Stop al cas (contributo per l’autonoma sistemazione) per coloro che alla data del sisma del 2016 erano in affitto. Dopo 7 anni e mezzo si stringe la cinghia sulle misure di sostegno ai terremotati, puntando ad un dimezzamento del numero di chi vive fuori casa (12.319 famiglie, tra soluzioni abitative emergenziali e cas). Lo ha spiegato giovedì mattina il commissario alla ricostruzione Guido Castelli, dopo la cabina di coordinamento sisma che si è tenuta mercoledì e che ha preso decisioni significative in merito alla programmazione delle scadenze relative al 2024.
“È stata confermata – ha spiegato il senatore Castelli – la scadenza già definita al 31 dicembre 2023 per i percettori di Cas”. Per mantenere il contributo, infatti, dovranno essere presentati i progetti di riparazione delle abitazioni. I tecnici di chi invece è nei villaggi Sae o nei Mapre dovranno fare altrettanto entro il 30 giugno 2024, stessa data della scadenza perentoria per i progetti relativi alla ricostruzione produttiva.
La scadenza della presentazione dei progetti di ricostruzione per tutti gli altri casi (cioè di chi non gode di misure di assistenza abitativa) è invece fissata al 31 dicembre 2024. “Sono scadenze ipotizzate – ha sottolineato Castelli – nel rispetto di un principio di programmazione, non vogliamo chiedere l’impossibile ai tecnici, ma vogliamo dare priorità a queste categorie: ci prefiggiamo di dimezzare i numeri di chi vive fuori casa, dopo 7 anni”. I termini annunciati escludono i casi di edifici inseriti in piani attuativi o programmi straordinari di ricostruzione, per i quali si applicano cronoprogrammi specifici
“Un aspetto importante – ha annunciato il commissario straordinario alla ricostruzione – riguarda la cessazione, dopo 7 anni e mezzo, del riconoscimento del Cas di coloro i quali all’epoca del sisma erano in affitto. La misura è stata significativa, ma riteniamo che il 31 marzo 2024 sia il termine ultimo per godere di questo beneficio. Cesserà il Cas a prescindere dal deposito o meno del progetto dell’abitazione o struttura produttiva in affitto al tempo”. Come si ricorderà, infatti, dopo il terremoto era stato concesso il contributo per l’autonoma sistemazione anche a coloro che si trovavano in affitto e non solo a chi aveva perso la propria casa.
I dati più recenti indicano 2463 famiglie locatarie al momento del sisma (che si aggiungono ai 9856 nuclei familiari assegnatari di Sae o Cas che erano proprietari di un immobile terremotato). Tra loro 1567 nuclei familiari percepiscono il Cas poiché all’epoca erano in affitto in un’abitazione poi divenuta inagibile, altri 748 nuclei sono ospitati in Sae e 148 in altre soluzioni abitative (Mapre, invenduto Ater…). Mentre per i locatari che ricevono il Cas il contributo cesserà a marzo, chi è nelle Sae, Mapre e altri alloggi potrà mantenere la soluzione abitativa emergenziale pagando un canone agevolato, pari al canone dell’edilizia residenziale pubblica diminuto del 30%. Un fitto molto basso previsto fino al primo gennaio 2025.
Castelli ha sottolineato come vada chiusa “la fase lunga del deposito dei progetti”, ricordando che “su 50mila domande di contributi attesi, dopo 7 anni ne avevamo 29mila: quelle 20mila restanti devono arrivare per forza entro il 2024. In questa logica, fino al 31 marzo potranno essere integrate alcune pratiche particolari, rigettate in attesa di documenti, che erano rimaste incagliate…”.
Altra novità annunciata dal commissario straordinario alla ricostruzione e riparazione post sisma del Centro Italia riguarda la ricostruzione commerciale e produttiva (comprese anche attività agricole e zootecniche) ed in particolare le strutture delocalizzate. Gli imprenditori potranno chiedere di mantenere – accanto alla struttura ricettiva o produttiva riparata – per un periodo massimo di 6 anni anche la struttura delocalizzata (comprese le stalle). “La manutenzione e lo smantellamento dei fabbricati temporanei saranno poi a carico dell’attività economica” ha specificato Castelli.
Non solo: si potrà rendere fissa la struttura delocalizzata qualora ne ricorrano i presupposti, vale a dire la regolarità urbanistica e la proprietà del terreno in cui sorge. Contestualmente alla richiesta di trasformazione in definitiva della delocalizzazione temporanea potrà chiedere il ripristino o la demolizione o la cessione al Comune dell’immobile originario danneggiato dagli eventi sismici. Il tutto a fronte del pagamento di un costo pari al 70% di quanto è stato speso per la realizzazione della struttura temporanea sulla contabilità speciale della Regione. Si valuterà la fattibilità caso per caso.
Sul fronte invece della ricostruzione pubblica, il commissario straordinario ha evidenziato che è “in corso programma senza precedenti. Nel 2024 prevediamo l’affidamento di lavori per 1.500 opere pubbliche, che dovranno essere affidate entro il mese di marzo per quanto riguarda gli importi inferiori a 5,3 milioni di euro, mentre per le opere pubbliche di importo superiore, il termine è il 31 maggio 2024”. È poi prevista una proroga al 30 giugno 24 per la qualificazione giuridica delle stazioni appaltanti definita dal nuovo codice degli appalti. È previsto anche un servizio di assistenza tecnica per questo ai Comuni, che sono alle prese anche con il Pnrr.
Nella legge di bilancio 2024, che venerdì sarà votata in Senato e presumibilmente il 29 dicembre alla Camera, c’è uno stanziamento necessario ad una stabilizzazione del personale degli Uffici speciali alla ricostruzione e dei Comuni molto importante. In totale ben 359 dipendenti pubblici (136 negli Usr e 223 nei Comuni) potranno essere assunti a tempo indeterminato, con il costo della stabilizzazione che, fino al loro pensionamento, sarà coperto dallo Stato. In Abruzzo saranno stabilizzate 79 unità (54 in Comuni e Province, 25 in Regione), nel Lazio 42 (23 in Comuni e Province, 19 in Regione), nelle Marche 204 (114 in Comuni e Province, 90 in Regione) e in Umbria 34 (32 in Comuni e Province, 2 in Regione).
“Inoltre, – ha spiegato Guido Castelli – nella legge di bilancio c’è 1,5 miliardo in più per la ricostruzione pubblica del sisma 2016, che avrà quindi 2 obiettivi: completare quelle 1500 gare (per un valore di 1 miliardo e 100 milioni) e nel frattempo noi stanzieremo risorse tenendo conto di tutto ciò che è ancora residuo da finanziare, con particolare attenzione all’aumento dei costi che c’è stato”.