Cinquant’anni e sentirli tutti, per fortuna. Perché se Umbria Jazz non ha perso la dirompente freschezza degli esordi, è una manifestazione maturata, nell’equilibrio trovato tra sperimentazione artistica ed esigenze di botteghino, anche attraverso contaminazioni pop. Sono comunque lontani i giorni dei difficili esordi. Quelli della contestazione (il patron, Carlo Pagnotta, era costretto ad andare in giro con un gancio di ferro di quelli utilizzati dagli attrezzisti) e dei giovani capelloni che, con lo slogan “la musica è di tutti e deve essere gratis”, dopo ogni concerto si infilavano nei loro sacchi a pelo nelle piazzo o sotto le logge del palazzo della Prefettura.
Oggi Umbria Jazz è un evento che, oltre a veicolare nel mondo il nome dell’Umbria e di Perugia (ma anche delle altre città che coinvolge, come Terni e Orvieto, che ospita l’edizione Winter), produce per questa terra un aggiunto immediatamente monetizzabile. E quantificabile, come dimostra lo studio condotto dall’Agenzia Umbria Ricerche epresentato dall’amministratore dell’Aur, Alessandro Campi. Che calcola in 15,8 milioni di euro di produzione, 5,7 milioni di valore aggiunto e 6,9 milioni di Pil la ricchezza che Umbria Jazz genererà quest’anno per il territorio, dove occupa direttamente 108 persone.
Se poi si considerano anche gli effetti prodotti nel resto d’Italia, nel complesso Umbria Jazz arriva a generare 25 milioni di euro di produzione, 9,8 milioni di euro di valore aggiunto, 11 milioni di euro di Pil, 173 unità di lavoro.
Gli effetti strettamente economici prodotti da Umbria Jazz sul sistema umbro derivano infatti da due componenti di spesa, stimate per l’annualità 2023: da un lato la spesa sostenuta per l’organizzazione del festival (6,5 milioni di euro), opportunamente distinta tra la quota rivolta al territorio e quella indirizzata verso economie esterne, dall’altro la spesa dei visitatori (5,2 milioni di euro). Attraverso un modello di simulazione appositamente configurato allo scopo, basato sulla metodologia Input-Output, è stato possibile stimare le ricadute di questa spesa in Umbria e nel resto d’Italia in termini di produzione, redditi, Pil, occupazione.
E come nel caso degli investimenti fatti sull’aeroporto, la Regione Umbria, attraverso questi dati, vuole giustificare il ritorno del sostegno dato a questa manifestazione. Perché, appunto, oltre ad un grande volano promozionale per il turismo e le attività ad esso connesse, produce immediatamente ricchezza per la comunità locale. Rispetto al cosiddetto effetto moltiplicatore dei contributi pubblici, è stato stimato che ogni 100 euro di finanziamento (da Stato, Regione, Comuni di Perugia, Terni e Orvieto e dalle Camere di commercio) riescono ad attivare sul solo territorio regionale almeno 264 euro di Pil e 218 euro di redditi, oltre che 606 euro di produzione a livello locale.
Da qui la scelta di pianificare adeguatamente il sostegno alle grandi manifestazioni culturali, legandole sempre più anche con l’economia del territorio. “L’opera che come Giunta regionale stiamo portando avanti – ha detto la governatrice Donatella Tesei – è quella di legare i grandi eventi di cui la regione è ricca, così come le produzioni locali di eccellenza, anche quelle rappresentate dal settore industriale e manifatturiero, al logo “Umbria cuore verde d’Italia”, affinché tutte le realtà regionali diventino sempre più conosciute e riconoscibili a livello nazionale ed internazionale”.
“Lo studio condotto dall’Aur – ha aggiunto l’assessore regionale al Turismo, Paola Agabiti – ha il grande merito di rendere conto e comunicare ai cittadini quali siano le somme investite in un evento come Umbria Jazz e di stimare, su basi scientifiche, quali siano gli effetti in termini di incremento del Pil regionale e di ricaduta sul territorio. Rispetto al passato rivendichiamo con forza la scelta di impiegare i fondi comunitari per sostenere la cultura, il turismo e la promozione della nostra Regione”.
Un occhio ai conti, uno al risultato artistico per gli appassionati del jezz e della grande musica in generale. Aspetto, quest’ultimo, non secondario, come hanno ricordato il direttore artistico Carlo Pagnotta e il presidente della Fondazione Umbria Jazz, Gian Luca Laurenzi, spiegando anche il mix tra spettacoli a pagamento e concerti gratuiti che sono nel dna di questa manifestazione.