E' terminata poco fa la messa in suffragio di Gian Carlo Menotti. Monsignor Riccardo Fontana, nell'omelia, ha ricordato l'importanza che il Maestro ha avuto per la città di Spoleto. “Siamo qui – ha detto – per ringraziare il Signore di avercelo fatto incontrare”. Commossa la partecipazione di Francis Menotti, attorniato dai suoi collaboratori più stretti. La celebrazione è stata molto partecipata dalle persone da sempre legate al Maestro scomparso un anno fa. Presenti anche il sindaco Massimo Brunini ed alcuni parlamentari.
Di seguito il testo integrale dell'omelia di monsignor Fontana:
Autorità, diletti figlie e figli,
Spoleto si raccoglie quest'oggi in preghiera sotto le arcate di questa mirabile Cattedrale per assolvere un debito di riconoscenza e per far tesoro di quelle alte ispirazioni che vengono dalla Parola di Dio e dalla vita degli uomini illustri. 1. Nessuno di noi può dimenticare i novissimi
“Sorgerà Michele, il gran principe che vigila sui figli del tuo popolo” .La memoria del Maestro Giancarlo Menotti, persona cara che ha legato la sua vicenda personale alla storia di questa città, è un tesoro che vogliamo ben valorizzare. Ci ha fatto recuperare la dimensione del sogno e l'aspirazione ai temi alti della cultura e dell'arte. Ci invita a guardare al futuro. La vita è come un percorso che procede verso appuntamenti sempre più significativi e consistenti. Chi è illuminato dalla fede sa scoprire, anche tra le miserie del mondo, lo sguardo vigile degli angeli. Siamo qui per rammentarci che le difficoltà sono passeggere e che Cristo Signore ha sconfitto il male e la morte. Sappiamo bene che ci ritroveremo nel giorno del Signore, quando la bilancia della giustizia di Dio, che il Medioevo in questa città amava porre nelle mani dell'Arcangelo Michele, peserà ogni azione. Ciascuno si orienterà verso le scelte che avranno predominato nella sua vita. La lontananza da Dio per chi preferì l'egoismo, la comunione con Lui per chi scelse per l'Amore. “Sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro” , aggiunge la profezia di Daniele: una parola di speranza, come ci ha appena ricordato Papa Benedetto XVI. Il libro della vita, che la riflessione dei secoli vuole articolato e complesso, è il luogo dove ciò che resta è la bellezza: come in un canto armonioso, con elegia, Sant'Agostino confessa ancora l'aspirazione di ogni uomo di valore “tardi ti amai bellezza così antica e così nuova” . La grazia del Signore ci dona il tempo e gli anni per cancellare le brutture dell'egoismo, la competizione che divide, le polemiche che offuscano la limpidezza delle intenzioni. Sì, “molti di quelli che dormono nella polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna” . La nostra vita non scorre inutilmente, non rientra nella logica del futile e dell'effimero. Sotto lo sguardo di Dio ciascuno di noi si orienta verso ciò che preferisce e dà senso alla propria storia. Ricordando il maestro scomparso non possiamo non farci sovvenire alla mente che vi è un duello tra la vita e la morte: inevitabile, essenziale, capace di determinare la nostra sorte definitiva. Come scandisce l'antico musico medievale “mors et vita duello conflixere mirando” . Ciò che resta di noi è quella decisione esistenziale, che è la sintesi più alta in cui si raccoglie il senso della nostra vita; quella scelta ultima è il nostro vero contributo alla comunità degli uomini. “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento…come le stelle per sempre” . Quella saggezza dell'antico agiografo, avvezzo a scrutare nell'immensità del cielo le armonie del cosmo, ci piace riconoscere nel fratello che ricordiamo e che per metà secolo Spoleto intera ha chiamato maestro. Di lui rimanga ciò che di bello e di buono ha fatto. Si dissolva, come cenere al vento, la fragilità umana che la sua arte tentò di vincere negli anni della vita.
