Annunciatori del Vangelo in Parole ed opere nell’Italia di oggi, promotori di progetti anti-crisi per famiglie, anziani e giovani in cerca di occupazione, in prima linea nella gestione dell’emergenza Covid 19, i sacerdoti si affidano alla comunità per essere liberi di servire tutti.
“Ogni Offerta è il segno concreto di questa vicinanza. Raggiunge tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro – spiega il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – Tanto più nell’anno difficile del Covid, in cui da mesi i preti diocesani continuano a tenere unite le comunità disperse, incoraggiano i più soli e non smettono di servire il numero crescente di nuovi poveri. Oggi più che mai i nostri sacerdoti sono annunciatori di speranza, ci incoraggiano a vivere affrontando le difficoltà con fede e generosità, rispondendo all’emergenza con la dedizione”.
Le Offerte sono lo strumento che permette a ogni fedele di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani che assicurano una presenza costante in tutte le parrocchie per annunciare il Vangelo e supportare le comunità. Ogni Offerta rappresenta dunque un importante segno di appartenenza e comunione.
Destinate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero, le Offerte sono uno strumento perequativo e di solidarietà nazionale scaturito dalla revisione concordataria del 1984, per sostenere l’attività pastorale dei circa 34.000 sacerdoti diocesani. Infatti da oltre 30 anni i sacerdoti non ricevono più uno stipendio dallo Stato, la congrua, ed è responsabilità di ogni fedele partecipare al loro sostentamento, anche attraverso questa modalità.
“Norcia è stata distrutta 7 volte dai terremoti. Ma non c’era memoria di uno come quello del 30 ottobre 2016”. Racconta Don Marco Rufini, 53 anni, che è stato a lungo l’unico sacerdote per il paese e le sue 18 frazioni, prima che nel 2018 lo raggiungesse don Davide Tononi. Sfollato tra gli sfollati Don Marco ha confortato la popolazione in un percorso difficile di ripresa.
Al momento della scossa di magnitudo 7.4 si trovava all’aperto: “Era impossibile restare in piedi, – racconta a Sovvenire, il trimestrale del Servizio Promozione Cei -la terra si è sollevata e mi sono ritrovato aggrappato ad un albero. La città ‘ballava’, credevo di avere le allucinazioni. Quando è finito, non avevo più davanti agli occhi Norcia, solo polvere. Per fortuna non abbiamo avuto vittime, la buona ricostruzione del ’79 ha evitato il peggio. I morti li fa l’uomo e non il sisma”. Per la dedizione verso la popolazione, dispersa per oltre 56 chilometri quadrati, con dislivelli da 400 a 1.600 metri, gli è stato assegnato, nel 2017, il Global education award, il prestigioso riconoscimento del Festival mondiale della creatività nella scuola, “per il coraggio dimostrato nel condividere il dolore dei ragazzi e delle famiglie colpite dagli eventi sismici del Centro Italia, rimanendo sempre al fianco della popolazione di Norcia, custode della spiritualità della città di San Benedetto, patrono d’Italia”.
Tra la distruzione ed una comunità lacerata il terremoto non ha cambiato il senso dell’essere sacerdote. “Le modalità dell’essere parroco sono sempre le stesse, – sottolinea Don Marco – cambiano le condizioni esteriori o le cose che concretamente si fanno. La ‘missione’ però, resta la stessa.”
Oggi ha abbandonato la roulotte che lo ha accolto nei primi anni e abita in una casa in legno, presso il centro pastorale ‘Papa Francesco’.
I segni del sisma del 2016 sono ancora visibili nel paesaggio e negli occhi delle persone che hanno deciso di restare.
Ma da una tragedia si può costruire una comunità. Don Marco insieme a Don Davide, si impegna ogni giorno per portare Gesù alle famiglie che non hanno più un luogo di preghiera. Sopra la città sorge ora la chiesa prefabbricata, luminosa e sicura. Accanto, i container per le attività parrocchiali.
“La casa perduta per i nostri anziani è il vero dramma, l’avevano costruita per le generazioni future: era il simbolo dell’affrancamento dalla povertà dopo una vita durissima – spiega don Rufini – Mio nonno, contadino, nella vita cambiò in 20 anni 5 casali, portando con sé le sue povere cose. Nelle casette coibentate col cartongesso, chi ha potuto ha portato un comò o un tavolino, per ritrovare intorno a sé qualcosa di familiare. Per noi preti le comunità sono la nostra forzacosì come quella più grande dei donatori del sovvenire. La vita i suoi terremoti ce l’ha sempre. La nostra opera non è rifare quel che c’era prima, ma renderlo migliore”.
In un territorio così duramente colpito c’è urgenza di centri pastorali anche per delocalizzare i luoghi di culto: “– È pieno il mondo di posti senza comunità, – chiarisce don Davide Tononi, parroco in solido – noi almeno abbiamo fedeli e relazioni salde anche se per ora senza mura per il culto.”.
