Carlo Ceraso
Non si arresta la corsa di Giovannino Antonini, tornato da sabato alla guida della Scs. Dopo la bagarre delle carte bollate degli ultimi due mesi, e di fatto la paralisi della governance della holding che controlla Banca Popolare Spoleto, il presidentissimo sta cercando di riguadagnare il tempo perduto dopo aver fatto piazza pulita dei dissidenti (in procinto di ricorrere alla magistratura per come è stata gestita l’assemblea di ieri l’altro). Anche se qualche rospo, il padre-padrone dell’istituto di piazza Pianciani, sembra doverlo ancora sputare. Ma andiamo con ordine.
L’intervista – a svelare i nuovi piani, per la verità non tutti nuovi, è stato lo stesso Antonini che stamani (ieri per chi legge) ha concesso una lunga intervista ad Andrea Montanari di MF-Milano Finanza. Il n. 1 della Cooperativa è tornato a parlare di voler allargare l’azionariato passando, nei prossimi 3 anni, da 20mila a 30mila soci così da reperire fondi freschi con cui realizzare l’ormai inderogabile aumento di capitale. L’obiettivo è quello di coinvolgere le istituzioni locali “e in particolare le Fondazioni CariSpo, Cariperugia e Chieti”. Si torna dunque a bussare la porta a quelle istituzioni che vantano una forte liquidità ma che inei mesi scorsi avevano già respinto al mittente l'invito. E così, almeno da Spoleto, arriva la prima smentita: “non c’è alcun interesse, almeno con quel board” dice a Tuttoggi.info uno dei membri del direttivo della Fondazione CaRiSpo che preferisce mantenere l’anonimato. “E’ vero che abbiamo ricevuto qualche contatto, ma non ci sono le condizioni minime per avviare qualsiasi tipo di trattativa” continua l’esponente spoletino “anzi queste continue fantasticherie cominciano ad essere fastidiose”. Non sarebbe disponibile (qui il condizionale è d’obbligo) neanche la potente Fondazione perugina che vanta un patrimonio netto di più di 600 milioni di euro. Per la verità la voce di contatti fra Antonini e il presidente Carlo Colaiacovo girano da giorni anche nei palazzi del capoluogo umbro, ma l’entourage dell’imprenditore eugubino dice di non saperne nulla.
Il messaggio alla Bps – ma è nella seconda parte dell’intervista che Antonini si lascia andare alla preoccupazione che riguarda il board della controllata Bps che a suo dire merita un “consiglio molto più professionale”. Un messaggio fin troppo chiaro per il presidente Nazzareno D’Atanasio, nominato lo scorso febbraio dopo il defenestramento di Antonini voluto da Bankit. I rapporti fra i due, stando ai bene informati, si sarebbero fatti sempre più tesi. Non è poi un mistero che il fedelissimo avvocato Zuccari, firmatario nelle scorse settimane dei ricorsi al Tribunale per fermare la cordata di Protasi & Co., da tempo aspira a prendere il timone della Banca. Tanto che in città i soliti maligni sostengono che, dopo la fine dell’era degli ‘ini’ (con riferimento al periodo Antonini-Pallini), è iniziata la stagione degli ‘uccari’ (Zuccari e il d.g. Tuccari). Antonini ha comunque precisato a MF-Milano Finanza che “è ancora presto per parlare di un cambiamento, ma è questa la direzione perché attualmente c’è una forte componente umbra”. Per la verità il board sembra abbastanza equilibrato – specie per un istituto che ama definirsi “La banca degli umbri” – forse con l’unica eccezione di 3 esponenti dell’area perugina. Sono infatti umbri Nazzareno D’Atanasio (presidente, unico spoletino del Cda), Michelangelo Zuccari (vicepresidente vicario, Campello), Aldo Amoni (consigliere, Foligno), Gabriele Chiocci (Perugia), Marco Carbonari (Perugia), Claudio Umbrico (Perugia) e Valentino Conti (Terni). Di fuori regione sono Leonardo Bandinelli (vicepresidente, Siena), Gianfranco Antognoli (Siena) , Mario Benotti (Roma), Pietro Bernardi Fabbrani (Rimini), Michele Di Gianni (Pisa), Michele Logi (Siena) e Maurizio Leonardo Lombardi (Milano). Dove i 4 consiglieri toscani sono espressione dell’azionista Monte dei Paschi di Siena, e il notaio romagnolo Bernardi Fabbrani in quota al socio Eredi Patacconi.
