Siria, la sorella di Dall'Oglio: "Continuo a cercare Padre Paolo, anche nelle carceri" - Tuttoggi.info

Siria, la sorella di Dall’Oglio: “Continuo a cercare Padre Paolo, anche nelle carceri”

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Siria, la sorella di Dall’Oglio: “Continuo a cercare Padre Paolo, anche nelle carceri”

Gio, 12/12/2024 - 18:03

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(Adnkronos) - Nella Siria del dopo-Assad, una grande incognita, e nelle carceri teatro di orrori del regime assadista Francesca Dall'Oglio continua la sua ricerca di "verità per Padre Paolo", il gesuita romano rapito il 29 luglio del 2013 a Raqqa, nel Paese arabo. "Ho persone che conosco che sono sul posto", dice da Roma in un'intervista all'Adnkronos Francesca, che non si è mai rassegnata e ha sempre continuato a tener viva l'attenzione, a essere solidale con le famiglie di vittime e prigionieri politici, con i parenti del "numero enorme di persone scomparse". Racconta tra l'altro di "un'associazione di avvocati siriani" che le ha fatto avere "notizie negli ultimi due anni" e di "alcune informazioni", tutte da verificare, che le sono state passate "l'altro giorno" e che si aggiungono al suo difficile puzzle, fatto spesso di informazioni contraddittorie. E, ricostruisce, quelle "dell'altro giorno dicevano che Paolo era stato spostato da un carcere di Homs nel 2019". 

"So che a Damasco dove ci sono le prigioni note stanno guardando nelle carceri, ma ce ne sono anche altre nascoste, fuori dalla città - osserva, mentre dalla Siria continuano ad arrivare notizie di quello che viene 'scoperto' nei centri di detenzione e anche di fosse comuni -. So che i Caschi Bianchi continuano a operare, ma ci sono celle che sono interrate per tre piani, qualcuno dice di sette". "Sapevo degli orrori", rimarca, citando la mostra del 2016 'Nome in codice: Caesar - Detenuti siriani vittime di tortura', con le foto che denunciavano le torture nelle carceri siriane, e il processo di Coblenza. "Sapevo che il regime di Assad portasse avanti violazioni dei diritti umani così eclatanti e così forti. Si sapeva, ma la narrativa qui da noi - accusa - bypassava tutto questo". 

Se le si chiede di descrivere cosa abbia provato alla notizia della fine del regime di Assad, Francesca Dall'Oglio parla di "grande contentezza" perché "sperava in questo" per i siriani, ma anche con l'auspicio di arrivare prima o poi alla "verità su Paolo". Anche se in Siria si va verso "l'incognito", ammette, senza mai perdere la speranza. 

Ma oggi in Siria "continua a esserci sempre grande attenzione su Paolo, che conoscono in tanti, come una persona che va oltre il fatto di essere gesuita e sacerdote, che ha saputo capire quali fossero le esigenze dei siriani" all'epoca delle cosiddette Primavere arabe, delle proteste anti-Assad del 2011 soffocate da una sanguinosa repressione e sfociate in un lungo conflitto. 

"Ho saputo ieri che Facebook è letteralmente inondato di messaggi in cui chiedono notizie di Paolo - dice ancora -. Sia da parte musulmana che cristiana". Cristiani "non legati neanche al monastero di Mar Musa, che ha continuato a funzionare in questi anni", aggiunge ancora nel suo racconto la sorella di Abuna Paolo, cofondatore della Comunità Monastica di Deir Mar Musa, che "ha avuto il coraggio di testimoniare il bisogno che fossero tutelati i diritti umani, pronto a morire per questa tesi". 

