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Spoleto, lo 'strappo' finale fra Benedetti e Brunini, fischiato l'ex leader maximo / Ft

Carlo Vantaggioli

Sarà stato un caso ma ieri sera nella palestra di San Martino in Trignano, proprio dietro al tavolo da cui parlava il sindaco Daniele Benedetti – amorevolemente contornato da dirigenti e assessori (“Quelli rimasti…” ha detto con spirito il primo cittadino) – c’erano in bella vista una sfilza di materassoni, di quelli che i ragazzi usano per non farsi male durante gli esercizi di ginnastica. E tra piroette e giravolte, tra chi gliele da e chi gliele promette, i materassi di San Martino rimarrano alla storia, come il simbolo della difesa della Giunta Benedetti all’epoca del “buco di bilancio” da 9 milioni e tocca di euro.
L’incontro organizzato nella roccaforte del voto Pd, faceva parte della nota road map messa a punto dalla macchina comunicativa del comune per illustrare ai cittadini la genesi e le eventuali soluzioni del disavanzo di gestione. Il tutto segue di un giorno il primo incontro della serie tenuto a San Giacomo, e rispetto al quale la versione di Benedetti sulla faccenda è stata replicata senza nessuna nuova: ha ribadito l’ente non è in dissesto finanziario e quindi che non si giustifica un eventuale commissariamento. Benedetti ha evidenziato la necessità, fin quando possibile, di procedere al risanamento dei conti con procedure ordinarie, e proprio a questo sarebbero funzionali le sue dimissioni: spostare l’attenzione dalla mozione di sfiducia al piano di rientro triennale è un presupposto essenziale per redigere un documento più credibile e concertato possibile. L’arrivo del commissario potrebbe voler dire tagli lineari su tutti i Capitoli, anche sul sociale, con ripercussioni devastanti per le fasce più deboli e per coloro che beneficiano dei servizi pubblici. “In questi tre anni della mia gestione – ha detto – abbiamo subito più di 6 milioni di euro di tagli ma nessun servizio ne ha risentito perché abbiamo operato tagli laddove si poteva tagliare”. Recuperare i quasi 5 milioni di disavanzo in parte corrente non sarà comunque un’operazione “indolore”, ha continuato il sindaco. Allo studio ci sarebbero infatti tagli sulle spese del personale e sulle convenzioni in essere, anche se una mano potrebbe arrivare dalla lotta all’evasione. Cui aggiungere la dismissione del patrimonio ed eventualmente anche un ritocco delle aliquote fiscali.
La faida “familiare” – Ma l’attesa maggiore per l’incontro in Alta Marroggia, come era fin troppo prevedibile, è stato il confronto tra la “versione di Benedetti” e “la versione di Brunini” (ex-sindaco dal 1999 al 2009) sui conti del comune. Lo scontro tra “padre” e “figlio”, politicamente parlando, che sarebbe anche divertente in se, di fatto ha aperto la campagna elettorale per le amministrative 2014. Se non fosse che Spoleto è piccola, e tutti si ricordano che Benedetti politicamente è nato e cresciuto all’ombra di Brunini, e che il buco qualcuno deve pagarlo. Il contendere, visto che il ‘buco’ è stato determinato solo da maggiori spese e non da malversazioni (fino a prova contraria), è tutto indirizzato su chi era cosciente o meno che qualcosa andava storta nella gestione dei conti. Certo è – ma questo Brunini non lo ha ricordato, nonostante per una legislatura abbia avocato a sé anche la delega di assessore al bilancio – che quando lascia palazzo comunale nel 2009 i residui attivi erano allo spropositata cifra di 147 milioni, quelli passivi a 150 mln. Arrivati a fine 2012, in era Benedetti, gli attivi scendono a quota 62 milioni, con un taglio di 90 milioni di euro rettificati su crediti inesigibili: troppo per non ipotizzare (perché ancora di ipotesi si sta parlando) che tutta quella valanga di soldi venisse mantenuta a bilancio per avere migliori possibilità di spesa.
Così nel corso della serata, subito dopo la prolusione del sindaco in carica, prende la parola Brunini per ricordare a tutti che il problema è nelle “promesse non mantenute di una giunta”: dunque non i soldi che mancano (sigh) ma quelli che vanno trovati per tenere in equilibrio la baracca e mantenere gli impegni, accedendo ai fondi delle leggi speciali e ai finanziamenti dei bandi comunitari. Un classico della retorica bruniniana che in altri tempi valse al metodo l’appellativo di “massimosofia”. Poi sventolando sotto il naso del tavolo della giunta un libricino – edito nel 2009 e dal titolo roboante di Bilancio di Fine Mandato, che sarebbe come a dire “dopo di me il diluvio…” – Brunini si sfila dalla lotta, dicendo che li dentro c’è la certificazione dei conti in ordine a chiusura della sua vicenda amministrativa: firmato, Angelo Cerquiglini! Per la cronaca l’ex Direttore Generale del comune per il momento è l’unico ad aver ricevuto un avviso di garanzia da parte della Procura della Repubblica di Spoleto, per aver ammesso in Consiglio comunale che i conti dell’Ente erano sballati. Anzi, come ha poi ricordato il consigliere Cardarelli, per aver detto anche “Già nel 2004 avrei dovuto dichiarare il dissesto finanziario”. Per la verità dentro al testo definito “tecnico” e non politico della summa bruniniana ci sono le firme anche di una parte di quei dirigenti (non tutti, vivaddio) che attualmente si ritrovano a dover ammettere di non aver diretto bene perché ingannati dal ‘metodo contabile’ o perché magari le comunicazioni tra i vari settori non erano chiare e esaustive, o perché magari gli è mancata la corrente in ufficio per due ore. Apprezzabile il coraggio della dirigente Stefania Nichinonni, prestata ahilei a dirigere il settore finanziario, la quale ha ammesso che il problema c’era e che non si è risolto nei tempi dovuti, ma che proprio per questo da ora in poi la cosa può solo andare meglio, visto che la lezione è stata capita.
