
Jonah Bokaer, con il linguaggio della coreografia e della danza, vanta già una lunga serie di azioni e “occupazioni” di spazi museali. Insieme a Daniel Arsham crea un dialogo originale tra architettura, scultura e performance live. Il loro intervento, costruito a misura del monumentale spazio del Salone d’Onore della Rocca, si ispira alle creazioni della scultrice americana Louise Nevelson, icona del modernismo, celebrata in un testo teatrale di Edward Albee; i frammenti letterari diventano qui il soundtrack in dialogo con l’azione coreografica tra oggetti del nostro recente passato, sotto forma di reperti di una sorprendente archeologia domestica e post-industriale.
Infine, nella magnifica Camera Pinta, l’installazione di Rachel Libeskind, una sorta di stazione metafisica dell’esilio, il luogo dove idealmente si incontrano le strade di tutti quelli che fuggono dalla violenza e dalle guerre di tutto il mondo: un rituale in cui l’artista continua a fare e disfare le valigie, accompagnata dal suono ipnotico di onde che si infrangono in un lontano oceano, oscillando tra ipnotica ripetizione e frustrazione di un viaggio che non prevede il ritorno.
Apertura:
dal 28 giugno al 13 luglio
da martedì a domenica – dalle 9.30 alle 19.30
ingresso consentito fino a 45 minuti prima dell’orario di chiusura