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Spoleto 56, Raphael Gualazzi un mostro di bravura. Piano e voce incantano Piazza Duomo

Jacopo Brugalossi

Suona, canta, “swinga”, “jazza”. E fa tutto maledettamente bene. È un artista a tutto tondo Raphael Gualazzi, originale, unico nel panorama musicale nazionale. Proprio come il concerto che sabato sera ha regalato al pubblico che gremiva piazza Duomo in ogni ordine di posto, comprese le scale, e che ha assaporato ogni singola nota delle sue canzoni, dalla Sanremese “Sai. Ci basta un sogno”, al riarrangiamento al pianoforte dell'introduzione di un'opera del maestro Gian Carlo Menotti, giusto omaggio al fondatore del Festival dei 2 Mondi che proprio oggi avrebbe compiuto 102 anni.

Un concerto da vero fuoriclasse, che ha condensato in poco più di un'ora e mezzo una enormità di generi musicali, a volte anche fusi all'interno dello stesso brano. Dal jazz allo swing, dal blues al rock, dal folk al pop, giocato su continui cambi di ritmo e modulazione dei volumi della sua voce e degli strumenti. La band, infatti, non è contorno, ma attrice protagonista dello show, al pari di Raphael, che non vuole prendersi la scena tutta per sé, la condivide con i suoi musicisti lasciandogli lo spazio per assoli e virtuosismi che il pubblico ha apprezzato, convinto.

Un sax, una tromba, un trombone, una batteria, una chitarra, un contrabbasso. Hanno suonato con un sincronismo perfetto, esaltando le note del pianoforte e della voce: timbro particolare ma molto seducente, a momenti sussurrato, in altri graffiato. Anche sotto questo aspetto Gualazzi è unico. La sua voce interpreta testi mai banali, ricercati, raffinati. Straordinario l'impatto sulla scena delle tre coriste, che hanno dato vita ad uno show nello show, scatenando il pubblico, dopo essere entrate a metá concerto sulle note di “Don't call my name”. I dieci elementi sul palco hanno dato l’impressione di divertirsi da matti. Forse è solo questa la ricetta per fare della buona musica: divertirsi con e per il pubblico.

Poco importa se l'artista urbinate ha interloquito poco con gli spettatori, forse anche per timidezza. A parlare dritta al cuore dei presenti è stata la sua musica, “lei” mai timida o impacciata, magistralmente esaltata dai giochi di luce proiettati sulla facciata della cattedrale spoletina e sulle pareti laterali della piazza. Raphael Gualazzi ha concluso il concerto con il pezzo “I’m tired”, tratto dal suo ultimo cd “Happy Mistake”. Ma noi non eravamo affatto stanchi di ascoltare la sua musica.

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