"Io devo tener viva l'attenzione", ripete, ricordando le "notizie" di "luglio 2023 secondo cui Paolo era prigioniero alla periferia di Damasco, in un carcere vicino all'aeroporto". "Informazioni - riconosce lei stessa - tutte da verificare". Come quelle del 2021, quando - racconta - "una fonte" riferì che "dopo la caduta di Baghuz (a marzo 2019, ultimo bastione dell'Is in Siria) Paolo era stato preso da un gruppo jihadista, Hurras al-Din, poi confluito in Hayat Tahrir al-Sham (protagonista nei giorni scorsi dell'offensiva fulminante contro le forze Assad) e tenuto prigioniero tra Idlib e Aleppo". "Nella stessa zona - osserva - in cui è stato ucciso il leader dell'Is, Abu Bakr al-Baghdadi". 

Adesso, spiega ancora, dopo la fine dell'era Assad "è importante che si arrivi a parlare di un diritto di cittadinanza per tutti, musulmani, drusi, cristiani e che non si parli più di protezione che viene data in cambio di una sottomissione a quello che è il regime". "Speriamo", è sempre l'ultima parola di Francesca Dall'Oglio, con un messaggio che continua ad andare avanti. 

"Chiedo che si attivino tutte le risorse per poter fare luce sulla sorte di mio fratello Paolo, che ci sia un investimento di risorse in questo momento per cercare di capire dove possa essere finito mio fratello", l'appello attraverso l'Adnkronos della sorella di Padre Paolo Dall'Oglio. "Non ho nuove notizie dalle istituzioni - afferma -. Ma le istituzioni stanno lavorando a livello di impegno governativo e non solo".  

Francesca Dall'Oglio ricorda quando nel 2022 "è arrivata la notizia dell'archiviazione" dell'indagine relativa al caso avviata dalla Procura di Roma. "Hanno detto che non c'erano notizie certe, ma che era più probabile che fosse stato ucciso dopo il sequestro da due sauditi - ricostruisce - Tesi che alla luce di notizie uscite dopo ho ritenuto non vera, a fronte anche di altre cose molto specifiche che c'erano". E, riportando anche di notizie che le arrivarono dalla Siria, del "luglio 2023, secondo cui Paolo era prigioniero alla periferia di Damasco, in un carcere vicino all'aeroporto", conclude: "Mi sono fatta l'idea che su Paolo c'è un 'tappo' di carattere politico per lasciare questa verità incerta". 

 

(Adnkronos) – Nella Siria del dopo-Assad, una grande incognita, e nelle carceri teatro di orrori del regime assadista Francesca Dall’Oglio continua la sua ricerca di “verità per Padre Paolo”, il gesuita romano rapito il 29 luglio del 2013 a Raqqa, nel Paese arabo. “Ho persone che conosco che sono sul posto”, dice da Roma in un’intervista all’Adnkronos Francesca, che non si è mai rassegnata e ha sempre continuato a tener viva l’attenzione, a essere solidale con le famiglie di vittime e prigionieri politici, con i parenti del “numero enorme di persone scomparse”. Racconta tra l’altro di “un’associazione di avvocati siriani” che le ha fatto avere “notizie negli ultimi due anni” e di “alcune informazioni”, tutte da verificare, che le sono state passate “l’altro giorno” e che si aggiungono al suo difficile puzzle, fatto spesso di informazioni contraddittorie. E, ricostruisce, quelle “dell’altro giorno dicevano che Paolo era stato spostato da un carcere di Homs nel 2019”. 

“So che a Damasco dove ci sono le prigioni note stanno guardando nelle carceri, ma ce ne sono anche altre nascoste, fuori dalla città – osserva, mentre dalla Siria continuano ad arrivare notizie di quello che viene ‘scoperto’ nei centri di detenzione e anche di fosse comuni -. So che i Caschi Bianchi continuano a operare, ma ci sono celle che sono interrate per tre piani, qualcuno dice di sette”. “Sapevo degli orrori”, rimarca, citando la mostra del 2016 ‘Nome in codice: Caesar – Detenuti siriani vittime di tortura’, con le foto che denunciavano le torture nelle carceri siriane, e il processo di Coblenza. “Sapevo che il regime di Assad portasse avanti violazioni dei diritti umani così eclatanti e così forti. Si sapeva, ma la narrativa qui da noi – accusa – bypassava tutto questo”. 

