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Speranza anti-Parkinson, impiantati neuroni da staminali embrionali umane

(Adnkronos) – Dalla ricerca europea sulle cellule staminali embrionali alla prima fase di sperimentazione clinica nell’uomo di una terapia per il Parkinson. È questo il risultato chiave – tutto ‘made in Ue’ – degli studi condotti, a partire dal 2008, nel contesto di tre consorzi di ricerca finanziati dall’Unione Europea (con bandi del settimo programma quadro e Horizon 2020), coordinati dal ‘Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative’, dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano & Istituto Nazionale di Genetica Molecolare, diretto dalla professoressa e senatrice a vita Elena Cattaneo. “Non saremmo mai arrivati a questo traguardo di sperimentazione per il Parkinson se l’Ue non avesse realizzato uno spazio comune della ricerca, stimolando gli studiosi a unire idee, competenze e traiettorie in modo trasparente, libero e competitivo e premiando collaborazioni e sinergie”, ha affermato Cattaneo nel suo intervento durante il convegno ‘Stem cell revolutions for neurodegenerative diseases’ che si è svolto questa mattina nella Sala Napoleonica dell’Università degli Studi di Milano.  

“La sperimentazione clinica attualmente in corso, la prima in Europa, consiste nel trapianto di neuroni prodotti in laboratorio a partire da cellule staminali embrionali umane in pazienti affetti da Parkinson, per sostituire i neuroni danneggiati a causa della malattia. Qualora gli esiti di questi test dovessero risultare positivi, si aprirebbero nuove prospettive per il trattamento di altre malattie neurodegenerative, tra cui l’Huntington, da sempre al centro dell’attività di ricerca della professoressa Cattaneo”, sottolinea la nota dell’Università degli Studi di Milano.  

La prima fase dei test clinici è partita a febbraio 2023: i trapianti sono stati eseguiti in Svezia e Regno Unito, fino a ottobre 2024, in otto pazienti che saranno seguiti per almeno 12 mesi dopo il trapianto. I dati preliminari sugli esiti dei test potranno essere disponibili all’inizio del 2026. L’incontro di oggi è stato l’occasione anche per sottolineare l’importanza della dimensione europea della ricerca, in particolare la Cattaneo ha ricordato come questi 16 anni di collaborazione siano stati “densi di lavoro, esperimenti, prove e verifiche” e sottolineato “il ruolo fondamentale dell’Europa, da sempre motore di innovazione e luogo libero e inclusivo in cui immaginare prospettive di sviluppo e crescita per il futuro della scienza, dell’economia e della società”.  

I lavori sono stati aperti dall’intervento della Rettrice Marina Brambilla: “La ricerca europea costituisce un importante strumento capace di accelerare innovazione, conoscenza e cooperazione internazionale, e in quanto tale rappresenta una straordinaria occasione di coesione e di unità, proponendo un modello di cooperazione di grande valore etico e civile, oltre che naturalmente scientifico. L’Università degli Studi di Milano – ha ricorcato Brambilla – è un grande ateneo pubblico e interdisciplinare, un ecosistema ideale per consentire ricerca di qualità in discipline e realtà diverse, tale da assicurare l’equilibrio tra la spinta alla ricerca di base, il libero esercizio della curiosità scientifica e il trasferimento di valore sul territorio, necessario per affrontare le più importanti sfide che la società civile ci pone. La collaborazione internazionale tra le équipe di ricerca di diversi Paesi e discipline rappresenta un valore assolutamente fondamentale per la nostra Università e per ogni ateneo: ci aiuta a competere a livello mondiale; a dare respiro e prospettiva ai nostri progetti di ricerca; a rendere internazionale la dimensione della nostra formazione, oltre che della nostra ricerca; ad insegnare ai nostri studenti il valore della collaborazione e della competizione basata sul merito”.  

Durante il convegno sono state ripercorse le tappe principali dei tre consorzi scientifici europei: dallo sviluppo di protocolli per ‘trasformare’ le cellule staminali embrionali, in laboratorio, in neuroni simili a quelli che degenerano nel cervello dei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson, alla dimostrazione della loro sicurezza dopo trapianti in modelli animali; dallo studio dell’efficacia delle cellule trapiantate all’autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) per la sperimentazione clinica nell’uomo.  

Sul tema del ruolo dell’Unione europea nel promuovere la ricerca scientifica, è intervenuta anche Maria Leptin, presidente dello European research council (Erc): “Di fronte all’incertezza economica, alla competizione tecnologica e alle sfide climatiche, l’Ue dovrebbe affidarsi al ruolo trasformativo della ricerca di frontiera nel trainare innovazione e competitività. Solo investendo nell’eccellenza scientifica, mantenendo un equilibrio tra gli obiettivi a breve e quelli a lungo termine, sostenendo i ricercatori e costruendo capacità di ricerca e sviluppo l’Europa riuscirà ad assicurarsi la leadership futura nelle tecnologie globali”. 

Fra i relatori del convegno, i neuroscienziati dell’Università di Lund in Svezia, Anders Björklund, pioniere della strategia di trapianto cellulare per il trattamento della malattia di Parkinson che ha ricordato come “la scoperta delle cellule staminali embrionali 25 anni fa è stato l’inizio di un percorso scientifico che promette di rivoluzionare il nostro approccio al trattamento delle malattie degenerative del cervello”, e Malin Parmar, già sua allieva e ora leader di ‘Stem-PD’, la prima sperimentazione clinica europea che studia nell’uomo l’efficacia del trapianto di neuroni da staminali embrionali in pazienti con malattia di Parkinson. Parmar, nel suo intervento, ha ricordato l’importanza essenziale della collaborazione tra il mondo accademico e l’industria “per portare una scienza di alta qualità dal laboratorio ai pazienti”. 

Roger Barker, neuroscienziato clinico dell’Università di Cambridge, che sta conducendo la sperimentazione insieme ai colleghi svedesi, presente al convegno insieme a uno dei pazienti partecipanti, ha espresso l’auspicio che quella in corso “sia solo la prima di molte sperimentazioni di terapie sviluppate a partire da cellule staminali per il trattamento di malattie del cervello”. 

Il convegno, infine, ha rappresentato la necessità di superare definitivamente, alla luce degli avanzamenti scientifici odierni, il divieto di derivare cellule staminali embrionali dalle blastocisti sovrannumerarie in ogni caso destinate ad un “congelamento distruttivo”. Divieto introdotto venti anni fa dalla legge 40/2004 che, ancor oggi, costringe i nostri scienziati – pena il carcere – a importare dall’estero queste cellule per poterle studiare.