Spoleto

Spoleto Jazz 2024, il “filosofo” Stefano Di Battista trionfa al Caio Melisso | L’Iperuranio delle note

Quando si dice che ancora oggi siamo intrisi di Platonismo, l’affermazione non è poi così incomprensibile o misteriosa. Sta poi ai filosofi spiegare il come, il dove e il perchè. Stefano Di Battista, e il suo Quintetto delle meraviglie, è proprio come Platone quando cercava di ordinare il mondo delle idee, quell’evocativo Iperuranio -come lo definiva il fondamentale filosofo- nel quale tutto ciò che si può pensare circola senza sosta. E quando dai una bella sistemata alle cose- che Platone abbia pietà di noi ovviamente- ciò che ne ottieni è un magnifico concerto come La Dolce Vita, andato in scena ieri 25 ottobre al Teatro Caio Melisso.

Se qualcuno aveva dubbi che potesse essere o meno un successo, è meglio che dia una ulteriore sistemata all’Iperuranio. Teatro stracolmo- 350 spettatori- con il consueto Loggione affollatissimo e termometro della temperie caldissima di uno spettacolo che riserva diverse sorprese da intenditori e non solo.

Di Battista, romano di nascita e di carattere fino in fondo, artista scanzonato e di una esperienza musicale monumentale, assembla uno spettacolo che affonda le sue radici nell’immaginario comune di tutti coloro che ascoltano e fischiettano sempre più spesso, distrattamente, alcuni brani storici del nostro sterminato patrimonio musicale. E se intitola lo spettacolo come l’album di riferimento del 2024, La Dolce Vita, è perchè in fondo sfida il pubblico nella ricerca delle note “distratte” all’interno di un mondo delle idee tutto da individuare, di volta in volta, concerto dopo concerto.

La maestria, vero e proprio magistero musicale, di Di Battista è leggendaria. I suoi discepoli a Spoleto Jazz sono altrettanti musicisti di grandissimo talento e tutti da raccontare, dove la tradizione musicale del cosiddetto Napolitan Power si manifesta in tutta la sua grandezza. Andrea Rea, sostanzioso pianista di Pomigliano d’Arco, il granitico Daniele Sorrentino, contrabbassista di Napoli e infine il batterista “elegante”, Luigi Del Prete, Napoli.

Chi scrive non può non citare a questo punto un tale Franco Del Prete, papà di Luigi, che per noi appassionati campagnoli di Jazz, rappresenta la summa della tecnica e della rivoluzione musicale che negli anni ’70 (1975) un gruppo celeberrimo come i Napoli Centrale (James Senese e Del Prete i fondatori) portarono sulla scena italiana. Leggendaria la sua linea percussiva nel famoso brano Campagna. E detto questo, con la lacrimuccia che scende, Lugi è decisamente figlio di cotanto padre. Se n’è accorto il pubblico spoletino in un paio di significative occasioni di assolo durante la serata del 25.

Ma dove il magistero di Stefano Di Battista si fa grande in tutta la sua sapienza è quando il sassofonista presenta a Spoleto il talentuosissimo Matteo Cutello, tromba, sciliano di nascita e americano di studi (Berklee College of Music di Boston), con tanto di borsa di studio insieme al fratello gemello Giovanni.

I due sono da più parti già stati identificati come i jazzisti italiani del futuro. Noi siamo invece per la non catalogazione preventiva di giovani, dotati di talento smisurato. Preferiamo invece ascoltarli attentamente ed anche osservarli nelle loro performance. La olimpionica facilità esecutiva di Matteo Cutello, come anche il lussuoso fraseggio in alcuni brani del concerto. Il millimetrico contrappunto con il M° Di Battista, ed infine l’apparente calma e seraficità nello stare sul palco davanti ad un teatro strapieno, con gli occhi puntati sempre addosso alle mani del suo mentore, ne fanno un commovente esempio di speranza per tante buone idee da ordinare nel prossimo Iperuranio.

La Dolce Vita

Quello che Di Battista suona a Spoleto è un vero “pezzo” di grande buon senso. Tentare la via della cover riarrangiata, e anche non cantata, soprattutto di autori monumentali nell’immaginario collettivo, è come muoversi su una ferrata in montagna con le infradito. Non è facile prendere un pezzo come Volare di Domenico Modugno e farlo diventare qualcosa di originale. E altrettanto vale per Via con me di Paolo Conte o Il Buono , Il Brutto e il Cattivo di Ennio Morricone. E questi sono solo alcuni esempi che ci hanno tuttavia colpito per come Di Battista ha messo a frutto la sapienza platonica nel riordinare il mondo delle idee.

E così nel brano di Ennio Morricone (Di Battista gli aveva dedicato un lavoro intero- Morricone Stories-2021) de Il Buono, il Brutto e il Cattivo, il sassofonista romano ci mette, oltre al tema base, una buona dose di evocazione a lande desertiche, Grand Canyon e infine per chi non capisce il senso dell’afa sabbiosa, anche un rinfrescante e gustosissimo sorso di A Night in Tunisia di Dizzy Gillespie.

Quando poi si attacca Via con me di Paolo Conte, la memoria che ci fa sempre scherzi ma che nella musica miracolosamente non ci inganna mai, eccoti apparire Eliane Elias che arrangia un pezzo “samboso” dei suoi e dove spuntano qua e la milonghe verdi, lampi gialli al parabrise e la Topolino amaranto “che va che è un incanto”.

Lussuosa la citazione e dedica (Sentirsi solo) a un grande della composizione italiana come Piero Umiliani. Per chi non fosse aduso alle musiche di cinema e degli anni ’50-’60-’70, Umiliani è l’autore della colonna sonora de I soliti Ignoti di Monicelli, ma anche della celeberrima Mah-nà Mah-nà di cui vogliamo farvi ingolosire con la versione pulciosa dei Muppets.

Erano gli annj in cui Umiliani se la giocava con Piero Piccioni, altro gigantesco compositore, noto per le colonne sonore di film con Alberto Sordi.

Ma la grande differenza tra Umiliani e Piccioni stava tutta nella ricerca di Umiliani nel campo dell’elettronica (il Moog), settore in cui il compositore fiorentino si è destreggiato con competenza e inventiva.

E uno pensa, “beh dopo questo, applausi e tutti a casa con un grande sorriso a 32 denti”. Ma è li che il M° e filosofo ti piazza il colpo del Demiurgo.

Di Battista non è solo un grandissimo sassofonista, è soprattutto romano e non indenne da una certa voglia di piacere con spirito alla Marchese del Grillo. E così costringe un tentennante Cutello a suonare la Dolce Vita di Morricone in platea girovagando come artisti di strada mentre sul palco il consorzio del Napolitan Power united si sbellica dalle risate per l’improvvisazione, che ad un certo punto porta Di Battista a suonare nel foyer, dove non c’è nessuno e il radiomicrofono dello strumento non pesca segnale, mentre Cutello si butterebbe nella buca d’orchestra per farla finita in gloria.

E così, trionfo, sipario e solo allora, tutti a casa fischiettando contenti.

E sempre grazie Visioninmusica, che ci fai divertire.

Foto: Tuttoggi.info