Se le si chiede di descrivere cosa abbia provato alla notizia della fine del regime di Assad, Francesca Dall’Oglio parla di “grande contentezza” perché “sperava in questo” per i siriani, ma anche con l’auspicio di arrivare prima o poi alla “verità su Paolo”. Anche se in Siria si va verso “l’incognito”, ammette, senza mai perdere la speranza. 

Ma oggi in Siria “continua a esserci sempre grande attenzione su Paolo, che conoscono in tanti, come una persona che va oltre il fatto di essere gesuita e sacerdote, che ha saputo capire quali fossero le esigenze dei siriani” all’epoca delle cosiddette Primavere arabe, delle proteste anti-Assad del 2011 soffocate da una sanguinosa repressione e sfociate in un lungo conflitto. 

“Ho saputo ieri che Facebook è letteralmente inondato di messaggi in cui chiedono notizie di Paolo – dice ancora -. Sia da parte musulmana che cristiana”. Cristiani “non legati neanche al monastero di Mar Musa, che ha continuato a funzionare in questi anni”, aggiunge ancora nel suo racconto la sorella di Abuna Paolo, cofondatore della Comunità Monastica di Deir Mar Musa, che “ha avuto il coraggio di testimoniare il bisogno che fossero tutelati i diritti umani, pronto a morire per questa tesi”. 

“Io devo tener viva l’attenzione”, ripete, ricordando le “notizie” di “luglio 2023 secondo cui Paolo era prigioniero alla periferia di Damasco, in un carcere vicino all’aeroporto”. “Informazioni – riconosce lei stessa – tutte da verificare”. Come quelle del 2021, quando – racconta – “una fonte” riferì che “dopo la caduta di Baghuz (a marzo 2019, ultimo bastione dell’Is in Siria) Paolo era stato preso da un gruppo jihadista, Hurras al-Din, poi confluito in Hayat Tahrir al-Sham (protagonista nei giorni scorsi dell’offensiva fulminante contro le forze Assad) e tenuto prigioniero tra Idlib e Aleppo”. “Nella stessa zona – osserva – in cui è stato ucciso il leader dell’Is, Abu Bakr al-Baghdadi”. 

Adesso, spiega ancora, dopo la fine dell’era Assad “è importante che si arrivi a parlare di un diritto di cittadinanza per tutti, musulmani, drusi, cristiani e che non si parli più di protezione che viene data in cambio di una sottomissione a quello che è il regime”. “Speriamo”, è sempre l’ultima parola di Francesca Dall’Oglio, con un messaggio che continua ad andare avanti. 

“Chiedo che si attivino tutte le risorse per poter fare luce sulla sorte di mio fratello Paolo, che ci sia un investimento di risorse in questo momento per cercare di capire dove possa essere finito mio fratello”, l’appello attraverso l’Adnkronos della sorella di Padre Paolo Dall’Oglio. “Non ho nuove notizie dalle istituzioni – afferma -. Ma le istituzioni stanno lavorando a livello di impegno governativo e non solo”.  

Francesca Dall’Oglio ricorda quando nel 2022 “è arrivata la notizia dell’archiviazione” dell’indagine relativa al caso avviata dalla Procura di Roma. “Hanno detto che non c’erano notizie certe, ma che era più probabile che fosse stato ucciso dopo il sequestro da due sauditi – ricostruisce – Tesi che alla luce di notizie uscite dopo ho ritenuto non vera, a fronte anche di altre cose molto specifiche che c’erano”. E, riportando anche di notizie che le arrivarono dalla Siria, del “luglio 2023, secondo cui Paolo era prigioniero alla periferia di Damasco, in un carcere vicino all’aeroporto”, conclude: “Mi sono fatta l’idea che su Paolo c’è un ‘tappo’ di carattere politico per lasciare questa verità incerta”. 

 

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