Umbria | Italia | Mondo

Spese inutili per i cinghiali, aumenta la quota per i cacciatori: “Atc1 fuori controllo”

Spese inutili per i cinghiali, visti i risultati, che portano a un bilancio in profondo rosso, con l’aumento delle tasse a carico dei cacciatori. Federcaccia ed Enalcaccia umbre parlano di “disastro dell’Atc Pg 1”. E dopo le difficoltà per il mondo venatorio, tra aggiustamenti del Calendario per l’addestramento, ricorsi al Tar degli ambientalisti (con relativa falsa partenza dell’apertura generale) e le polemiche legate all’app per la tortora, le due associazioni denunciano la situazione all’Atc 1. Un ente a funzione pubblica, ricordano, dalla Regione Umbria istituito e sorvegliato.

“Come associazioni venatorie – scrivono le due associazioni – non possiamo sollevarci da ogni responsabilità perché purtroppo o per fortuna vi siamo dentro con nostri delegati, in questo caso Federcaccia ed Enalcaccia”. Denunciando il fatto che l’Atc1 di fatto vada avanti con il solo appoggio di Arci caccia tra le associazioni venatorie. “Se si esclude EPS – precisano – che così è considerata ma rappresentando il mondo della caccia in riserva non ha partecipato mai ai tavoli tra di noi”.

E qui la prima domanda, di natura politica: “Ma è possibile – scrivono Federcaccia ed Enalcaccia – che un Ambito Territoriale di Caccia vada avanti da tempo senza il parere favorevole delle associazioni più importanti dell’Umbria? È possibile che la gran parte dei fondi versati dai nostri cacciatori finiscano, in pratica, nelle tasche di agricoltori e consulenti lasciando ormai quasi a secco la gestione delle ZRC e non avendo fondi sufficienti per il ripopolamento?”.

Dati alla mano, l’Atc PG1 chiude un disastroso 2021 con un passivo d’esercizio di addirittura 160mila euro, coperto solo grazie a risorse accantonate in precedenza. “Nonostante la bella fetta di danni dei cinghiali – ricordano le due associazioni – coperta dalla Regione (256mila euro per tutta l’Umbria)”.

Gli aumenti per i cinghialisti

“Questo ente, in controtendenza ad ogni attività con un potere ed una autonomia eccessiva rispetto ai compiti istituzionali – denunciano – ha intrapreso una politica che aumenta in misura sconsiderata ogni costo dei suoi utenti, a parte la tassa che è un po’ più complicato sollevare. E fa arrabbiare soprattutto i cinghialisti di braccata, che dopo aver accettato di buon grado l’inizio della selezione nei settori dall’anno scorso, gli agricoltori dopo 4 ore dal danno e le gabbie (sparse in verità piuttosto a casaccio), con l’assicurazione che tutto questo avrebbe contribuito in maniera significativa ad abbassare l’entità dei danni e quindi i conseguenti costi sulle spalle dei cacciatori, ora devono, per tutta risposta, rimpinguare le tasse ATC con 300 euro a squadra, 28 in più a cacciatore, e ulteriori penali da contribuire nei distretti in base ai danni risultati nell’anno precedente”.

Insomma molti cacciatori finiscono per dare 100 euro in più all’Ambito. “Senza che buona parte di questi costi – accusano Federcaccia ed Enalcaccia – siano veramente verificati e trasparenti, perché i costi di esercizio appaiono un po’ troppo alti per qualche fascetta, registri e poco altro che viene consegnato, mentre i danni che continuano ad aumentare nonostante prelievi post-covid molto più numerosi lasciano sbigottiti”.

Cacciatori “ostaggi” dell’Atc e spese inutili per i cinghiali

Se poi il cacciatore dissuaso dalla pretesa economica si vuole cancellare dalla squadra, l’Atc glielo vieta da regolamento, e il costo resta a carico della squadra.

“In questo Atc – accusano ancora Federcaccia ed Enalcaccia – sembra che la spending review che oggi devono fare tutti, sia fatta per aumentare sperperi e portare di fatto l’ente ad esclusivo ruolo di gestione della caccia al cinghiale e suoi danni”. Spese giudicate “sproporzionate”, che i presidenti regionali di Federcaccia ed Enalcaccia avevano preventivamente contestato, come i 40mila euro di gabbie che hanno portato ad un prelievo di appena 28 cinghiali.


“Le gabbie per i cinghiali? Acquistate non per scelta propria
ma su richiesta dell’Assessorato”


“Per non parlare – proseguono le due associazioni – di spese esose per quelle consulenze che dicevano che i cinghiali provenivano dai settori di caccia, o che la braccata non è utile a limitare l’espansione del cinghiale. Opinioni avvalorate talvolta da studi nazionali e di associazioni ambientaliste, che chi pratica la caccia può smentire in un minuto. Come quella secondo cui in braccata muoiono prevalentemente i cinghiali adulti e in alto sulla scala gerarchica. Viene in mente una massima recitante il principio per cui gli animali non mettono il primo a morire a comandare”.

I danni per le altre forme di caccia e le ART

Queste forti tensioni sul mondo della caccia al cinghiale si ripercuotono gravemente sulle altre forme di caccia, specie quella su stanziale, che vede svanire progressivamente ogni fondo per acquisto selvaggina o gestione delle aree per ripopolamento e irradiamento.

“Una nuova tegola è caduta sopra questo settore di caccia – ricordano le due associazioni – per la costituzione coattiva e non accordata con le associazioni, delle 17 ART, che è l’ultima sberla rifilata a chi aveva ipotizzato altre ART o che aveva ripopolato nei territori istituiti improvvisamente in ART. C’era un accordo con la Regione – ricordano – per fare queste chiusure e aperture in periodo primaverile, per non penalizzare i ripopolamenti e consentire ai cacciatori una migliore gestione. Inoltre, solo alcune di queste erano effettivamente progettate dai dirigenti di zona, le altre senza una collaborazione di agricoltori e cacciatori, e senza un progetto, diventeranno cattedrali nel deserto”.

“Basta a questa gestione unilaterale”

“Ora senza amplificare la polemica sterilmente perché a noi interessa risolverli i problemi e non cavalcarli – concludono Federcaccia ed Enalcaccia umbre – pare giunto il momento di dire fermamente basta a questa gestione unilaterale che non soddisfa e coinvolge più in modo corretto i cacciatori e i numeri dicono completamente fuori controllo”.