Chi non ha avuto a che fare almeno una volta nella vita con lo sportello del Lost&Found in aeroporto, quando ti perdono i bagagli e il viaggio, o magari una vacanza, inizia con il piede sbagliato?
E allora diciamo pure che iniziare la nuova avventura di Spoleto Jazz, edizione 2024, con il Last and Found Tour di Greg Howe, accompagnato da due giovanissimi virgulti in ascesa come Mohini Dey e Marco Cirigliano, è stato come sfidare a testa alta la sorte e i luoghi comuni. Come una sorta di rito voodoo, appena un po più laico del previsto.
Tanto per cominciare, la prima cosa che si poteva osservare all’ingresso del Teatro Caio Melisso ieri sera, 11 ottobre, era uno “splendido” cartellone della manifestazione con la beneagurante targhetta Sold Out alla riga del Last and Found Tour. Del resto non ci si aspettava niente altro che un successo, perchè in questa scelta di Visioninmusica (guidata da decenni dalla granitica e competente Silvia Alunni) c’era tutta la efficace capacità di proporre un prodotto musicale di alto livello qualitativo, con la giusta dose di evocazione (senza scadere nell’amarcord forsennato) e con l’attesa propiziatoria di due giovani ed osannati virgulti dello strumento come Mohini Dey al Basso e Marco Cirigliano alla batteria.
Decisamente un concerto fuori dal mainstream piacione. E come sempre il pubblico, che conosce Visioninmusica e a cui è piaciuto tornare a Spoleto per la 5^ edizione della kermesse jazzistica, non si è fatto certo pregare. Pienone assoluto, incluso il loggione del Caio, che non è proprio il luogo più confortevole dell’affascinante teatro spoletino.
Una novità? Manco a pensarlo ! Spoleto Jazz è sempre stato in bilico sul filo del Sold Out. Si contano su 3 dita delle mani le volte che i concerti delle 4 edizioni precedenti non sono stati pienoni, con poche decine di posti non occupati. Come in tutte le cose, la conoscenza e l’ esperienza sul campo fanno sempre la differenza nel successo o nell’insuccesso di una vicenda umana, anche se artistica.
Tutto bellissimo? Si, ma con un peccato veniale che secondo noi non è nemmeno dipeso dall’organizzazione di Visioninmusica. I nostri eroi, Howe, Cirigliano e Dey, hanno deciso, con il loro ingegnere del suono, un volume di emissione al sound check che non è stato, almeno all’inizio, l’ideale per un teatro all’italiana da poco più di 300 posti. Uno spazio, quasi mistico, in cui la qualità del suono è ottimale solo quando riesci a sfruttare appieno la cassa armonica della struttura. Se alzi troppo il volume, come se ti trovassi in una delle classiche Hall all’americana o in una struttura all’aperto, allora rischi una rifrazione quasi distorsiva. Ma alla fine, crediamo, ce ne siamo accorti solo noi giornalisti di campagna, vecchi e borbottoni. Al pubblico il concerto è piaciuto da matti, e questo è quello che conta.
Mani indiavolate e talenti smisurati
Greg Howe ha le mani indiavolate come sempre. Quando lo ascoltiamo, pensiamo sempre che in fin dei conti siamo tutti orfani del gigantesco e compianto Allan Holdsworth, anche se Howe ha iniziato la sua carriera fulminato da Eddie Van Halen. Ma lo stile lirico e descrittivo di Holdsworth, che non a caso era un inglese fatto e sputato, rimane nelle dita di Greg come una impronta, un aplomb, incancellabile.
I veri appassionati del genere, tuttavia, sono accorsi a Spoleto per un solo motivo: Mohini Dey. A 28 anni è attualmente una della bassiste più ricercate da gruppi e singoli artisti, dotata di una talento smisurato messo in luce già ad 11 anni. Di origini indiane, padre jazzista e madre cantante di musica tradizionale Hindustan, Mohini fu scoperta da Ranjit Barot, celebre percussionista indiano che ha suonato per moltissimi anni con un signore “sconosciuto” di nome John McLaughlin. La sua ultima collaborazione di grido è con Willow Smith, sorprendente artista, figlia dell’attore e musicista Will Smith.
E’ bastato seguire il suo primo breve assolo per capire di che pasta è fatta Mohini. E non c’è altro da aggiungere. Anzi, crediamo si sia anche un po frenata. Forse intimorita dal luogo teatro, che comunque mette sempre soggezione a tutti.
E al Caio Melisso il cerchio si chiude su una sezione ritmica che vede l’altro astro nascente, Marco Cirigliano, alla batteria. E secondo voi cosa poteva mettere in Home Page del suo sito personale Marco? Un ottima Cover di Fred, celebre pezzo di Allan Holdsworth. Ma la curiosità sfiziosa è che nella Fred originale la batteria era suonata da Gary Husband, uno straordinario multistrumentista che ha collaborato anche lui per anni con Barot e McLaughlin nel progetto 4th Dimension. Al suo assolo di rito, fans scatenati dal loggione e dai palchi lo osannano come nella Plaza de Toros.
In fin dei conti Spoleto, in arte, ne ha viste tante e non dovrebbe stupirsi più di tanto, quasi assuefatta ad una bellezza continua. Ma il merito è anche di chi continua a credere che al pubblico non va offerto il pappone, e nemmeno piatti da metafisica culinaria con l’azoto liquido, ma esperienze che siano rispettose anche del contesto in cui si svolge una iniziativa. E questo, va riaffermato, è soprattutto merito di Visioninmusica e di Silvia Alunni che ha trovato da subito la giusta misura, sartoriale, per Spoleto. I teatri pieni vorranno pur dire qualcosa!
E tutto ciò, anche in termini di comunicazione per una città, è come manna dal cielo. Accettiamolo, ha fatto più per il territorio, Visioninmusica e Spoleto Jazz in questi ultimi 5 anni ( e con una pandemia in mezzo) che temibili eserciti di blasonati capiscioni, politici e non.
Foto Tuttoggi.info