di Carlo Vantaggioli
Se c’è una cosa che ha funzionato egregiamente sin dalla seconda edizione del Festival “rifondato” (Spoleto52 ndr.), 4 anni fa, questa è stata la programmazione di una compagnia teatrale residente al Chiostro di San Nicolò, che durante tutto lo svolgimento del Due Mondi teneva in piedi il proprio spettacolo tutti i giorni tranne il lunedì ed il martedì. Degna menzione per la The Kitchen Company che ha rotto il ghiaccio nei primi due anni, a cui è seguita la deliziosa piece A piedi nudi nel parco, con la regia di Stefano Alleva in Spoleto54, per approdare allo spettacolo di quest’anno Le Beatrici di Stefano Benni.
Il pubblico ha sempre gradito la collocazione e l’orario non proprio ordinario per uno spettacolo teatrale ( le 22). Sarà che al Chiostro si può andare in mise informale, che ci fa anche un bel freschino dopo il tramonto, che è anche lo spazio dove si può sperimentare di più, insomma sta di fatto che l’appuntamento al San Nicolò è garanzia di passare una piacevole serata avendo speso bene il prezzo del biglietto.
In effetti per chi organizza, leggasi M° Giorgio Ferrara, i dati su biglietti venduti e incassi per questo tipo di spettacolo qualcosa devono pur dire. Come deve pur significare qualcosa se gli spettatori gradiscono un certo tipo di teatro, mai banale, mai scontato e un po’ di nicchia e pieno di attori giovani. Magari non è escluso che i molti spoletini presenti ieri alla rappresentazione de Le Beatrici, siano decisamente più rivoluzionari in termini di gusto di ciò che si dice da anni sulla pigrizia dei residenti.
Tuttavia, ciò che conta è la sensazione che provoca la rappresentazione, e la piece di Stefano Benni è qualcosa di veramente interessante. Si apprezza subito la scelta di presentare il testo puntando tutto sull’attore e non sulla scena o i costumi, che potrebbero distogliere l’attenzione. I monologhi di queste 5 “pazze” sono talmente penetranti, sia per il linguaggio, che per la forza della voce “in maschera” ( come avrebbe detto l’amato Carmelo Bene), che difficilmente si abbandona lo sguardo e l’ascolto da ciò che dice e fa l’attrice. Proprio per questo Benni scrive di donne fraintese, che appaiono ciò che non sono o sulle quali altri proiettano i loro desideri, le loro aspettative. Se questo è, e lo spettatore invece riesce per una volta ad osservare ed ascoltare l’attore senza essere frastornato, se il dialogo si trasforma in una strana dualità dove solo una persona parla, allora le donne-attrici avranno avuto la loro possibilità di raccontare chi veramente sono.
E si potrebbe chiudere qui il discorso, se non fosse che le 5 “pazze” sono così brave che sarebbe un inutile spreco non citarle: Valentina Chico, Elisa Marinoni, Alice Redini, Gisella Szaniszlò,Valentina Virando. Ovvero, una Beatrice dantesca in preda al desiderio di “vita spericolata”, carnale e meno idealizzata alla Alighieri, ma al contempo disperata e conscia della sua breve vita. Una giovane dei tempi moderni appesa al cellulare e cinica, rispetto alla realtà, quasi quanto un film di Moccia, e che ha sempre qualche tramonto da citare per sentirsi meno terrena. Una adulta manager d’industria, che inventa uno spassosissimo spezzatino di operaio, sublimazione di tutte le riforme del lavoro possibili (molto Fornero non c’è che dire). In verità siamo curiosi di sapere cosa si sarebbe potuto cucinare per gli esodati, ma Benni aveva già scritto la piece prima del governo tecnico e così ci teniamo la fantasia e il dubbio della ricetta. Una suora manesca, un po’ stile sadomaso, che negli improbabili giochi di parole inventa filastrocche contro il satanasso che la abita, e rimandi in cui la necessità di “bruciarsi” da sola sul rogo della sessualità è più forte di qualsiasi condanna inquisitoria, al punto che gli spettatori ridono a crepapelle per solidarietà umana. Ed infine una vera donna, colei che aspetta, che è sempre li a pensare alle esigenze degli altri e che soffre. Nessuna macchietta, nessun stereotipo, solo una donna sofferente ma consapevole, che non sta ferma sulla sedia di scena perché “non si sa mai….”. E prima che le “pazze” se ne vadano di scena, arriva il racconto di una licantropa a 5 voci, che mette persino qualche brivido, come tutte le cose che non si conoscono del resto. La paura del diverso, anche nel caso di donna con zanne e peli setolosi, mette lo spettatore di nuovo di fronte alla scelta di accettare ciò che non è la nostra proiezione. E così visti gli applausi, anche la licantropa moltiplicata per 5, ulula felice e se ne va, finalmente accettata, peli e zanne inclusi.
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LE BEATRICI
di Stefano Benni
con Valentina Chico, Elisa Marinoni, Alice Redini, Gisella Szaniszlò, Valentina Virando
regia Stefano Benni e Collettivo Beatrici
aiuto regia Walter Leonardi
luci Paolo Meglio
suono Francesco Bala
direzione tecnica Fabio Vignaroli
si ringrazia Luca Ralli per la consulenza a scene e costumi
prodotto da Bis Tremila in collaborazione con Bottega Rosenguild
con il sostegno del Teatro Excelsior di Reggello
STEFANO BENNI
Stefano Benni nasce a Bologna nel 1947. Giornalista, scrittore e poeta, tra gli anni ′80 e ′90 inizia a pubblicare le sue opere di narrativa: presso l′editore Feltrinelli, dopo la raccolta di poesie satiriche Prima o poi l′amore arriva (1981), è la volta del romanzo Terra! (1983) che lo pone all′immediata attenzione della critica europea. Dopo la parentesi de I meravigliosi animali di Stranalandia (1984) con i disegni di Pirro Cuniberti, scrive Comici spaventati guerrieri (1986), da cui verrà tratto il film Musica per vecchi animali, di cui Benni curerà regia e sceneggiatura. Da Panorama a La Repubblica, da Il Manifesto a MicroMega, passando per l′indimenticabile Cuore, la sua produzione rappresenta un impietoso ritratto dei vizi e dei difetti dell′Italia degli ultimi decenni, con i suoi aspetti grotteschi e surreali, tali da superare talvolta le stesse capacità della satira. Scrive opere pensate per il palcoscenico (rispettivamente del 1999 e del 2003 le raccolte Teatro e Teatro 2), ed è voce recitante in Sconcerto (un lavoro di musica e poesia basato sui testi di Blues in sedici), Misterioso (un omaggio al rivoluzionario pianista Thelonious Monk con al pianoforte Umberto Petrin), Danzando Lolita (otto brani del romanzo di Nabokov, aggregati da brevi testi originali e sottolineati dalle musiche di Paolo Damiani e dalle coreografie di Giorgio Rossi), La strana storia di Onehand Jack e altri strani amori (una scelta di testi, contrappuntata da una trama sonora composta ed eseguita da Paolo Damiani al violoncello), Pompeo (una rilettura con diapositive del fumetto di Andrea Pazienza con Camilla Missio), Sagrademari (Paolo Fresu) e Baldanders (in cui legge undici suoi brani con le musiche di Damiani, Dani, Fresu, Petrin e Trovesi).