Ancora un settore in crisi che mostra flessioni produttive in decremento confermando l’andamento degli anni precedenti: il settore cave. Ad intervenire sull’argomento è l’Assessore provinciale Carlo Antonini che analizza con chiarezza la situazione impegnandosi a fare da portavoce presso la Regione Umbria delle problematiche e necessità del settore cave, magari attraverso l’istituzione di un tavolo di analisi che porti a modifiche normative. “Le Province umbre, dal 2008 – spiega in un comunicato Antonini – sono competenti alla riscossione e ridistribuzione delle somme derivanti dal pagamento del contributo ambientale che ogni esercente di cava è tenuto a versare. Il contributo ambientale viene determinato sulla base della qualità e della quantità di materiale inerte estratto annualmente dal singolo esercente. Tale ruolo rende le Province degli osservatori privilegiati delle dinamiche produttive del settore estrattivo e rende possibile la pubblicazione annuale dei dati statistici minerari di produzione. Nella primavera del 2011 sono stati pubblicati dalla Provincia di Perugia, e tuttora disponibili nel sito provinciale, i dati della produzione dell’anno 2010 che pongono in evidenza una contrazione produttiva del 28% rispetto all’annualità 2007, annualità durante la quale non si era ancora conclamata la crisi generale oggi ben nota. Non sono stati ancora analizzati i dati ufficiali dell’anno 2011 ma è prevedibile un’ulteriore diminuzione produttiva, fino anche al 35%, che palesa uno stato di estrema sofferenza economica del comparto estrattivo che progressivamente tende a peggiorare. La riscossione del contributo ambientale effettuata dalle Province umbre, nel territorio di propria competenza, ha permesso di osservare, non tanto l’incogruità del valore unitario del contributo ambientale (€/mc), che peraltro per talune tipologie di materiale potrebbe anche essere incrementato, quanto che le modalità di pagamento potrebbero essere rese più semplici, razionali e giuste. Queste le osservazioni rilevate: 1) Il pagamento delle prime due rate del contributo, per un ammontare del 70%, calcolate sulla produzione presunta prendendo a riferimento l’anno precedente, determina, in taluni casi, il versamento di somme che al momento del saldo, essendo in eccesso, rimangono immobilizzate nelle casse provinciali. Vero è che tali somme vengono progressivamente conguagliate negli anni successivi, ma l’immobilizzazione di tali somme in un momento di congiuntura economica determinata da assenza di liquidità, dovrebbe essere eliminata con un intervento di modifica alle modalità di pagamento. La soluzione potrebbe essere la riduzione percentuale (10%+10%) delle due prime rate calcolate sul presunto dell’anno precedente con l’80% calcolato sul conguaglio determinato su somme effettive di estrazione dell’anno in corso. In alternativa si potrebbero far versare le rate l’anno successivo, su valori effettivi di estrazione e non presunti. 2) Le percentuali di maggiorazione del contributo ambientale, in caso di versamento ritardato del medesimo appaiono ancora oggi troppo elevate raggiungendo tassi di incremento del 25%. 3) La sospensione delle autorizzazioni di cava, nel caso di ritardi di oltre 240 giorni nel pagamento delle rate, appare, con il generalizzato problema di assenza di liquidità nelle ditte, una misura da un lato sicuramente comprensibile ma dall’altro congela il core business delle aziende estrattive, azzerando di fatto le possibilità di rientro nei pagamenti del contributo ambientale ed avviandole ad un fallimento pressoché certo”.