Benedetti, di fronte allo spavaldo attacco di Brunini, ha ribadito di volersi assumere le proprie responsabilità ma di non poterlo fare anche per le responsabilità di chi lo aveva preceduto: lo strappo è consumato. Finora Benedetti aveva infatti giocato la carta della diplomazia, accusando genericamente ‘il passato’, senza fare nomi. Ma il sindaco stavolta ha fatto di più e dopo aver ribadito che “nessuno ha rubato e che i dipendenti comunali non sono dei ladri”, ha detto a chiare note che nessuno, né lui, né la sua giunta, ha mai fatto pressione su nessuno dei dirigenti. “Mai è stato detto ad un dirigente di forzare la mano su una posta piuttosto che su un'altra per spendere dei soldi che poi non si sa se si sarebbero potuti coprire con adeguate entrate”, ha tuonato Benedetti. “Il mondo è cambiato – ha continuato all’indirizzo di Brunini – e molte delle cose e delle cifre esposte nel Bilancio di Fine mandato 2009 non sono più vere. Prendiamo atto che il problema viene dal 2000, io mi prendo la mia responsabilità ma mi sembra inopportuno che il sindaco di allora non si prenda la sua”. Applausi a scena aperta, anche fra qualche rappresentante dell’opposizione.
E così a San Martino in Trignano si consuma la faida familiare del PD, con choc e grande spargimento di sangue, fischi e “buuu” all’indirizzo del lunghissimo intervento del “paesano” Brunini, quasi un atto di lesa maestà nella sua roccaforte di sempre, malpancismo verso il “titubante” Benedetti, con i maggiorenti del partito presenti e vocianti, ormai non tanto sicuri sulla prosecuzione della legislatura, ma piuttosto attenti a fermare l’emorragia elettorale, testimoniata in serata anche dalla presenza “non oceanica” degli abitanti del luogo. “Certo è che se Brunini voleva distruggere il piddì c'è riuscito” commentava desolato un dirigente “se avevamo il 15% da stasera sarà tanto arrivare al 10%”.
Gli interventi – l’incontro, Brunini a parte, è sembrato piuttosto il secondo tempo del match “opposizione contro amministrazione”, dove a fase alterne si infilano i guastatori del partito di maggioranza che assestano colpi ai fianchi e pezzi della minoranza che rivendicano un ruolo nell’aver scoperto la magagna del ‘buco’. Così l’intervento di Fabrizio Cardarelli (Rinnovamento), che cita “i polli di manzoniana memoria” per descrivere lo scontro Brunini-Benedetti e invita i due “a non ripresentarsi”, Di Daniela De Gregorio, cittadina, che trema “al solo pensiero dei progetti di Brunini” visto quello che ha combinato nei suoi dieci anni di mandato. Prende la parola Carlo Petrini (Pdl) che ricorda la vicenda di Al Capone, “non fu arrestato per tutti i reati commessi, ma per evasione fiscale”, come metafora di quella spoletina, suscitando l’ilarità della dirigenza Pd che ha buon gioco a ricordargli le vicende di casa sua e del Sig. B.. E’ stata poi la volta di Alfredo Andreani (IdV) il quale, pur con voce ed eloquio ben impostati e una prossemica di grande respiro, tipica di chi si compiace di ciò che sta dicendo, non si è capito bene che cosa chiedesse di preciso al sindaco e che lo stesso non avesse già fatto (riaccertamento e le dimissioni).
Ultimo, e forse inaspettato, il consigliere Zefferino Monini (Rinnovamento) che intesse un lungo dialogo con Benedetti, sui timori che il dissesto non sia stato spiegato bene, che manchino numeri ‘chiari’, che sarebbe molto meglio affidarsi al commissario prefettizio: il tutto con tono di voce pacato e signorile come si conviene tra i due personaggi, al punto che nella sanguigna valle dell’Alta Marroggia, dopo 15 minuti di questo balletto, i più iniziano a rumoreggiare e dopo un deciso “Basta…basta” finale, la riunione si chiude. Carina anche la scenetta finale dei dirigenti che con scatto olimpionico si alzano al termine del match e vanno “all'angolo” di Brunini ad omaggiare il “peso Massimo”.
Di popolo che chiede lumi su chi paga, manco l’ombra. Uno si sarebbe aspettato almeno una piccola protesta, un rabbuffo, uno scazzo, e invece il nulla, misto a rassegnazione. I 9 milioni e tocca di disavanzo, di cui quasi 5 di parte corrente, si pagheranno, o con le buone o con le cattive. E meno male che non è andata peggio di così. Stasera si replica, alle 21 al Sacro Cuore. Ora pro nobis…laus Deo
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