Dall’inosservanza delle misure anti Covid al mobbing, sempre all’interno del commissariato di Polizia di Città di Castello. Si fanno sempre più pesanti le accuse del Siulp di Perugia (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori della Polizia), soprattutto nei confronti del dirigente della Questura tifernate.
Il Segretario provinciale Massimo Pici – che rappresenta l’80% degli agenti di Città di Castello – è infatti tornato a segnalare altre situazioni al limite, che riguardano proprio – dice – “l’atteggiamento ‘imbarazzante’ del Dirigente del Commissariato, che viola il basilare concetto di rispetto di personale e collaboratori”. Tra queste vi è quella di tre colleghi che sarebbero stati costretti a ricorrere alle cure dei Sanitari – “pur non essendo cagionevoli di salute” – “a causa delle intemperanze del dirigente”.
A giugno, ad esempio, come racconta il sindacalista, un Sovrintendete Capo, in presenza di altri colleghi, avrebbe accusato un malore, “causato dall’impossibilità di rispondere in maniera proporzionata al provocatorio confronto. Il classico atteggiamento da bullo o del mobbing, che necessita della presenza del pubblico per manifestare la sua forza. Il Dirigente comunque – continua Pici – non si è limitato ad offendere il malcapitato ma si è pure rifiutato di chiamare l’ambulanza, proferendo che ‘non è compito suo chiamare il 118’. I soccorsi sono poi stati chiamati da altri colleghi, c’è anche una certificazione medica che lo attesta“.
Pici descrive poi un quadro quasi inquietante, dove “i colleghi sono costretti a tacere a fronte di vere e proprie provocazioni e ad interiorizzare una rabbia che, somatizzata, genera malessere e può dare origine, come negli ultimi tre casi, a reazioni psicofisiche. Siamo di fronte ad un Dirigente incompatibile con l’ambiente che ha avvelenato, fonte di tensioni, preoccupazioni e ansia”. Per concludere il segretario del Siulp ha ribadito l’imminente sit-in di fronte al Commissariato tifernate, “dove saranno riportati anche altri episodi…”.