“Potenziare le residenze protette nell’orvietano e dare avvio al progetti di aumento dei posti letto”. Lo chiedono in un’interrogazione presentata oggi Daniele Longaroni, Stefano Garillo, Giampiero Lattanzi (Pd) e Giorgio Santelli (Idv). “Esiste da tempo – dicono i firmatari nell’interrogazione – una relazione della conferenza dei sindaci per l’adeguamento e l’incremento dei posti di residenza protetta. L’orvietano è inoltre il comprensorio umbro con la più alta percentuale di anziani over 65 e 75 anni ed è il territorio dove mancano strutture di residenza sanitaria assistita di natura pubblica, strutture di riabilitazione di tipo intensivo ed è stato chiuso da tempo il reparto di geriatria dell’ospedale.
Sempre nell’orvietano si registra l’insufficienza di centri semiresidenziali, diurni per anziani, sia per autosufficienti che per non autosufficienti. Non si capiscono le motivazioni della non decisione da parte della direzione generale della Asl n. 4 – continuano i consiglieri – benché ci siano tutti gli elementi necessari per programmare ciò che peraltro è previsto dal P.r.i.n.a. (Piano regionale integrato per la non autosufficienza), ossia l’incremento di 82 posti di residenza protetta nella nostra provincia. In questi ultimi anni le strutture operanti nel territorio orvietano hanno fatto importanti investimenti, sia
strutturali che per la formazione del personale, al fine della corretta applicazione delle normative regionali sulla qualità dei servizi prestati, tutti requisiti necessari per ottenere l’autorizzazione di residenze protette. L’incertezza che siano assegnati al territorio orvietano un adeguato numero di autorizzazioni potrebbe causare serie ripercussioni sia nelle persone da
assistere, sia alle loro famiglie che in questo scenario di bisogni sempre più pressanti vedono un crescente allungamento delle liste di attesa per accedere alle residenze protette e Alzheimer e sia per avere servizi adeguati in capo all’assistenza domiciliare integrata. Occorre inoltre tenere nella dovuta considerazione lo stato di agitazione che si sta generando tra gli operatori e i dipendenti del comparto socio assistenziale che vedono in pericolo il loro posto di lavoro. Se non ci sarà quindi – concludono Longaroni, Garillo, Lattanzi e Santelli – una rapida decisione si assisterà passivamente al montare del clima di tensione che si sta generando nelle famiglie e tra gli operatori socio sanitari”.