Si potrebbe dire che era facile immaginare un successo a “mani basse” per l’atteso concerto del John Scofield Trio, in scena ieri 4 ottobre al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti di Spoleto, 2° appuntamento della spettacolare Spoleto Jazz 23, arrivata alla sua 4^ edizione.
Mai previsione in effetti fu più facile. Una schiera di appassionati, spoletini e non, ha riempito quasi al completo il teatro, dando subito la sensazione che la serata sarebbe stata un vero evento. Ed è così che non appena quel ragazzaccio di Scofield, uno dei più importanti chitarristi della scena jazz degli ultimi 50 anni, ha messo piede sul palco il pubblico lo ha accolto con una ovazione che ha immediatamente elettrizzato il teatro.
Il 70enne musicista di Dayton, Ohio, da qualche tempo sembra assomigliare sempre più ad un fumetto come quelli dei Simpson. Pizzo lunghissimo e bianco calvizie senza appello ma portata con eleganza tutta caciarona, tipo un vecchio farmer americano. Mancano solo un bel paio di jeans sporchi di grasso e le bretelle larghe ed il gioco è fatto.
I tre Grammy vinti, le sue collaborazioni i 49 album incisi parlano da soli. Charlie Haden, Pat Metheny, Wayne Shorter, Jack DeJohnette, Joe Lovano, Brad Mehldau e Eddie Harris, solo per citare “qualcuno”. Ha inoltre suonato e registrato con Miles Davis, Tony Williams, Jim Hall, Ron Carter, Herbie Hancock, Joe Henderson, Dave Holland, MMW, Govt Mule e Lettuce e Phil Lesh, giusto per…
Scofield è in tour per promuovere il suo nuovo doppio uscito a settembre Uncle John’s Band, insieme ad un trio miracoloso, Vicente Archer, nuova generazione di contrabbassisti e già visto in giro con tipetti come Robert Glasper e Wynton Marsalis. A seguire un batterista, Bill Stewart di cui vorremmo avere un clone in salotto h24 per la sua quasi innaturale capacità di suonare ogni tipo di step con una efficacia quasi imbarazzante. Sul pezzo Mask al Teatro Nuovo, tirerà dritto per un assolo memorabile ed applauditissimo.
Ma oltre la promozione c’è anche spazio a Spoleto per cose come Mr. Tambourin Man di Bob Dylan riarrangiato e suonato come meglio non si potrebbe. Anche nel tema fondamentale Scofield non si abbandona ai classicismi del Jazz mainstream. Accenna e poi fugge secondo una tessitura tutta sua, come sempre ha fatto del resto. A volte si ha la sensazione che il fraseggio sia smozzicato e invece ad ascoltarlo attentamente, ma anche e soprattutto a riascoltarlo, Scofield costruisce una tessitura di note in bending e “outside” piena di simbolismi e immagini oniriche di grande fascino. Alla base di tutto c’è come sempre il Blues e Zio “Sco”, the farmer non manca occasione di ricordarlo nei suoi assoli. Anche senza bretelle e jeans sporchi. Magari l’unico lusso eccentrico è quando si toglie una scarpa per armeggiare con il piede sulla pedaliera. Questione di sensibilità!
Il pubblico spoletino si spella le mani e grida la propria soddisfazione più spesso di altre volte verso lo straordinario Trio. Concesso un solo bis nonostante un gruppo di scalmanti fans sui palchi inizia gridare con insistenza “we want Sco”. Ma gli americani sono “amerecani” (alla Sordi) e fuori da quanto previsto dai contratti non scuciono un dollaro in più.
Ma Scofield, che in Umbria è di casa per le tantissime partecipazioni a Umbria Jazz, sicuramente tornerà più vigoroso che pria.
Ancora una volta un plauso a Visioninmusica di Silvia Alunni che sa il fatto suo e riempie il teatro per la seconda volta. Tanto non c’è due senza tre e siamo convinti anche senza quattro!
Foto articolo, Tuttoggi (C.V.)