2. La ricompensa delle opere compiute
“Riceveremo un'abitazione da Dio” , ci conforta la Scrittura. A ben poca cosa valgono le onoranze umane. Sotto il profilo dell'eternità, ciò che resta di noi è la fiducia che ponemmo nel Signore. A niente valgono le costruzioni umane e le ricchezze: unica eredità che non marcisce è abitare nella casa di Dio in compagnia, dei suoi Santi.Giancarlo Menotti stasera ci ripropone la scelta fondamentale che dà senso alla vita. Tocca a noi scegliere, ciascuno per sè, ma anche insieme come comunità umana e come amici che si ritrovano, se dare maggior peso ai beni del mondo o alle cose eterne. Tutti i cultori dell'arte, in virtù di quel dono singolarissimo che chiamiamo ispirazione, sono come “in esilio, lontani dal Signore” . Negli anni della vita mortale tentano, con la loro invenzione, di catturare scintille divine, quelle musiche, quelle perfezioni del bello che ci fanno percepire, attraverso l'artista, armonie infinite e superiori, lacerti di Paradiso. E' vero, ciascuno di noi trova difficoltà a rapportarsi con la grandezza dei temi che la vita e la morte ci ripropongono: “camminiamo nella fede e non ancora in visione” . Il messaggio positivo che ci è dato di raccogliere questa sera in Cattedrale è di valutare la nostra vita, come in un bilancio provvisorio davanti a Dio e di discernere se “ci sforziamo di essere a lui graditi” . Questo è il dono che la memoria dei trapassati fa ad ogni vivente.
3. Resta con noi perché si fa sera
La lunga vita di Giancarlo Menotti ci aiuta a cogliere il dinamismo insito in ogni storia umana. Ciascuno di noi è in evoluzione. Il bene che c'è in noi e il male che ci tenta sono, come nel mito di Scilla e Cariddi, la strettoia attraverso la quale passare, ma anche l'originalità che ogni vita ha in sé. La Parola di Dio, raccontando la vicenda dei Discepoli di Emmaus, dice di loro, ma anche di ciascuno di noi: “erano in cammino” . E' questa l'immagine della vita, dove il ricordo del passato e la costruzione del futuro sono nelle nostre mani. E' l'antico termine che l'evangelista Luca usa per designare i cristiani.La fede ci rinfranca. Nel percorso di ogni vita Dio si fa presente, anche quando noi stessi stentiamo a vederlo, a sentirne la vicinanza. Come di quegli antichi testimoni dei fatti di Cristo a Gerusalemme, Luca seguita a dire di noi: “i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo” . Spoleto mia, quante volte attorno alle storie degli ultimi cinquanta anni hai trovato difficoltà a discernere il bene dal male, l'interesse personale dalla generosità, il contrasto tra il bello e le brutture!Stasera nella chiesa madre, dove tante volte il Maestro Menotti si è unito in umiltà al popolo cristiano nella preghiera, non lo vediamo con gli occhi della carne, ma ci piace sentirlo ancora al nostro fianco, insieme ai grandi del passato. Siamo qui per ringraziare il Signore di avercelo fatto incontrare. Siamo grati per l'amore che ha avuto per questa antica storia, per la sua rocca, per la mirabile pizza del Duomo, per i teatri, le vie medievali e gli scorci inimitabili che ha fatto apprezzare all'uno e all'altro mondo, ma ancor più per questa nostra gente che stasera lo ricorda. Come i Discepoli di Emmaus all'incontro con il Signore, ci è caro pensare che le prospettive umane, i progetti e le storie limitate, per cui anche qui possiamo ripetere “noi speravamo” , cedano il passo all'incontro con Cristo. Non già l'immagine del Pantocratore che il Sotio rappresentò con arte musiva sulla facciata del Duomo, ma Lui stesso il Vivente. A Cristo Signore affidiamo il nostro amico. Chiediamo a Dio di valorizzare la bellezza dell'animo del Maestro Giancarlo e di perdonare quanto la inevitabile fragilità umana avesse appesantito la sua storia quasi centenaria. Amo sperare che anche per noi si ripeta stasera la vicenda di Emmaus, quando i Discepoli si resero conto della vicinanza del Signore: “allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” . La città è invitata a ritrovare le ragioni della fede che colma le divisioni ed esalta ogni positività. Con la fede dei piccoli e dei poveri, a un anno dalla dipartita del Maestro Menotti da questo mondo, chiosando la liturgia, anche noi “ti rendiamo grazie o Signore, per tutti i benefici che gli hai dato in questa vita” sommamente per il dono dell'arte che è “segno della tua bontà” . “Nella tua misericordia senza limiti aprigli le porte del Paradiso e a noi che restiamo quaggiù” dona la capacità di far tesoro di quanto ricevemmo dall'amico scomparso e di custodire nella pace e nella concordia l'impagabile patrimonio umano che fu la sua presenza a Spoleto.