La Coop in finestra – il cancan che ha accompagnato questi 11 mesi di bagarre registra il sempre meno comprensibile silenzio delle istituzioni. Tranne una presa di posizione dei senatori Urbani e Asciutti, la politica e i palazzi del potere sono rimasti alla finestra a guardare gli sviluppi dei continui braccio di ferro che non sono di certo tornati utili alla immagine di Controllante e controllata. Ferma e silenziosa anche Coop Centro Italia, fra gli azionisti più importanti di Bps, che, come si ricorderà, dopo le dimissioni del consigliere Giorgio Raggi, decise di non presentare neanche la propria lista di candidati al board. Da Perugia fonti accreditate fanno sapere che la cooperativa di beni di largo consumo attende che siano chiarite tutte le vicende (inclusa l’inchiesta avviata dalla Procura di Spoleto) prima di rivalutare un proprio ruolo.
Nuovo Cda – intanto nel pomeriggio di oggi (ieri per chi legge) la governance Scs è tornata a riunirsi per la seconda volta in appena 48 ore dalla nomina plebiscitaria di sabato. All’ordine del giorno ci sarebbe stata la discussione sulle Controllate. Con ogni probabilità, venuto meno dal Consiglio l’imprenditore ternano Fabrizio Raggi, almeno per come sono andate le cose in Assemblea, il board potrebbe aver deciso per la sua sostituzione. Nulla di concreto, solo voci che fuoriescono da palazzo Pianciani in attesa di conferme.
Venerdì il ricorso – lunedì scorso Solfaroli ha ritirato dal notaio Marco Pirone il verbale dell’assemblea e presentato istanza al Cda e Collegio dei revisori dei conti di avere quanto prima copia dei filmati e delle registrazioni audio dell’adunanza di sabato. Documentazione che i legali dell’ex vicario e dei consiglieri Fabrizio Raggi e Francesco Cucchetto (gli avvocati Massimo Zaccheo ed Edoardo Torlini) vogliono esaminare prima di presentare il ricorso al Tribunale di Spoleto affinchè invalidi i lavori dell’assemblea (che Solfaroli aveva chiuso per ingovernabilità della stessa). Causa che non sarà comunque presentata prima di venerdì prossimo.
Comitato soci – intanto presso lo stesso studio notarile Pirone un gruppo di spoletini, soci di Scs e Bps, hanno costituito un Comitato (denominato Comitato Soci Bps e Scs) che ha fra i propri compiti quello di salvaguardare gli interessi degli azionisti. Nello statuto, a quanto trapela, figura anche la possibilità di avviare eventuali class action.
La curiosità – il da fare non manca ai piani alti della Scs. Ce n’è talmente tanto che il management si è dimenticato di aggiornare il sito della holding dove, alla voce Organigramma, continua a far bella mostra di sé ancora il vecchio board (quello con Solfaroli vicario, per intenderci).
L’impegno in politica – anche per Antonini sono giorni di grandi sforzi. Risolta a suo modo la questione Scs, si è gettato a capofitto anche nelle vicende della politica locale che lo vedono da sempre fra le figure forti del centrodestra. Il suo obiettivo, in vista dei prossimi congressi del Pdl, è il controllo del Patito spoletino. Non ne ha fatto mistero neanche ieri sera, a margine dell’incontro pubblico con il segretario Angelino Alfano. “Ora prendo anche il Pdl” avrebbe detto di fronte ad un piccolo schieramento di iscritti “abbiamo 600 tessere”. Più che sufficienti per ipotecare il prossimo coordinatore comunale, se è vero che solo nella città del festival sono stati 1.101 i tesserati. Un numero da far paura se si pensa che il tesseramento del primo partito cittadino, il piddì, nel 2010 si era fermato a 994. Dunque se l’area del capogruppo consiliare di Petrini (che risponde all’antoninipensiero) può rivendicare le 600 tessere, quella che fa capo alla cordata Laffranco-Urbani-Panfili-Morelli ammonta a poco più di 400 (un centinaio quelle che l’ex pidiellino Hanke aveva raccolto nel 2010 e che restano valide per il congresso del prossimo 29 gennaio). Uno scontro che, almeno sulla carta, sembra anche questo vinto a tavolino dal presidentissimo. Anche se in questo caso non si voterà per alzata di mano.
© Riproduzione riservata