Nato nel Bresciano, umbro d’adozione, 36 anni, dal 2018 i fedeli lo vedono arrivare ovunque con la sua Vespa 50 Special gialla. Don Davide vive in un container, che gli è stato affidato quando è arrivato a Norcia. In questi anni non ha mai smesso di lottare per tenere alta l’attenzione sulla ricostruzione e, nel luglio scorso, ha inviato un videomessaggio al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per sollecitare l’attenzione del governo e non far cadere nel dimenticatoio la situazione del Centro Italia dopo il sisma. Parroco social, Don Davide pubblica e commenta tutti i giorni sui social il Vangelo del giorno. “Il Signore diceva di gridare la parola di Dio dai tetti delle città, – spiega il sacerdote – io nel mio piccolo lo faccioattraverso i social“. Con un seguito crescente spiega che l’idea gli è venuta pensando che magari a qualcuno avrebbe fatto piacere leggere la parola di Dio. E l’iniziativa, infatti, con il passare del tempo ha riscosso sempre più successo.
Molto amati dalla comunità i due parroci si misurano quotidianamente con le ricadute della devastazione che comportano una ricostruzione difficile, rallentata in questo difficile 2020 anche dall’emergenza coronavirus.
Tra sisma e pandemia Don Marco e Don Davide sono passati in due anni da un’emergenza all’altra. “Il terremoto aveva tolto l’aspetto materiale – sottolinea Don Davide – ma rimaneva comunque lo stare insieme, che era quello che ti dava forza per aver perso le proprie cose. Adesso la pandemia ha colpito la relazione che qui era quella che ti salvava”.
Adesso bisogna rivedere le priorità e capire cosa si vuole mettere al centro della propria vita. C’è bisogno di restare uniti, anche se a distanza, contro la paura di essere dimenticati, di cercare la felicità nelle piccole cose per riscoprire la bellezza dello stupore.
“Dobbiamo ritornare – dice Don Davide a Giovanni Panozzo nel docufilm della serie Insieme ai sacerdoti- a insegnare ai nostri figli a guardare le stelle. Se riesci a vivere la tua ordinarietà, come qualcosa di straordinario, se riesci a vivere la realtà come un dono, allora sei una persona felice”.
L’opera di sacerdoti come don Marco e Don Davide è resa possibile anche grazie alle Offerte per i sacerdoti, diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, perché espressamente destinate al sostentamento dei preti diocesani.
Dal proprio parroco al più lontano. Ogni fedele è chiamato a parteciparvi, a titolo personale o della propria famiglia. L’Offerta è nata come strumento di comunione tra sacerdoti e popolo di Dio e delle parrocchie tra loro. Per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della ‘Chiesa-comunione’ delineata dal Concilio Vaticano II.
Nel 2019 sono state raccolte 84.699 Offerte, per un totale di 7.837.075 euro. Queste concorrono a rendere possibile la remunerazione mensile di quasi 34.000 sacerdoti di cui 30.664 sono a servizio delle 227 diocesi italiane, tra questi circa 400 sono stati impegnati nelle missioni nei Paesi del Terzo Mondo come fidei donum mentre 2.848, per ragioni di età o di salute, sono in previdenza integrativa.
Nel consuntivo relativo al 2019, il fabbisogno complessivo annuo per il sostentamento dei sacerdoti è ammontato a 525,5 milioni di euro lordi, comprensivi delle integrazioni nette mensili ai sacerdoti (12 l’anno), delle imposte Irpef, dei contributi previdenziali e assistenziali e del premio per l’assicurazione sanitaria.
A coprire il fabbisogno annuo provvedono: per il 16,7% in prima battuta gli stessi sacerdoti, grazie agli stipendi da loro percepiti (per esempio quali insegnanti di religione o per il servizio pastorale nelle carceri e negli ospedali); per il 7,5% dalle parrocchie presso cui prestano servizio (*). Il resto è coperto per il 6,5% dalle rendite degli Istituti diocesani per il sostentamento del clero, per il 67,6% dalla CEI con una parte dei fondi derivanti dall’8xmille e solo per l’1,7% attraverso le Offerte deducibili per il sostentamento del clero indirizzate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero.
Ad oggi quindi le Offerte coprono solo circa l’1,7% del fabbisogno e per remunerare i nostri sacerdoti diocesani bisogna ancora far riferimento all’8xmille. Nonostante questa piccola percentuale, il loro significato indica un’ulteriore consapevolezza e partecipazione alla vita di tutte le comunità italiane, oltre che della propria.
I contributi versati infatti vengono inviati all’Istituto centrale sostentamento clero di Roma, che li distribuisce equamente tra i preti diocesani. Assicura così una remunerazione mensile che va dai 903 euro netti al mese per un sacerdote appena ordinato, fino ai 1.405 euro per un vescovo ai limiti della pensione.
Il contributo è deducibile fino ad un massimo di 1.032,91 euro l’anno.
Info: www.insiemeaisacerdoti.it
(*) Ogni sacerdote infatti può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra (quota capitaria) per il suo sostentamento, pari a circa 7 centesimi al mese per abitante. In questo modo, nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. Le Offerte vengono allora in aiuto alla quota capitaria: comportano un piccolo esborso ma indicano una scelta di vita ecclesiale.