«Per tutti nasce Gesù. Nasce per coloro che credono e per coloro che affermano di non credere; nasce per chi lavora, soffre, spera di costruire un mondo migliore e per quanti, stanchi e delusi, vivono lo smarrimento e l'angoscia. A tutti è offerta la felicità del Natale, tutti possono accogliere il Verbo, la parola di Dio fatta carne, tutti possono aprire, spalancare le porte affinché noi diventiamo, in Gesù figlio del Padre, figli di Dio. Se gli apriremo la porta, diventeremo uomini e donne autentici, capaci di perdono, di amore, capaci di trasmettere, a nostra volta, l'annuncio di salvezza».
Con queste parole l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, ha concluso l’omelia del giorno di Natale nella Basilica Cattedrale. Lo stesso giorno il Presule, alle 9.00, ha celebrato l’Eucaristia all’Hospice “La Torre del Colle” di Spoleto. Mentre la sera del 24 dicembre, sempre in Duomo, ha presieduto la Messa della Notte di Natale.
Il prologo del Vangelo secondo Giovanni, proclamato la mattina di Natale, è un inno teologico, una grande poesia religiosa, ricca di concetti: vita, luce, tenebre, accoglienza, rifiuto, il Verbo che pone la sua tenda in mezzo a noi. Da questo testo mons. Boccardo ha raccolto due espressioni sulle quali ha tenuto l’omelia: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta” e “A quanti però l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio” (cf Gv 1, 1-5. 9-14).
«Nella storia umana e nella nostra esperienza personale – ha affermato mons. Boccardo – possiamo distinguere tre tipi di tenebre. Quelle, per esempio, costituite dai singoli crimini che oscurano e abbruttiscono l'umanità: violenze, rapine, furti, tradimenti, disonestà, infedeltà; esse offuscano l'anima di chi commette questi reati e sono le tenebre dei nostri peccati personali. In secondo luogo, ci sono tenebre che potremmo chiamare aberrazioni sociali, forme di disordine che guastano la società e la disgregano, la rendono malata e sofferente: crisi occupazionale, crisi economica, corruzione diffusa, crisi politica in cui si perdono il senso e le ragioni dello stare insieme, discordie, conflitti, guerre. Sono le frammentazioni e le lacerazioni del tessuto civile, che non sono dovute semplicemente all'uno o all'altro gesto criminoso, ma costituiscono l'indice di un malessere comune, di una patologia contagiosa, che intacca e distrugge il corpo di un popolo. Questi fenomeni terribili sono chiamati tenebre in quanto frutto di orientamenti sbagliati, di atti di non intelligenza, di non chiarezza, di errata comprensione del processo sociale e civile, del misconoscimento delle condizioni di autentico sviluppo di una comunità di persone; sono peccati della volontà e dell'intelligenza comune, conseguenze di aberrazioni collettive del sentire e di pigrizia diffusa morale e mentale. Tuttavia – ha proseguito mons. Boccardo -, peggiori di questi peccati sociali sono le tenebre costituite da una cultura, da una mentalità che, avendo perso il senso dei valori più alti, non trova più in sé neppure la forza per ri-orientarsi e per smascherare, per superare e contrastare le aberrazioni sociali. È la tenebra che riguarda i giudizi ultimi sulla vita e sulla morte, sul significato dell'esistenza umana, sul perché siamo sulla terra; è insomma la perdita della speranza di un futuro eterno, la tenebra più spessa e impenetrabile, di cui l’evangelista Giovanni dice: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta”». A queste tenebre il Vangelo di Natale oppone l’accoglienza al Verbo di Dio: “A quanti l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio”.
La salvezza dalle tenebre viene dall'accoglienza del messaggio natalizio, dall'accoglienza del Salvatore che è nato per noi. «È da essa – ha detto ancora l’Arcivescovo – che siamo anzitutto illuminati e rinnovati nella percezione dei valori eterni, di quei beni perenni che fanno della vita umana un'esistenza degna, anzi un'esistenza da figli di Dio; sono i valori della fede e della speranza, i valori che ricostituiscono l'orizzonte di senso in cui collocare le vicende umane, anche le più disperanti e le più disgraziate, per avere la forza di uscirne con amore».